Bruno Lauzi merita il capo cinto d’alloro

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20/06/2020, ore 10:34

Bruno Lauzi (Asmara 1937 – Milano 2006) è una felice necessaria armonia nel panorama poetico contemporaneo. Oltre Edizioni pubblica “Ricomporre armonie. Poesie 1992 – 2006”, un volume che per la prima volta accoglie tutte le poesie di Bruno Lauzi.
Lauzi si è fatto conoscere dal grande pubblico come cantautore, e insieme a Gino Paoli, Fabrizio De André, Luigi Tenco, Umberto Bindi, ha dato il La a un cantautorato diverso e moderno, quasi versato nella poesia. Bruno Lauzi, ne Il caso del pompelmo levigato (2005, Bompiani) e nella sua autobiografia Tanto domani mi sveglio (2006, Gammarò Edizioni) spiega che la madre, Laura Nahum, era di origine ebraica, una donna che si convertì al cattolicesimo sposando un cattolico, occultando in seguito le proprie origini per sfuggire alle leggi razziali fasciste, e di conseguenza, secondo la legge ebraica, lo era, non culturalmente ma etnicamente, anche lui. In Tanto domani mi sveglio, Lauzi ci tiene non poco a sottolineare che non è corretto parlare di una scuola genovese dei cantautori: “La cosiddetta ‘scuola genovese’ dei cantautori non esiste né è mai esistita. Una scuola prevede maestri e allievi, e nessuno di noi fece da maestro né fu allievo. Anzi, raramente si trovò un tale gruppo di vicini di casa più diversi tra loro: anche se tutti inconsciamente tesi, all’insaputa l’uno dell’altro, a dare una spallata alle belle certezze degli autori delle canzoni allora di moda, confondendo le idee che già erano poche e confuse, ai discografici.”
Bruno Lauzi cantautore fu elogiato da personaggi quali Ivano Fossati, Gabriel García Márquez e non solo.

Lauzi, grande appassionato di poesia e letteratura, oltre ai classici latini, ha letto, studiato e apprezzato una miriade di poeti, riuscendo anche ad amare due figure agli antipodi come Federico García Lorca ed Ezra Pound; affamato di bellezza, di musicalità, ha poi scoperto la bellezza poetica e musicale dei cantautori francesi, e come Fabrizio De André, anche lui si innamora di Georges Brassens e Jacques Brel.
Quand’era ancora in vita, Bruno Lauzi pubblicò quattro libri di poesia: “I mari interni” (Edizioni Crocetti, 1994), “Riapprodi” (Edizioni Rangoni, 1994), “Versi facili” (Edizioni marittime, 1999 – raccolta delle due precedenti opere), “Esercizi di sguardo” (Edizioni marittime, 2002); “Agli immobili cieli” (2010, Edizioni Associazione “Il dorso della balena”) fu pubblicato postumo nel 2010.
“Ricomporre armonie. Poesie 1992– 2006” (Oltre Edizioni, 2020) include “I mari interni” (1992 – 1994), Riapprodi (1994 – 1996), “Esercizi di sguardo” (2002), “Agli immobili cieli” (2002 – 2006), “I solitari”. In appendice abbiamo il piacere di riscoprire “Poesie contromano” (Milano, Edizioni marittime, 2003), ovvero i manoscritti della raccolta “Riapprodi”. Il volume è curato da Francesco De Nicola (1946), professore di Letteratura italiana dal 1994 al 2020 all’Università di Genova; dal 1974 svolge intensa attività di giornalista pubblicista e dal 2001 è Presidente del Comitato di Genova “Dante Alighieri”.
Nell’introduzione a “Ricomporre armonie”, Francesco De Nicola, giustamente, puntualizza: “Se dunque la poesia per Lauzi prescindeva dalla sua più nota attività musicale, era tuttavia inevitabile che ne risentisse la comune consuetudine alla ricerca della già ricordata armonia con il frequente ricorso alle rime, alle assonanze e alle consonanze e con un palese ordito musicale di fondo; e se, come involontaria eco della giovanile consuetudine a tradurre in endecasillabi i testi latini, rintracciamo soprattutto nei versi delle prime raccolte residui delle letture dai classici […]”. Bruno Lauzi ricompone armonie spezzate, ma la sua poesia è ben diversa dai suoi testi cantautorali. Che un cantautore potesse scrivere poesia non era un fatto che ieri potesse piacere ai critici letterari, e difatti l’attenzione che venne dedicata all’opera di Lauzi fu quasi del tutto assente. Forse per ignoranza, forse per poca memoria, non fu preso in considerazione che Lauzi ricevette, sin dalla più giovane età, una educazione improntata alla poesia; seppur dotato di notevole talento, Lauzi decise di pubblicare le sue liriche piuttosto tardi, quando la sua fama di cantautore era ormai ben consolidata e impossibile da scalfire.

Bruno Lauzi è un poeta raffinato, quasi sempre ironico, a tratti malinconico: descrivere i paesaggi e i passaggi che lo hanno visto giovane e poi uomo è ricostruire la geografia, è farla diventare metafora, specchio del suo sentire più profondo. Il poeta Lauzi è ben consapevole che la memoria si lega ai luoghi vissuti e amati, i quali diventano una vera e propria mappa interiore, una geografia dell’anima:

“Asperrima l’erta/ tra il finocchio di mare/ e il ligustro./ Presto lascia lo spazio/ a cielo aperto/ dopo un’ultima sosta/ in pieno sole/ e a una svolta s’inoltra/ nella continuità dell’ombra/ tra i muri d’una villa./ Di grado in grado/ balza/ tra schegge di lavagna,/ glicini e parietaria./ La mia Liguria è in aria/ serena e profumata,/ sposa segreta,/ umana.” (da “I mari interni”, pag. 49 – Ricomporre armonie, Bruno Lauzi, Oltre Edizioni, 2020)

Nonostante sia stato per lungo tempo lontano dalla sua terra, Lauzi non può fare a meno di raccontarla, nel tentativo, sicuramente molto riuscito di riappropriarsi delle sue proprie radici:

“Nave corsara in pietra di Liguria/ il promontorio/ sta prendendo il mare/ con questa villa,/ il suo giardino intiero/ e gli invitati nell’abito elegante/ bagnato dalla luna. […]” (da “Riapprodi”, pag. 79 – Ricomporre armonie, Bruno Lauzi, Oltre Edizioni, 2020)

Nella prefazione al prezioso volume delle poesie di Lauzi, Francesco De Nicola, giustamente, sottolinea: “Genova poi appare sempre più metafora di un luogo dell’anima segnato dal piacere di esserci vissuto negli anni decisivi dell’adolescenza […] e di formazione, simbolo indelebile della giovinezza e del mondo dei giovani nonostante la sua naturale indole al “mugugno” […]”.

“Agli immobili cieli”, silloge pubblicata dopo la dipartita di Lauzi, la poesia si fa più marcatamente amara:

“[…] Con i nervi spossati/ e i sentimenti nel posto più negletto affastellati/ bofonchia e siede/ sul bordo del suo letto,/ sconsolato:/ anche quest’oggi il cielo ha rifiutato/ di entrare nella stanza/ per posarsi/ sopra il suo dipinto […]”. (da “Agli immobili cieli”, pag. 147 – Ricomporre armonie, Bruno Lauzi, Oltre Edizioni, 2020)

I versi sono ancora pervasi di ironia, ma nel poeta è più che mai viva la consapevolezza che è difficile, forse impossibile, per gli uomini abitare in un cielo di Dei. Nel corso di una intervista rilasciata durante l’estate del 2001 al Quotidiano Meeting, Lauzi disse di essere “un ateo ebbro di Dio” e aggiunse: “Mia madre è ebrea, mio padre cattolico. Non frequento chiese da 50 anni, ma sono affascinato dal mistero della vita. Il problema è che se si usa uno sguardo semplice, è chiaro che tutto è un miracolo, anche la morte; fin quando non ci si abbandona nelle mani di questo Mistero, non si conoscerà mai la pace”.

Più di altri cantautori che in passato o in tempi più o meno recenti si sono messi alla prova con la poesia, Bruno Lauzi merita che il suo capo sia cinto d’alloro, e il perché è semplice, è nella sua indiscutibile vocazione poetica, è nei suoi versi sì pieni di armonie.
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