Sulle “Sibille” di Danila Boggiano

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29/09/2020, ore 06:17

Raramente leggo poesia così assoluta, personalissima e profonda, limpida, non facile. Quello che l'autrice comprende della vita, dei desideri, dei sogni, delle sofferenze di tutte le donne, di ogni donna che con il suo esistere si consacra ad un messaggio mai del tutto decifrato - diventando lei stessa indecifrabile ai più - questo lei rappresenta, ma al di là delle forme, delle immagini, delle parole.
Leggerla mi rammenta le straziate parole di Simone Weil: “ogni essere grida per essere letto altrimenti”.
Ogni donna è sempre al di là, come in un inesorabile, ineludibile trascendimento, che forse essa stessa ignora, ma che a Danila è stato svelato come un dono, dono che in ogni donna lei ha sofferto e amato.

“non vedevi le lune che portavo appese ai capelli...” Nora in Ibsen

“cadde con me nella roggia lo scrigno dei miei segreti...” Rebecca in Ibsen

“io farfalla e vento...” Psiche

“...per non avere le ali...per non avere la voce...” Albertine in Proust

“di fiori avrei coperto le mie ferite...” Frida Kahlo

Ogni immagine, che condensa, e insieme allude e rimanda altrove, che condensa – ripeto - la tragica dolente esistenza di ognuna di queste ALTER EGO, risplende assolutamente nuova, abbaglia, svela, e mentre stringe in una morsa di doloroso rimpianto, induce pensieri e meditazione. Ancora avanzano le Sibille, “sillabe in cerca del suono”, voci che pochi odono, dense ancora e sempre di vita, che alla donna e alle donne tessono ancora e sempre la loro elegia e si chinano di fronte al suo tenero donarsi. E altre parole non trovo che possano dire il fuoco che queste pagine mi hanno acceso dentro.

Elvira Landò

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