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Ma che l’azera Sabina Nurakhmedova in questo romanzo appassionato racconta con grande senso di equilibrio, denunciando nell’assurdità di una guerra, quella tra l’Azerbaigian e l’Armenia, l’assurdità di tutte le guerre per le conseguenze che provocano nei destini di tanta gente, come lei, costretti a lasciare il proprio Paese, la propria casa, la propria famiglia finendo inevitabilmente per far sentire gli esuli “cittadini in terra straniera e stranieri in patria”.
RECENSIONI
La tempistica con cui ho iniziato la lettura di questo libro è stata sconcertante. Pochi giorni prima dello scoppio del conflitto in Ucraina ho iniziato a leggere “Storia di Azadeh”, una storia incentrata sulla guerra tra Armenia e Azerbaigian, sviluppatasi nel periodo del crollo dell’Unione Sovietica.
Due popolazioni sorelle, geograficamente attaccate, che condividono usanze e costumi, si ritrovano a spararsi contro identificando l’altro come “nemico”. In questo contesto, ci viene presentata la famiglia di Azadeh. Sua nonna, sua mamma, i suoi zii. Azadeh cresce tra il tono burbero della madre, che a sua volta lo ha ereditato dalla nonna, e la mancanza della figura paterna. Entrambe le cose la temprano, rendendola forte e intraprendente, sfacciata verso la vita. Ha la passione per gli scacchi e la poca attitudine alle regole, che siano religiose o domestiche; ha la sua “banda”, in cui lei è l’unica ragazzina, e nessun modello da seguire.
In un giorno come tanti, farà una scoperta che cambierà totalmente il corso della sua vita e le restituirà la possibilità di modificarla totalmente. Ma da scacchista qual è, deve prevedere le mosse che la vita farà e anticiparla, portarsi un passo avanti e vivere di pancia proprio come ha sempre fatto, accettandone stoicamente le conseguenze. Il libro si apre con una profonda riflessione sullo stato di “profugo”, che viene descritto come “cittadino in terra straniera e straniero in patria”.
Nel corso della storia ne sarà un esempio Sasha, zio di Azadeh, che a causa delle sue radici armene sarà costretto a lasciare la famiglia e spostarsi in Kazakhstan.
La guerra nel libro è raccontata, ma non è il tema centrale, come si potrebbe credere dal titolo. Descrittivo, dettagliato e (quasi sempre) interessante, sarà un fedele resoconto della vita nella città azera di Baku, perla di un paese martoriato da un conflitto senza fine.
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