Nota di lettura a *Carne e sangue*

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16/02/2023, ore 06:37

Carne e Sangue è l’ultima raccolta di poesie di Nicola Manicardi, pubblicata per OLTREEdizioni nel 2021. La silloge si divide in sei sezioni, Modena è la città protagonista e sfondo dei ricordi e delle riflessioni di Manicardi. L’autore si sofferma sugli abitanti della sua cittadina, su Martina «il dipinto più bello» e sugli elementi della natura (gli aironi, i corsi d’acqua, i fiori e i merli). L’io poetico si espande, andando incontro a vari personaggi, molti versi sono rivolti al cane Sancho, amico e confidente, compagno di viaggio con cui attraversa le vie della città. Lo sguardo di Manicardi non ha alcuna intenzione di nascondere il sentimento di nostalgia che ripercorre tutta l’opera come in questa poesia:

 

 

«Ora che sono qui affacciato a sud est

 

senza nessuna insegna Modena

 

proverò a incontrare il poeta Ritsos.

 

Lo vedo è qui di fronte sull’altra sponda dell’Adriatico.

 

Vorrei capire da che verso si legge il mare

 

o se esiste un verso che faccia rima con tornare.

 

Nella sua poesia Vecchie mi sono imbattuto ieri sera

 

lo stesso fazzoletto nero sulla testa

 

e la sedia fuori ad aspettare i figli

 

che non torneranno.»

 

 

Gli episodi raccontati si alternano tra un’accezione sensuale e drammatica dei vicoli del centro modenese e dei campi. Ricorrente è l’idea della noia: «Un chilometro e duecento metri di noia / è la lunghezza della strada / dove finisce il centro abitato..», «Quando esco con Sancho / gli descrivo il nulla / perché il tutto ha una linea retta / e il dubbio è l’unica grande voce / che ci assiste». Non vengono risparmiati pensieri sui poeti e sulla poesia, sono presenti Brodskij, Ritsos, Celan; si scrive «per tacere gli assilli [..] / e per dare un nome alle sconfitte». Nicola Vacca nella prefazione all’opera dice che «come la poesia di Paul Celan, quella di Nicola Manicardi ha tempo e non ha tempo» e «che i poeti sono gli ultimi custodi delle solitudini». Carne e Sangue è un «cancello aperto», un viaggio intenso e vero come lo sono gli uomini che vivono nelle «distanze brevi» e che sognano un luogo che li possa amare con «l’occhio / che vada bene a entrambi: / uno per la vista / l’altro per il cuore».

 

 
 
 
 

 

Sancho,

 

non possiamo stare ancora fermi

 

ad aspettare di immaginarci

 

ciò che potrebbe accadere.

 

In questa ultima via

 

prima che iniziano i campi

 

non c’è senso che dica il vero

 

si cammina in un monotono come corde sole.

 

Tu sbatti e io mi slogo

 

di errori e ci ricasco.

 

Eppure la via è tutta diritta

 

come la metafora più semplice

 

lo sarebbe alla vita.

 

È questo che ti sto ricordando

 

non immaginiamo

 

più del nostro pane quotidiano

 

perché qui nulla potrebbe accadere

 

se non trovare per sbaglio:

 

un cucciolo di merla

 

una striscia di sangue

 

che non sia lotta tra gatti

 

o la grandinata di luglio in pieno sole.

 

 

*

 

 

Sono uscito dal capillare di miserie

 

davanti a Porta Bologna

 

inghiottito da una grande bocca.

 

Tutta l’incuranza era concentrata lì.

 

Rimbalzato tra gengive di marmo

 

e piccoli boli parlanti.

 

Ero tra il terzo molare inferiore e la lingua

 

lunga che taglia il centro.

 

Non c’è ponte che sorregge le due arcate

 

solo una facciata ripulita dallo smog e

 

un misto di etnie che prega a modo suo.

 

Nel locale (così si chiama)

 

una giovane canta country emiliano

 

dice che da domani sarà a Sarzana per sempre.

 

Questo “per sempre” mi ha bloccato.

 

Il dunque aveva sfidato la sorte

 

e la miseria era cristallizzata

 

nella cripta del passato.

 

Forse per lei.

 

Io continuai a camminare nel buio afono

 

tra la trachea e via Carteria.

 

La via degli Artisti, così la chiamano.

 

Lei non si volta, io proseguo tra

 

gli apparecchi fissi di serrande chiuse

 

e una vita persa da chissà.

 

La bocca è enorme e io mi sento:

 

un minatore che cerca di rompere la carie

 

o forse sono io diventato accumulo

 

marcio fermo al divieto d’accesso.

 

 

*

 

 

Il tuo letto è comodo, Martina.

 

I peluche li ho lasciati sulla mensola in fila

 

Scusa se non ricordo i nomi

 

ma ora ne ho troppi e pochi volti.

 

Mi ricordi perché nel tuo disegno

 

la mia testa sembrava un contenitore?

 

Avevi già previsto chi dovevo diventare.

 

È strano come dai cerchi che facevo in aria

 

poi sia diventato un cubo.

 

Cosa sono gli angoli per te?

 

Sei ancora alla mezzaluna?

 

Io sono un cartone sotto l’intemperia

 

e tu, il dipinto più bello.

 

 

*

 

 

Sancho sei felice o fingitore

 

 

Di vedere non puoi

 

ma fingi di sapere l’ora.

 

Tu mi porti e mi riaccompagni

 

scodinzoli e giochi

 

facendomi credere che...

 

Non so se sei felice o fingitor

 

non puoi essere pastore dei resti di Corrado

 

lui veglia l’immobile.

 

 

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Nicola Manicardi è nato a Modena dove risiede e lavora in ambito sanitario. Appassionato di letteratura, in particolare modo di poesia, ha pubblicato nel 2015, per la casa editrice Rupe Mutevole di Parma diretta da Enrico Nascimbeni, il suo primo volume intitolato “Periplo”. Successivamente alcuni suoi testi sono stati inseriti in una antologia dedicata al mito di Marilyn Monroe intitolata “Umana troppo umana”, curata da Alessandro Fo e Fabrizio Cavallaro ed edita da Aragno nel 2016. Nel 2018 ha pubblicato il suo secondo volume di poesia intitolato “Non so”, per la casa editrice “I Quaderni del Bardo” di Stefano Donno collana Zeta diretta da Nicola Vacca. Alcune sue poesie sono state tradotte in greco, spagnolo, rumeno, russo e francese e inserite in alcune riviste nazionali e internazionali. Nel giugno 2020 esce una nuova raccolta di poesie dal titolo “Umiltà degli Scarti” Collana Agorà diretta da Nicola Vacca per l’Argolibro editore.


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