*Sibille* di Danila Boggiano |
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27/02/2023, ore 11:23
| “Voi già conoscete gli altri scritti di Danila. Ne avete apprezzato la forza evocativa, che trae dalla parola più limpida orizzonti di senso complessi e profondi. La quotidianità della vita famigliare vi si illumina di rimandi che evocano momenti e valori, emozioni ed esperienze di respiro universale. La natura stessa viene rappresentata con la sorpresa della scoperta e l’efficacia del dipinto. Su ogni sua pagina è impresso il sigillo che riconosce all’emozione il dono della conoscenza, e al dolore il sapore della verità della vita. Questo è il valore della parola di Danila, parola poetica, da intendersi quale rivelazione, di sé e della vita e del mistero che a tutto sottende. Ma nella raccolta che oggi vogliamo conoscere, il mistero si fa dolente, fatale e radicato nel più profondo modo di offrire la propria vita, quale dalla donna è compiuto. Modo che ai più è difficile da scorgere e da comprendere. Anzi, vorrei aggiungere, di fatto, è indicibile. Ma Danila lo ha detto. Al punto di rappresentare anche l’invisibile: quel che alcuni sanno, o temono, o intuiscono, ma che pure è lontano dal consueto parlare, dal solito raccontare. Danila ha saputo rendere accessibile quel che ha compreso dei desideri, dei sogni, delle sofferenze, del dono di sé proprio di ogni donna, che si è consacrata nell’amare. Almeno in parte, lo ha compreso, perché lo vive, e pure l’ignora. Ogni donna è sempre al di là, in un inesorabile, ineludibile trascendimento, che forse essa stessa non sa, ma che a Danila è stato svelato come un dono, dono che in loro ha sofferto. La sua parola suggerisce, sussura, apre orizzonti e spazi vibranti e vivi,…È condivisione che la sofferenza apre, e la poesia conserva e illumina. Leggere Sibille mi ha rammentato le straziate parole di Simone Wil: “Ogni essere grida per essere letto altrimenti”. Avanzano le Sibille, sillabe in cerca del suono…Sono voci che pochi odono, dense ancora e sempre di vita, quelle che le Sibille-donne cercano di pronunciare…Voci che Danila ha compreso e che ora propone, affidandole alla perenne e pur fragile loro esistenza…Son voci che alla donna tessono ancora e per sempre una disperata straziante dolcissima elegia, mentre si chinano di fronte al suo tenero e straziato donarsi. Alle Sibille del mito, dalla parola profetica, Danila ha chiesto di incarnarsi nelle figure che ad esse si accostano per il messaggio di amore e di dolore che hanno donato, figure della storia, della vita, della letteratura, della poesia. Ogni composizione è un mondo concluso nella sua perfezione, e tuttavia sfumato e aperto a rielaborazioni senza confini. E voce che raggruma l’essenziale di una esistenza raccogliendolo in immagini che si dispiegano come note musicali, versandosi l’una nell’altra, in una successione che non è solo l’onda delle emozioni, dei ricordi estatici, dei fulgori del turbamento, delle piccole morti quotidiane, ma è racconto dell’anima fuori di ogni tempo. È forse il culmine dell’esistenza, quando la persona viene tradita e respinta nella sua vocazione alla vita e all’amore. Da una non saziabile esigenza di conoscenza, di corrispondenza, nascono queste composizioni, la cui sostenza si sfaccetta nei tratti che di ogni Sibilla rappresentano l’identità, perfettamente individuata e insieme universale. Parole dal sapore nuovo rivelano la bruciante verità di figure femminili che hanno attraversato e nutrito la nostra cultura e la nostra anima, quella di Danila soprattutto…E lei ha trasfigurato la sua parola portandola al vertice di un’espressività per cui ogni lemma è carico di vibrazioni semantiche,tali da esigere un ascolto tutto interiore. Su ogni immagine, che non può venir scissa da quella che segue, getta una luce singolare il fascio di stilemi che si dispiega e si discioglie in canto, e tutto è svelato di una vita, di un soffrire, in quel punto. Le note si compongono in armonia, è musica che si diffonde nella nostra più intima interiorità e ne discende il senso di una vita e di un destino. Canto straziato e straziante, e pure dolcissimo, il canto di Danila solleva con straordinaria levità verso spazi luminosi, inattesi e prima inesplorati, e svela il suo sentire di donna, lei così unica, mentre l’universalità del suo sentire ce la rende sorella. Nella sua eccezionalità, ci apre alla condivisione nella memoria e nell’amore, nel misterioso e tenace legame che ad ogni donna consente di esser partecipe del destino di un’altra. Il che non è dato ad alcun uomo, se non al poeta. Sotto le immagini puissime, terse come mai fu l’acqua, immagini che ognuna delle diverse voci diffonde per dire di sé, per non tradire, urge una domanda: Ma è Amore quel dio che esige che la donna sia se stessa, e inesorabilmente la destina al più inesorabile scacco esistenziale? ...non ascolta il re/ cuore nero di pietra…(Taci, dolce Sibilla…pag, 53.) L’amore di Didone è Oltre, come lo è il dono di Sé della Nora di Ibsen o il rifiuto subito da Regine Olsen, come l’attesa di Penelope, e ancora il lacerante amore di Sibilla Aleramo per Dino Campana… Danila Boggiano ha sofferto, accolto, espresso quel momento – frammento che si pone fra la vita e l’abbandono della vita – in qualsisi modo sia abbandonata – che sempre è atto vivente e vitale. Momento, che forse durò un attimo e forse ore e giorni, a fondere e confondere Clarissa e Virginia Woolf, o Euridice e l’inverno in cui Orfeo l’aveva fatta precipitare in assenza di albe e tramonti, o ancora Regina e Kierkegaard nell’attimo dell’ultimo saluto…oppure Odette e l’abisso dell’immagine che la negava, o ancora Sibilla Aleramo e il brivido cupo dell’erba… C’è una leggerezza, che non nasce dall’angoscia dell’esistenza – ma quale esistenza? – né dalla souffrence di cui parla Simone Weil, e non è inconsapevolezza, ma è sapienza del distacco, della perdita, di ogni perdita, capacità nel soffrire di restare libera, lieve farfalla, anima senza peso, soffio senza colore di vento, animula vagula, sorvolante il nostro mondo, mentre il mondo stritola, ma non spegne…E su questo levarsi in alto, ma senza tradire, senza nulla dimenticare, su questo sapersi staccare, e osservare da lungi, e meglio vedere, Danila Boggiano scrive, per oguna delle Sibille, un volo d’anima, che è anche la sua. Per leggere Sibille dobbiamo ritirarci in uno spazio segreto, sacro, che ci accolga in un viaggio capace di far nascere nell’anima un germoglio, fragile ma vitale, un sorso di esistenza più sapida, più consapevole. Questo è un libro che dà sofferenza, che pone in chi lo legge nella necessità di far suo quel dramma, di appropriarsi di quel destino di vita, di morte o di solitudine, per non lasciar sola nessuna di queste parlanti…Ma è libro che colma l’anima, e la solleva. Alla personalissima realtà di ogni Sibilla come essere umano, fa da poetico e drammatico riscontro il Silenzio. L’eco di ogni invocazione, richiesta, domanda, memoria…si sfioca in un nulla desolato, illuminato solo da sentieri bianchi di luna, da valli sfumate nella nebbia.., Questa mancata risposta, l’abissale lontananza di chi, uomo, non sa, non conosce, non comprende, infine non ama, non sa amare, è un tremendo silenzio, che ci introduce nel numinoso. Ecco, una sillaba puoi trovare in cerca del suono, come stanze sbarrate in attesa di un volo…queste sono le sacre Sibille, icone di una vicenda dolorosa e perenne. Fuori del tempo, perché di ogni tempo. Ecco perché Siblla è femmina, è mulier. Non è domina. Neppure Diotima, unica fra le donne. Ed è inutile parlare al re, cuore di pietra. È l’uomo, il vir, colui al quale si riconobbe la virtus, e la cui superiorità, sordità alla vita, viene ancora celebrata. Ogni volta evocato con rimpianto, o tenerezza, o nostalgia, oppure stupore e rassegnazione, o anche risentimento, è l’interlocutore, che si pone non quale individuo, ma come generica persona, maschera, sì, decisamente, perché in lui non sembra potersi ritrovare, riconoscere, un TU. Sono vicende diverse, ma in ciascuna si annuncia lo strappo del velo, e ogni donna lo scorge. Ecco il silenzio della definitiva solitudine, lì, nel tempo, e già fuori del tempo…Non esiste più il tempo, quando l’amore viene rifiutato, spezzato, misconosciuto, ignorato… Consapevolezza tanto più dolente quanto più radicata nell’assoluto. Sarebbe sufficiente questo testo di altissima espressionistica forza a dare conto dell’intensità e unicità poetica di Danila Boggiano.
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