Lina Morselli ci parla di 'Confini incerti' di Agi Berta |
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23/12/2019, ore 12:48
| Cari lettori, oggi la nostra Lina Morselli ci parla di "Confini incerti" di Agi Berta, edito da Oltre Edizioni. Gli appassionati di storia saranno entusiasti di questo libro, ma lo stesso avverrà per chi, invece, confonde ancora date e nomi, e fatica a raccapezzarsi nelle vicende europee degli ultimi 200 anni. Merito della magia del passato, certo, ma senza la bravura e l’entusiasmo dell’autrice tutta la vicenda somiglierebbe ad un’appendice nel manuale di storia. Invece, qui, vicende storiche grandi e piccole si intrecciano in una passione travolgente.
IL CONTESTO STORICO E GEOGRAFICO La nonna della narratrice muore nel 1996 e il riordino fra le sue cose trasforma l’inevitabile pena per una perdita in una irresistibile cavalcata nella storia di famiglia, a partire dal 1849, quando Dusan, il capostipite degli Hadrovics, croato da più di sette generazioni, decide di cambiare il suo cognome in Harmat, scegliendo così l’appartenenza all’etnia ungherese e segnando il destino dei suoi discendenti. Perché ci troviamo sì in Croazia, ma in quel territorio ondivago fra una cultura slava e una forte presenza magiara, proprio negli anni in cui gli ungheresi faranno fuoco e fiamme per conquistare rispetto e autonomia all’interno dell’Impero Asburgico, fino a imporre la denominazione di Impero Austro-Ungarico.
I CONTENUTI Da questo momento la storia è tutta un susseguirsi di intrecci fra le vicende famigliari e i grandi eventi sullo scacchiere europeo, tanto da rendere arduo tracciare una vera trama, tanti sono i reciproci condizionamenti. Vero è che i confini incerti del titolo cambiano i loro tracciati spostandosi ora verso la Romania, ora verso la Slovacchia, ora rivolgendo la loro attenzione a quella che sarà la Jugoslavia, ora cercando di mantenere una matrice più austriaca, ora gravitando intorno alla Germania, ora come avamposto dell’Unione Sovietica. L’autrice non risparmia giudizi e commenti su scelte spesso scellerate del futuro Stato ungherese in materia di difesa nazionale, di alleanze e di entusiasmi nazionalistici, portandoci spesso a riflettere sulle radici di un’appartenenza ideologico-politica ungherese, che ancora oggi legge il proprio patriottismo come rifiuto di ogni tipo di diversità, e intransigenza nei confronti di qualsiasi minoranza o emancipazione. Nello stesso tempo non nasconde la miopia del contesto politico europeo, che mai ha tenuto conto delle lingue, delle culture e dei vincoli di varia natura, muovendosi solo secondo la ragion di Stato, e calpestando con colpa grave tessuti sociali costruiti con fatica, ma tra loro in equilibrio.
EVENTI FAMIGLIARI E GRANDE STORIA Le divisioni, le rivalità, gli odi della grande Storia ricadono inevitabilmente sulle vite delle persone, e la famiglia Harmat non sfugge al destino della propria geografia. Così, onesti e pacifici funzionari si ritrovano, loro malgrado, in prima linea nella difesa delle proprie appartenenze. Figli devoti raggiungono la loro maturità schierandosi contro le idee dei genitori. Fratelli trasformano il loro affetto sincero in rivalità insanabili. Le famiglie si dividono tra il sostegno al Partito Comunista e la fede cieca nel nazionalismo fiancheggiatore del nazismo. E, come in tutta l’Ungheria, alcuni difenderanno strenuamente i diritti umani e l’uguaglianza fra le genti, mentre altri sosterranno lo sterminio degli Ebrei. Nessuno verrà risparmiato dal vento violento delle guerre mondiali, la Prima perché distrugge gli Stati e la loro geografia, la Seconda perché distrugge gli equilibri di tutti e di ciascuno. Fino al 1952, quando una cerimonia nascosta (ma in realtà tutti ne sono a conoscenza) celebra il battesimo dell’ultima nata, ovvero la stessa scrittrice, che ora fa da custode e da testimone alla storia della sua famiglia.
LO STILE NARRATIVO La narrazione si avvale di uno stile freschissimo e non accademico, eppure puntuale e non retorico. I paragrafi in corsivo sono della voce narrante, dei suoi ricordi diretti, delle sue impressioni, e servono a dare nuovi spunti di riflessione, ma sono anche una tregua alla lettura, quando gli eventi storici rischiano di impadronirsi della scena. Nei corsivi vengono spesso anticipati eventi, ed elementi narrativi successivi, e questo movimenta piacevolmente la lettura, creando un’aspettativa degna di ogni buon romanzo d’azione.
LA SCRITTRICE Agi Berta spesso sembra usare i ricordi come una terapia, come se stesse compiendo un rito liberatorio, o stesse pagando un debito morale. Forse si tratta di tutte queste cose. Aggiungo che la stessa Agi Berta non è certo nuova alla letteratura: da oltre 40 anni vive a Napoli, dove si è laureata in Storia dell’Europa Orientale, dopo gli studi nella nativa Ungheria e in Polonia. In Italia ha pubblicato racconti, ha collaborato con testate giornalistiche e si è affermata come traduttrice dall’ungherese. E’ sua la splendida traduzione di Ferenc Karinthy, autore del bellissimo “Epepe”, considerato un classico della letteratura moderna ungherese, pubblicato in Italia prima da Voland e ora da Adelphi. Una scrittura e una storia così incisive, avrebbero però meritato una maggiore attenzione nella cura grafica del libro: la bella foto di copertina non basta a silenziare una quarantina di refusi.
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