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Dos Passos, la guerra mondiale con allegria
 di domenica 22 gennaio 2017


di Seba Pezzani

Tacciato di parteggiare per il nemico tedesco durante la Grande guerra, poi di essere filocomunista e, infine, di aver voltato le spalle alla causa socialista, John Dos Passos è uno di quegli scrittori che scontentano tutti e non mettono d'accordo nessuno. Animato da intenso spirito d'avventura come il collega Ernest Hemingway, con il quale avrebbe condiviso il volontariato in guerra, Dos Passos coronò il sogno di raggiungere l'Europa al seguito della Croce Rossa solo alla morte del restio padre. Dalle esperienze al fronte sulle ambulanze scaturisce l'interessante diario «L'allegra montagna di menzogne» (Gammarò Edizioni, pagg 94, euro 16), una raccolta di pensieri che, anni prima dell'uscita del suo primo romanzo, Iniziazione, evidenziano la stoffa del grande narratore, tratteggiando i contorni di uno stile che avrebbe trovato la consacrazione in opere come Manhattan Transfer eli 420 Parallelo. Oggi parlare della guerra dal fronte senza parlare di guerra sarebbe considerato irriverente, laicamente blasfemo. Eppure, tra il 1917 e il 1918 Dos Passos raccontò il primo grande conflitto del Novecento con una leggerezza e un umorismo inediti, soffermandosi sulla bellezza mozzafiato dei paesaggi del Brenta, sul mistero dell'architettura di Venezia e Bassano del Grappa e su qualche siparietto semiserio, più che sugli orrori quotidiani a cui assisteva. Fondamentale per lo sviluppo delle sue riflessioni poco in linea con la propaganda bellica alleata fu il periodo trascorso a Parigi, tra colleghi disillusi. La prefazione della traduttrice Silvia Guslandi può aiutare il lettore a contestualizzare meglio questi scritti. Partito per l'Europa sull'onda emotiva di ideali che impiegarono poco a intiepidirsi, Dos Passos concepì proprio in Francia una forte critica di quella che chiamò «ipocrisia del patriottismo». A suo dire, «al patriottismo pare che tutti gli influssi nocivi del mondo abbiano gettato addosso i tentacoli. È la maschera di ogni brama di commerci e brama di gloria e la stupidità asinina che convince la gente a sacrificarsi sull'altare più vicino». Moderna è la sua visione del ruolo della donna. «Mi sembra dannatamente necessario che le donne si immischino nell'olocausto. Le donne americane soprattutto, poiché in America stanno il futuro, la minaccia, la speranza». Dunque, nessun antiamericanismo.

L'allegra montagna di menzogne

[leggi l'articolo originale su IL GIORNALE (PDF)]


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 - domenica 22 gennaio 2017


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Tacciato di parteggiare per il nemico tedesco durante la Grande guerra, poi di essere filocomunista e, infine, di aver voltato le spalle alla causa socialista, John Dos Passos è uno di quegli scrittori che scontentano tutti e non mettono d'accordo nessuno. Animato da intenso spirito d'avventura come il collega Ernest Hemingway, con il quale avrebbe condiviso il volontariato in guerra, Dos Passos coronò il sogno di raggiungere l'Europa al seguito della Croce Rossa solo alla morte del restio padre. Dalle esperienze al fronte sulle ambulanze scaturisce l'interessante diario «L'allegra montagna di menzogne» (Gammarò Edizioni, pagg 94, euro 16), una raccolta di pensieri che, anni prima dell'uscita del suo primo romanzo, Iniziazione, evidenziano la stoffa del grande narratore, tratteggiando i contorni di uno stile che avrebbe trovato la consacrazione in opere come Manhattan Transfer eli 420 Parallelo. Oggi parlare della guerra dal fronte senza parlare di guerra sarebbe considerato irriverente, laicamente blasfemo. Eppure, tra il 1917 e il 1918 Dos Passos raccontò il primo grande conflitto del Novecento con una leggerezza e un umorismo inediti, soffermandosi sulla bellezza mozzafiato dei paesaggi del Brenta, sul mistero dell'architettura di Venezia e Bassano del Grappa e su qualche siparietto semiserio, più che sugli orrori quotidiani a cui assisteva. Fondamentale per lo sviluppo delle sue riflessioni poco in linea con la propaganda bellica alleata fu il periodo trascorso a Parigi, tra colleghi disillusi. La prefazione della traduttrice Silvia Guslandi può aiutare il lettore a contestualizzare meglio questi scritti. Partito per l'Europa sull'onda emotiva di ideali che impiegarono poco a intiepidirsi, Dos Passos concepì proprio in Francia una forte critica di quella che chiamò «ipocrisia del patriottismo». A suo dire, «al patriottismo pare che tutti gli influssi nocivi del mondo abbiano gettato addosso i tentacoli. È la maschera di ogni brama di commerci e brama di gloria e la stupidità asinina che convince la gente a sacrificarsi sull'altare più vicino». Moderna è la sua visione del ruolo della donna. «Mi sembra dannatamente necessario che le donne si immischino nell'olocausto. Le donne americane soprattutto, poiché in America stanno il futuro, la minaccia, la speranza». Dunque, nessun antiamericanismo.

L'allegra montagna di menzogne

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