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L’albero, dialoghi tra fotografo e scrittore (Roberto Besana e Pietro Greco)
riccardoperini.it di mercoledģ 16 settembre 2020
L’Albero č un libro che, come ci ricorda il sottotitolo, raccoglie i dialoghi tra un fotografo (Roberto Besana) e uno scrittore (Pietro Greco)

Edito da Töpffer Edizioni e pubblicato a settembre 2020, è un vero e proprio omaggio agli alberi, di cui i due autori vogliono raccontare la maestosa bellezza ed eccezionale generosità attraverso fotografie e parole.
Il libro è organizzato in tre sezioni: Gli alberi, I boschi, Gli alberi e l’uomo.
Contiene 65 fotografie di Roberto Besana, tutte in bianco e nero e in formato quadrato, e ad ogni foto è abbinato uno scritto di Pietro Greco.
Un modo per raccontare storie e curiosità sulle piante, per celebrare il ruolo primario che gli alberi hanno nell’ecosistema terrestre e nella vita umana, ma anche un modo per far rivivere il pensiero di poeti, scrittori, artisti e scienziati sul tema degli alberi e del loro rapporto con l’uomo.
Secondo un recente studio al mondo esistono circa tremila miliardi di alberi. Ogni albero sostiene la vita sul pianeta: offre riparo, cibo, acqua, legname, fibre, medicine, gomme, resine. Gli esseri umani, e principalmente i popoli indigeni, dipendono dalle foreste per la loro sopravvivenza. Ogni albero assorbe anidride carbonica, contribuendo a mitigare l’effetto serra, e restituisce ossigeno all’atmosfera. Attraverso le radici e le chiome, soprattutto in montagna e in collina, gli alberi limitano l’erosione del suolo, controllano le acque meteoriche superficiali, prevengono le inondazioni, consolidano le sponde dei fiumi e dei torrenti, regolano la propagazione di parassiti e patogeni, guidano il riciclo di nutrienti come azoto e fosforo. Nei centri urbani ogni singolo albero porta benefici mitigando le isole di calore, assorbendo inquinanti gassosi, filtrando le polveri sottili. La presenza di alberi migliora il benessere psico-fisico dei cittadini e fa aumentare il valore degli immobili. Infine, gli alberi generano benefici immateriali come il valore ricreativo, aggregativo, culturale, spirituale. E, come ricordano gli autori di questo libro, sono fonte di ispirazione scientifica, artistica e letteraria, dimora del divino e oggetto di culto.
L’obiettivo degli autori, tramite un dialogo ininterrotto tra parole e immagini, è infatti quello di “mostrare tutto il nostro apprezzamento per gli alberi, nostri indispensabili, silenziosi, partecipi, umili e a volte giganteschi compagni. Un apprezzamento che va oltre il meramente biologico”.
Roberto Besana, nato a Monza nel 1954, ha un lungo passato da manager editoriale e una grande passione per la fotografia. Le sue immagini sono principalmente “all’aria aperta”. In ambito fotografico i suoi soggetti preferiti e anche i suoi principali filoni di ricerca sono la natura, l’ambiente e il paesaggio.
Pietro Greco, nato a Barano d’Ischia nel 1955 è giornalista scientifico e scrittore.
Il libro mi è piaciuto sia dal punto di vista fotografico che dei contenuti testuali. È riuscito, tramite le immagini e i testi a comunicarmi l’amore per gli alberi dei due autori e la loro importanza vitale per il nostro ecosistema.
In un momento storico come quello attuale, in cui i cambiamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti, noi tutti dovremmo pensare a un nuovo modo con cui relazionarci con l’ambiente e la natura.
D’altronde noi uomini non abbiamo mai vissuto senza alberi. Gli alberi fanno parte della nostra vita quotidiana, da sempre, in tantissimi modi. La nostra storia è la storia del nostro rapporto con gli alberi.


leggi l'articolo integrale su riccardoperini.it
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riccardoperini.it - mercoledģ 16 settembre 2020
L’Albero č un libro che, come ci ricorda il sottotitolo, raccoglie i dialoghi tra un fotografo (Roberto Besana) e uno scrittore (Pietro Greco)

Edito da Töpffer Edizioni e pubblicato a settembre 2020, è un vero e proprio omaggio agli alberi, di cui i due autori vogliono raccontare la maestosa bellezza ed eccezionale generosità attraverso fotografie e parole.
Il libro è organizzato in tre sezioni: Gli alberi, I boschi, Gli alberi e l’uomo.
Contiene 65 fotografie di Roberto Besana, tutte in bianco e nero e in formato quadrato, e ad ogni foto è abbinato uno scritto di Pietro Greco.
Un modo per raccontare storie e curiosità sulle piante, per celebrare il ruolo primario che gli alberi hanno nell’ecosistema terrestre e nella vita umana, ma anche un modo per far rivivere il pensiero di poeti, scrittori, artisti e scienziati sul tema degli alberi e del loro rapporto con l’uomo.
Secondo un recente studio al mondo esistono circa tremila miliardi di alberi. Ogni albero sostiene la vita sul pianeta: offre riparo, cibo, acqua, legname, fibre, medicine, gomme, resine. Gli esseri umani, e principalmente i popoli indigeni, dipendono dalle foreste per la loro sopravvivenza. Ogni albero assorbe anidride carbonica, contribuendo a mitigare l’effetto serra, e restituisce ossigeno all’atmosfera. Attraverso le radici e le chiome, soprattutto in montagna e in collina, gli alberi limitano l’erosione del suolo, controllano le acque meteoriche superficiali, prevengono le inondazioni, consolidano le sponde dei fiumi e dei torrenti, regolano la propagazione di parassiti e patogeni, guidano il riciclo di nutrienti come azoto e fosforo. Nei centri urbani ogni singolo albero porta benefici mitigando le isole di calore, assorbendo inquinanti gassosi, filtrando le polveri sottili. La presenza di alberi migliora il benessere psico-fisico dei cittadini e fa aumentare il valore degli immobili. Infine, gli alberi generano benefici immateriali come il valore ricreativo, aggregativo, culturale, spirituale. E, come ricordano gli autori di questo libro, sono fonte di ispirazione scientifica, artistica e letteraria, dimora del divino e oggetto di culto.
L’obiettivo degli autori, tramite un dialogo ininterrotto tra parole e immagini, è infatti quello di “mostrare tutto il nostro apprezzamento per gli alberi, nostri indispensabili, silenziosi, partecipi, umili e a volte giganteschi compagni. Un apprezzamento che va oltre il meramente biologico”.
Roberto Besana, nato a Monza nel 1954, ha un lungo passato da manager editoriale e una grande passione per la fotografia. Le sue immagini sono principalmente “all’aria aperta”. In ambito fotografico i suoi soggetti preferiti e anche i suoi principali filoni di ricerca sono la natura, l’ambiente e il paesaggio.
Pietro Greco, nato a Barano d’Ischia nel 1955 è giornalista scientifico e scrittore.
Il libro mi è piaciuto sia dal punto di vista fotografico che dei contenuti testuali. È riuscito, tramite le immagini e i testi a comunicarmi l’amore per gli alberi dei due autori e la loro importanza vitale per il nostro ecosistema.
In un momento storico come quello attuale, in cui i cambiamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti, noi tutti dovremmo pensare a un nuovo modo con cui relazionarci con l’ambiente e la natura.
D’altronde noi uomini non abbiamo mai vissuto senza alberi. Gli alberi fanno parte della nostra vita quotidiana, da sempre, in tantissimi modi. La nostra storia è la storia del nostro rapporto con gli alberi.


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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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