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Cartagine oltre il mito
Be Beez di luned 23 novembre 2020


di Ilaria Guidantoni
Una conoscenza della citt capitale dellAfrica romana, lIfriqīa, corrispondente in gran parte allattuale Tunisia: Cartagine, oltre il mito. Come Troia, pi di Troia, Cartagine una categoria dello spirito, il simbolo della democrazia, del governo al femminile, citt nuova come allude il nome. Il libro non si propone di ricostruire la citt in prospettiva mediterranea n rispetto al rapporto di rivalit con Roma; la ricostruzione attraverso unanalisi e una ricostruzione archeologica della complessit di una metropoli multiculturale, che oggi, come scrive Flaubert in Salamnb, non smette di disturbare i nostri sogni. Molto suggestiva la premessa che racconta il mito attualizzandolo. Il testo segue episodi della vita urbana e religiosa della citt rivale di Roma, prima e dopo il 146 a.C., anno della distruzione. Della potente citt fenicio-punica, poi Colonia romana, sar possibile conoscere un santuario dellVIII sec. a.C. frequentato da fenici e greci, un luogo di culto dedicato ad una dea greca, e poi laltare monumentale sulla Byrsa, offerto alla famiglia di Augusto, con intensi messaggi ideologici, religiosi e politici. Inoltre, alcuni saggi sono dedicati alle grandi cisterne della citt e allapprovvigionamento idrico della Colonia al tempo dellimperatore Adriano, che con la sua visita a Cartagine interruppe un lungo periodo di siccit. Ledilizia privata con le case e le botteghe dei cartaginesi nel quartiere delle ville romane e le grandi domus urbane dellaristocrazia, dove scenari architettonici ricreano ambienti naturali, sono altri argomenti centrali del volume. Della citt, prima e dopo larrivo dei Vandali nel 439, sono presentati lopera ciclopica di un muro difensivo dei quartieri urbani e una bardatura di et bizantina di un cavallo. La cultura materiale, la vita quotidiana e la vita religiosa di Cartagine sono protagonisti oltre il mito.

Nel primo capitolo si racconta linteresse antico degli italiani per lAfrica romana e il recupero recente di una sperimentazione archeologica che fra le due guerre ha rappresentato una felice anomalia. Se infatti lItalia stata lultima tra le grandi nazioni europee nel rivolgersi a questarea, ha avuto risultati di alto profilo sperimentando il metodo dello scavo stratigrafico. Anche i materiali diventano fonte per informazioni sociali ed economiche. Il testo, molto accurato, con una grafica preziosa, accompagnata da belle immagini e un corredo di disegni e piantine ricco, oltre ad unapprofondita bibliografia, alla fine di ogni capitolo, e una ricostruzione analitica tematica, focalizzata di volta in volta su abitazioni private, i porti, i templi, le terme. Un lavoro prezioso certamente complesso per chi non essendo addetto ai lavori non conosce Cartagine; un supporto utile per chi vuole approfondire la conoscenza storica attraverso la documentazione del patrimonio archeologico, un modo di leggere la storia e la citt oltre la mera descrizione archeologico-artistica, in una prospettiva allargata rispetto al mondo del nord Africa.


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Una conoscenza della citt capitale dellAfrica romana, lIfriqīa, corrispondente in gran parte allattuale Tunisia: Cartagine, oltre il mito. Come Troia, pi di Troia, Cartagine una categoria dello spirito, il simbolo della democrazia, del governo al femminile, citt nuova come allude il nome. Il libro non si propone di ricostruire la citt in prospettiva mediterranea n rispetto al rapporto di rivalit con Roma; la ricostruzione attraverso unanalisi e una ricostruzione archeologica della complessit di una metropoli multiculturale, che oggi, come scrive Flaubert in Salamnb, non smette di disturbare i nostri sogni. Molto suggestiva la premessa che racconta il mito attualizzandolo. Il testo segue episodi della vita urbana e religiosa della citt rivale di Roma, prima e dopo il 146 a.C., anno della distruzione. Della potente citt fenicio-punica, poi Colonia romana, sar possibile conoscere un santuario dellVIII sec. a.C. frequentato da fenici e greci, un luogo di culto dedicato ad una dea greca, e poi laltare monumentale sulla Byrsa, offerto alla famiglia di Augusto, con intensi messaggi ideologici, religiosi e politici. Inoltre, alcuni saggi sono dedicati alle grandi cisterne della citt e allapprovvigionamento idrico della Colonia al tempo dellimperatore Adriano, che con la sua visita a Cartagine interruppe un lungo periodo di siccit. Ledilizia privata con le case e le botteghe dei cartaginesi nel quartiere delle ville romane e le grandi domus urbane dellaristocrazia, dove scenari architettonici ricreano ambienti naturali, sono altri argomenti centrali del volume. Della citt, prima e dopo larrivo dei Vandali nel 439, sono presentati lopera ciclopica di un muro difensivo dei quartieri urbani e una bardatura di et bizantina di un cavallo. La cultura materiale, la vita quotidiana e la vita religiosa di Cartagine sono protagonisti oltre il mito.

Nel primo capitolo si racconta linteresse antico degli italiani per lAfrica romana e il recupero recente di una sperimentazione archeologica che fra le due guerre ha rappresentato una felice anomalia. Se infatti lItalia stata lultima tra le grandi nazioni europee nel rivolgersi a questarea, ha avuto risultati di alto profilo sperimentando il metodo dello scavo stratigrafico. Anche i materiali diventano fonte per informazioni sociali ed economiche. Il testo, molto accurato, con una grafica preziosa, accompagnata da belle immagini e un corredo di disegni e piantine ricco, oltre ad unapprofondita bibliografia, alla fine di ogni capitolo, e una ricostruzione analitica tematica, focalizzata di volta in volta su abitazioni private, i porti, i templi, le terme. Un lavoro prezioso certamente complesso per chi non essendo addetto ai lavori non conosce Cartagine; un supporto utile per chi vuole approfondire la conoscenza storica attraverso la documentazione del patrimonio archeologico, un modo di leggere la storia e la citt oltre la mera descrizione archeologico-artistica, in una prospettiva allargata rispetto al mondo del nord Africa.


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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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