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Paolo Fregoso, Genovese
Mangialibri di gioved 26 novembre 2020


di Massimiliano Bartolini
Quindicesimo secolo. Paolo Fregoso, ultimo dei cinque figli che il padre Battista concepisce con la seconda moglie, Ilaria Guinigi di Paolo, Signore di Lucca, da ragazzo sogna di dedicarsi allarte delle armi, ma il fratello maggiore Pietro, che ha diritto di scelta ed opta per la carriera militare, lo avvia agli studi ecclesiastici a soli quindici anni. Bruciando le tappe, nel 1456, allet di ventisei anni, Callisto III, papa Alfonso Borgia, lo nomina Arcivescovo. Con lappoggio del fratello, doge in carica, e conoscenze nellambiente vaticano, Paolo riesce a farsi assegnare come sede Genova, la sua citt natale, inserendosi ben presto nel panorama religioso. Nella primavera del 1462, depone lo zio Ludovico e si fa eleggere doge, ricoprendo contemporaneamente la carica politica e quella ecclesiastica, prima ed unica volta nella storia. Ancora nel 1463 ottiene un secondo dogato, previa dispensa ecclesiastica concessa da Papa Pio II. Negli anni successivi, costretto dagli eventi, si d alla pirateria lungo le coste del mar ligure, acquisendo esperienza come comandate di navi che gli frutta il comando della flotta navale per riconquistare Otranto, caduta in mano turca. Nominato Cardinale, partecipa al Conclave del 1492, in cui il suo nome circola tra i porporati come papabile. Ma grazie alle numerose offerte simoniache, di cui verr accusato dal Savonarola, viene eletto Rodrigo Borgia, papa Alessandro VI, che per acquisirsi lamicizia di Paolo lo nomina legato in Campania. Il Cardinale, Arcivescovo e doge, si spegne a Roma il 22 marzo 1948. Disteso sul letto, brandisce nella mano destra una croce come fosse una spada...



Paolo Fregoso, genovese un libro di storia. La narrazione di una concatenazione di fatti ed episodi, dettagliata e ricca di particolari, che ruotano attorno alla figura di un uomo che ha rivestito contemporaneamente la carica di Arcivescovo e Cardinale, ma anche quella di Doge, esercitando il potere spirituale e quello temporale a seconda delle convenienze. Sullo sfondo la Genova di fine Medioevo. Sono gli ultimi anni del quindicesimo secolo, caratterizzato da una vita cos violenta e piena di contrasti da emanare un odore misto di sangue e di rose, cos scrive lo storico Johan Huizinga. E infatti la storia della citt in questi anni caratterizzata dallo scontro senza fine tra le potenti e ricche famiglie dei Fregoso e degli Adorno, una rivalit che nasce da uninimicizia talmente antica da rendere effimera la pace tra Paolo e Prospero. Laspetto interessante di questo libro che non si limita a snocciolare dati ed eventi storici, ma la narrazione dei fatti avviene in forma romanzata, seppure rigorosa, e certo presuppone una conoscenza di base di un periodo storico complesso. Tanti sono i grandi personaggi storici di cui si legge in queste pagine, Ludovico il Moro, Gian Galeazzo Sforza, Lorenzo de Medici, Savonarola, Cristoforo Colombo che in quel 12 ottobre del 1492 scopre il Nuovo mondo, lo stesso giorno in cui lArcivescovo e Cardinale inaugura la piccola Cappella di Nostra Signora delle Fontane, in una chiesetta in Tenda, nelle Alpi marittime. Una cappelletta affrescata da Canavesio, frate e pittore egregio, che in una scena della Passione di Cristo aveva ritratto Giuda impiccato dal cui petto un demone strappava via lanima, a rappresentare proprio il nuovo mondo, il mondo che sarebbe venuto. Ma anche di Cecilia Gallerani, amante di Ludovico il Moro, apprezzata per la sua cultura e per essere bella come un fiore, con i suoi meravigliosi occhi nocciola. Leonardo da Vinci ne fu colpito e la ritrasse nel quadro La donna con lermellino. Paolo Fregoso non pot fare a meno di corteggiarla, lui che subiva il fascino delle belle donne ed era amante dei piaceri della carne, dei festini (si legge della puttana del mercoled, dellincontro con Caterina Fieschi Adorno, conosciuta nellOspedale di Pammattone durante la peste, delle sue amanti). In sintonia con papa Innocenzo VIII, il Fregoso condivise latteggiamento persecutorio delle basure, le streghe, stabil che le esecuzioni fossero effettuate in Piazza Banchi, non sopportando la puzza acre che sprigionavano i roghi, e si esib anche come esorcista su una donna indemoniata, Caterina da Rapallo, strega, maga e incantatrice. Non c dunque solo storia in senso stretto, ma anche curiosit, aneddoti, leggende e molto altro. Senza dubbio emergono le abilit del Fregoso, abile stratega, sfrenatamente ambizioso, capace di sfruttare ogni situazione e volgerla a proprio vantaggio, di capire quando ritirarsi e aspettare il momento opportuno per riconquistare il potere, di salire sul carro del vincitore di turno. Il libro descrive un pezzo di mosaico della storia medievale, in quegli anni di passaggio al nuovo mondo, al Rinascimento, sicuramente da consigliare agli amanti di questo genere di lettura.


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di Massimiliano Bartolini
Quindicesimo secolo. Paolo Fregoso, ultimo dei cinque figli che il padre Battista concepisce con la seconda moglie, Ilaria Guinigi di Paolo, Signore di Lucca, da ragazzo sogna di dedicarsi allarte delle armi, ma il fratello maggiore Pietro, che ha diritto di scelta ed opta per la carriera militare, lo avvia agli studi ecclesiastici a soli quindici anni. Bruciando le tappe, nel 1456, allet di ventisei anni, Callisto III, papa Alfonso Borgia, lo nomina Arcivescovo. Con lappoggio del fratello, doge in carica, e conoscenze nellambiente vaticano, Paolo riesce a farsi assegnare come sede Genova, la sua citt natale, inserendosi ben presto nel panorama religioso. Nella primavera del 1462, depone lo zio Ludovico e si fa eleggere doge, ricoprendo contemporaneamente la carica politica e quella ecclesiastica, prima ed unica volta nella storia. Ancora nel 1463 ottiene un secondo dogato, previa dispensa ecclesiastica concessa da Papa Pio II. Negli anni successivi, costretto dagli eventi, si d alla pirateria lungo le coste del mar ligure, acquisendo esperienza come comandate di navi che gli frutta il comando della flotta navale per riconquistare Otranto, caduta in mano turca. Nominato Cardinale, partecipa al Conclave del 1492, in cui il suo nome circola tra i porporati come papabile. Ma grazie alle numerose offerte simoniache, di cui verr accusato dal Savonarola, viene eletto Rodrigo Borgia, papa Alessandro VI, che per acquisirsi lamicizia di Paolo lo nomina legato in Campania. Il Cardinale, Arcivescovo e doge, si spegne a Roma il 22 marzo 1948. Disteso sul letto, brandisce nella mano destra una croce come fosse una spada...



Paolo Fregoso, genovese un libro di storia. La narrazione di una concatenazione di fatti ed episodi, dettagliata e ricca di particolari, che ruotano attorno alla figura di un uomo che ha rivestito contemporaneamente la carica di Arcivescovo e Cardinale, ma anche quella di Doge, esercitando il potere spirituale e quello temporale a seconda delle convenienze. Sullo sfondo la Genova di fine Medioevo. Sono gli ultimi anni del quindicesimo secolo, caratterizzato da una vita cos violenta e piena di contrasti da emanare un odore misto di sangue e di rose, cos scrive lo storico Johan Huizinga. E infatti la storia della citt in questi anni caratterizzata dallo scontro senza fine tra le potenti e ricche famiglie dei Fregoso e degli Adorno, una rivalit che nasce da uninimicizia talmente antica da rendere effimera la pace tra Paolo e Prospero. Laspetto interessante di questo libro che non si limita a snocciolare dati ed eventi storici, ma la narrazione dei fatti avviene in forma romanzata, seppure rigorosa, e certo presuppone una conoscenza di base di un periodo storico complesso. Tanti sono i grandi personaggi storici di cui si legge in queste pagine, Ludovico il Moro, Gian Galeazzo Sforza, Lorenzo de Medici, Savonarola, Cristoforo Colombo che in quel 12 ottobre del 1492 scopre il Nuovo mondo, lo stesso giorno in cui lArcivescovo e Cardinale inaugura la piccola Cappella di Nostra Signora delle Fontane, in una chiesetta in Tenda, nelle Alpi marittime. Una cappelletta affrescata da Canavesio, frate e pittore egregio, che in una scena della Passione di Cristo aveva ritratto Giuda impiccato dal cui petto un demone strappava via lanima, a rappresentare proprio il nuovo mondo, il mondo che sarebbe venuto. Ma anche di Cecilia Gallerani, amante di Ludovico il Moro, apprezzata per la sua cultura e per essere bella come un fiore, con i suoi meravigliosi occhi nocciola. Leonardo da Vinci ne fu colpito e la ritrasse nel quadro La donna con lermellino. Paolo Fregoso non pot fare a meno di corteggiarla, lui che subiva il fascino delle belle donne ed era amante dei piaceri della carne, dei festini (si legge della puttana del mercoled, dellincontro con Caterina Fieschi Adorno, conosciuta nellOspedale di Pammattone durante la peste, delle sue amanti). In sintonia con papa Innocenzo VIII, il Fregoso condivise latteggiamento persecutorio delle basure, le streghe, stabil che le esecuzioni fossero effettuate in Piazza Banchi, non sopportando la puzza acre che sprigionavano i roghi, e si esib anche come esorcista su una donna indemoniata, Caterina da Rapallo, strega, maga e incantatrice. Non c dunque solo storia in senso stretto, ma anche curiosit, aneddoti, leggende e molto altro. Senza dubbio emergono le abilit del Fregoso, abile stratega, sfrenatamente ambizioso, capace di sfruttare ogni situazione e volgerla a proprio vantaggio, di capire quando ritirarsi e aspettare il momento opportuno per riconquistare il potere, di salire sul carro del vincitore di turno. Il libro descrive un pezzo di mosaico della storia medievale, in quegli anni di passaggio al nuovo mondo, al Rinascimento, sicuramente da consigliare agli amanti di questo genere di lettura.


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OGT newspaper
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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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