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Il vissuto tra le parole e il jazz
eretici.org di domenica 29 novembre 2020


di Donato Di Poce
Sanguina lamore
mentre le note inventano un viaggio
per tutte le anime vagabonde che si perdono
nelle difficolt infinite di centrare il cuore.

Nicola Vacca

Questo libro di poesie (Arrivano parole dal jazz) di Nicola Vacca, sancisce definitivamente la sua doppia, molteplice, eteronima e creativa personalit di Critico letterario e poeta, non affatto scontata nelle patrie lettere, viziate dal vizio dellAureola e dal vizio delliper specializzazione. A partire da Mattanza dellincanto, per passare attraverso Luce Nera , Commedia Ubriaca e Tutti i nomi di un Padre, Vacca mette in scena lo squartamento della scrittura, attraverso linterrogazione del linguaggio e un corpo a corpo con le parole, con coraggio, umilt e onest intellettuale.
Nella Prefazione Vittorino Curci scrive:
Una chiave di lettura di questa raccolta di Nicola Vacca credo si trovi nella poesia Il jazz mentre fuori piove significativamente intitolata Perch amo il jazz): Il jazz nei giorni di pioggia / lo sento addosso / e mi scava dentro come lamarezza / di un pensiero che vuole la sua ansia. / Le gocce battono sui vetri / guardo fuori mentre dentro / insiste come unossessione / il ritmo di quella musica / che attraverso le improvvisazioni / non smette di battere il tempo: / tutto scorre e niente si afferra. Per Nicola il jazz essenzialmente malinconia, un sentimento ineffabile, una epoch dellanima davanti allincommensurabile mistero del nostro essere .
Non ci vuole molto ad intendere che quelle gocce che battono sui vetri altro non sono che i versi(una splendida ossessione), che battono il tempo della solitudine e dellattesa, della rivelazione e della rivalsa, dove tutto scorre e niente si afferra.
La chiusa finale della poesia, (vera cifra stilistica dellultimo Vacca in poesia), tutto scorre e niente si afferra, veramente un ossimoro significante, filosofico e aperto, alla faccia dellapparenza, infatti, basta ribaltarlo e leggerlo nel suo secondo significato altro(altro dire), niente si afferra e tutto scorre che la sua valenza molteplice si afferra in pieno e apre nuove rivelazioni dellessere e della realt.
C un momento nella storia creativa di un poeta, in cui cessa la consapevolezza critica e la fede inconscia della disfatta e del fallimento esistenziale. In quel preciso momento inizia a vivere la propria danza creativa, inizia a cogliere tutte le contraddizioni e i bagliori della bellezza e la musica della vita. Quel momento credo nel caso di Nicola coincide con la scoperta che non poteva fare a meno della poesia, nonostante si stesse affermando come uno dei pi autorevoli critici letterari.
La tentazione di scrivere era pi forte, nonostante il percorso si faceva sempre pi nero, e i vortici di dolore attaccavano da tutte le parti. Nonostante tutto, la battaglia tra noncuranza, negligenza, rinuncia e il Daimon dellopera, lossessione della scrittura e della poesia vedeva trionfare questultima, spesso proprio nella necessit di negare la scrittura, lopera e la vita stessa.
Limpossibilit di scrivere che la scrittura trova tra le interrogazioni e lapidarie certezze di Nicola il suo compimento. La scrittura come perdita di centralit, diventa in questo libro, il fulcro e nucleo energizzante e identificativo nel Jazz visto non solo come elemento storico nei vari protagonisti e personaggi evocati dal poeta, ma come elemento non solo simbolico di improvvisazione e di libert espressiva.
Ci sono poeti che osano scrivere del vissuto senza aver mai vissuto, altri che scrivono della musica solo dopo aver sputato silenzi e inghiottito il rumore sordo della vita. Il Jazz dunque porta nella scrittura del poeta un dire nuovo, un dire altro e con rinnovata intensit, libert e molteplicit.

Sanguino damore
mentre ascolto Chet Baker
le cose sono finite
in un libro del desiderio
dove un domani si potr leggere
di tutte le passioni che ho vissuto. (pag. 17)


Scrive il poeta, finalmente libero di riverberare le sue emozioni, di lasciarle cadere come pioggia sulle note di un Sax o il grido di una tromba.

Ogni volta che un tuo assolo
spacca il cielo sotto cui viviamo
la luna e le stelle si incontrano nel sole
e noi ci sentiamo possibilit infinite. (pag. 25)


Il poeta sa ascoltare e riconoscere nellassolo del musicista, il suo Ungarettiano grido unanime di possibilit infinite, in un mondo che spesso toglie non solo speranze e possibilit, ma persino il sogno ad occhi aperti e una possibilit di futuro.
La lettura di questo libro suggerisce almeno altre 4 chiavi di lettura di Nicola Vacca:
1) Cantore della libert espressiva sino ad infrangere le rive della spietatezza del dolore esistenziale, mai enfatico, decorativo o banale.

2) Custode dellempatia disperata degli invisibili e degli ultimi.

3) Tessitore impavido di versi apocalittici e disintegrati sullignoranza e le colpe di troppi difensori civici dellincivilt.

4) Cercatore dumanit nelle piaga pi nascoste della vita e nei gironi infernali della solitudine quotidiana.

Conclusioni:
Dalla vena doro del Neo Rinascimento Salentino( Bene, Dodaro, Verri, Toma, Vetrugno, Vacca), le scaglie letterarie di Vacca, brillano di autorevole luce propria e di uno spessore filosofico Ciorianiano(di cui uno studioso), di grande interesse e attualit.
A questo punto evidentemente svelata laltra chiave di lettura del libro, cio lidentificazione della musica con la poesia e viceversa, in una danza delle arti, ben evidenziata anche dalla scelta delle illustrazioni del libro di Alfonso Avagliano, che suggeriscono una freschezza emozionale e unaderenza anche gestuale ai ritmi sincopati, ai gesti eleganti , fragili e misteriosi del Jazz.
Non a caso lultima poesia del libro ci ricorda che:

Abbiamo bisogno di bellezza
e di nuove orecchie che sappiano ascoltarla.
Il silenzio del jazz
una delle poche occasioni che abbiamo
per salvarci in questo mondo
che ci uccide con il frastuono. (pag. 84).


La scrittura poetica di Vacca una scrittura di rottura, di disillusione, una scrittura direi del post-pianto. Una scrittura di combustioni esistenziali e di bestemmie che cerca la musica della vita, che sinsinua tra il silenzio e lurlo atomico del dolore, diventando una tracimazione etica ed estetica.
Nei suoi testi la coscienza sociale ed estetica si fondono in coauguli di bellezza incompiuta e spezzata, lincanto perduto diventa una bicromia estetico-musicale, un canto di liberazione totale, da compiersi attraverso la parola e lo svelamento di vite invisibili.
La lontananza, le sottrazioni, e le cesure incombono sulla realt e gli orizzonti futuri dellessere e della parola, e la sua poesia del lutto dellaltro e della socialit, cerca e trova nel Jazz, laccoglimento sincopato e libero, in un paesaggio di Delvaux, un poeta suona con il Sax, nel bosco della solitudine il suo canto damore e gli alberi diventa donne e la musica un respiro duale, come risarcimento agli anni di piombo agli scenari di guerra e di pandemie etiche e culturali, dove la vittima sempre lUomo, troppo spesso vittima e carnefice di se stesso.
Lultima sorpresa e regalo del libro la Playlist a cura di Tommaso Tucci con i titoli degli LP degli autori pi importanti del Jazz.


leggi l'articolo integrale su eretici.org
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di Donato Di Poce
Sanguina lamore
mentre le note inventano un viaggio
per tutte le anime vagabonde che si perdono
nelle difficolt infinite di centrare il cuore.

Nicola Vacca

Questo libro di poesie (Arrivano parole dal jazz) di Nicola Vacca, sancisce definitivamente la sua doppia, molteplice, eteronima e creativa personalit di Critico letterario e poeta, non affatto scontata nelle patrie lettere, viziate dal vizio dellAureola e dal vizio delliper specializzazione. A partire da Mattanza dellincanto, per passare attraverso Luce Nera , Commedia Ubriaca e Tutti i nomi di un Padre, Vacca mette in scena lo squartamento della scrittura, attraverso linterrogazione del linguaggio e un corpo a corpo con le parole, con coraggio, umilt e onest intellettuale.
Nella Prefazione Vittorino Curci scrive:
Una chiave di lettura di questa raccolta di Nicola Vacca credo si trovi nella poesia Il jazz mentre fuori piove significativamente intitolata Perch amo il jazz): Il jazz nei giorni di pioggia / lo sento addosso / e mi scava dentro come lamarezza / di un pensiero che vuole la sua ansia. / Le gocce battono sui vetri / guardo fuori mentre dentro / insiste come unossessione / il ritmo di quella musica / che attraverso le improvvisazioni / non smette di battere il tempo: / tutto scorre e niente si afferra. Per Nicola il jazz essenzialmente malinconia, un sentimento ineffabile, una epoch dellanima davanti allincommensurabile mistero del nostro essere .
Non ci vuole molto ad intendere che quelle gocce che battono sui vetri altro non sono che i versi(una splendida ossessione), che battono il tempo della solitudine e dellattesa, della rivelazione e della rivalsa, dove tutto scorre e niente si afferra.
La chiusa finale della poesia, (vera cifra stilistica dellultimo Vacca in poesia), tutto scorre e niente si afferra, veramente un ossimoro significante, filosofico e aperto, alla faccia dellapparenza, infatti, basta ribaltarlo e leggerlo nel suo secondo significato altro(altro dire), niente si afferra e tutto scorre che la sua valenza molteplice si afferra in pieno e apre nuove rivelazioni dellessere e della realt.
C un momento nella storia creativa di un poeta, in cui cessa la consapevolezza critica e la fede inconscia della disfatta e del fallimento esistenziale. In quel preciso momento inizia a vivere la propria danza creativa, inizia a cogliere tutte le contraddizioni e i bagliori della bellezza e la musica della vita. Quel momento credo nel caso di Nicola coincide con la scoperta che non poteva fare a meno della poesia, nonostante si stesse affermando come uno dei pi autorevoli critici letterari.
La tentazione di scrivere era pi forte, nonostante il percorso si faceva sempre pi nero, e i vortici di dolore attaccavano da tutte le parti. Nonostante tutto, la battaglia tra noncuranza, negligenza, rinuncia e il Daimon dellopera, lossessione della scrittura e della poesia vedeva trionfare questultima, spesso proprio nella necessit di negare la scrittura, lopera e la vita stessa.
Limpossibilit di scrivere che la scrittura trova tra le interrogazioni e lapidarie certezze di Nicola il suo compimento. La scrittura come perdita di centralit, diventa in questo libro, il fulcro e nucleo energizzante e identificativo nel Jazz visto non solo come elemento storico nei vari protagonisti e personaggi evocati dal poeta, ma come elemento non solo simbolico di improvvisazione e di libert espressiva.
Ci sono poeti che osano scrivere del vissuto senza aver mai vissuto, altri che scrivono della musica solo dopo aver sputato silenzi e inghiottito il rumore sordo della vita. Il Jazz dunque porta nella scrittura del poeta un dire nuovo, un dire altro e con rinnovata intensit, libert e molteplicit.

Sanguino damore
mentre ascolto Chet Baker
le cose sono finite
in un libro del desiderio
dove un domani si potr leggere
di tutte le passioni che ho vissuto. (pag. 17)


Scrive il poeta, finalmente libero di riverberare le sue emozioni, di lasciarle cadere come pioggia sulle note di un Sax o il grido di una tromba.

Ogni volta che un tuo assolo
spacca il cielo sotto cui viviamo
la luna e le stelle si incontrano nel sole
e noi ci sentiamo possibilit infinite. (pag. 25)


Il poeta sa ascoltare e riconoscere nellassolo del musicista, il suo Ungarettiano grido unanime di possibilit infinite, in un mondo che spesso toglie non solo speranze e possibilit, ma persino il sogno ad occhi aperti e una possibilit di futuro.
La lettura di questo libro suggerisce almeno altre 4 chiavi di lettura di Nicola Vacca:
1) Cantore della libert espressiva sino ad infrangere le rive della spietatezza del dolore esistenziale, mai enfatico, decorativo o banale.

2) Custode dellempatia disperata degli invisibili e degli ultimi.

3) Tessitore impavido di versi apocalittici e disintegrati sullignoranza e le colpe di troppi difensori civici dellincivilt.

4) Cercatore dumanit nelle piaga pi nascoste della vita e nei gironi infernali della solitudine quotidiana.

Conclusioni:
Dalla vena doro del Neo Rinascimento Salentino( Bene, Dodaro, Verri, Toma, Vetrugno, Vacca), le scaglie letterarie di Vacca, brillano di autorevole luce propria e di uno spessore filosofico Ciorianiano(di cui uno studioso), di grande interesse e attualit.
A questo punto evidentemente svelata laltra chiave di lettura del libro, cio lidentificazione della musica con la poesia e viceversa, in una danza delle arti, ben evidenziata anche dalla scelta delle illustrazioni del libro di Alfonso Avagliano, che suggeriscono una freschezza emozionale e unaderenza anche gestuale ai ritmi sincopati, ai gesti eleganti , fragili e misteriosi del Jazz.
Non a caso lultima poesia del libro ci ricorda che:

Abbiamo bisogno di bellezza
e di nuove orecchie che sappiano ascoltarla.
Il silenzio del jazz
una delle poche occasioni che abbiamo
per salvarci in questo mondo
che ci uccide con il frastuono. (pag. 84).


La scrittura poetica di Vacca una scrittura di rottura, di disillusione, una scrittura direi del post-pianto. Una scrittura di combustioni esistenziali e di bestemmie che cerca la musica della vita, che sinsinua tra il silenzio e lurlo atomico del dolore, diventando una tracimazione etica ed estetica.
Nei suoi testi la coscienza sociale ed estetica si fondono in coauguli di bellezza incompiuta e spezzata, lincanto perduto diventa una bicromia estetico-musicale, un canto di liberazione totale, da compiersi attraverso la parola e lo svelamento di vite invisibili.
La lontananza, le sottrazioni, e le cesure incombono sulla realt e gli orizzonti futuri dellessere e della parola, e la sua poesia del lutto dellaltro e della socialit, cerca e trova nel Jazz, laccoglimento sincopato e libero, in un paesaggio di Delvaux, un poeta suona con il Sax, nel bosco della solitudine il suo canto damore e gli alberi diventa donne e la musica un respiro duale, come risarcimento agli anni di piombo agli scenari di guerra e di pandemie etiche e culturali, dove la vittima sempre lUomo, troppo spesso vittima e carnefice di se stesso.
Lultima sorpresa e regalo del libro la Playlist a cura di Tommaso Tucci con i titoli degli LP degli autori pi importanti del Jazz.


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OGT newspaper
oggi
01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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