CATALOGO      AUTORI      APPROFONDIMENTI      EVENTI      ARTE & ARTISTI      UNIVERSITÀ

Login (se sei già registrato) oppure Registrati
Oltre edizioni

Login (se sei già registrato) oppure Registrati
"A Roma, novembre" di Mario Quattrucci
giuseppepreviti.it di venerdě 5 febbraio 2021
Il commissario Marč , un tipo corpulento, un po’ sornionze in quella sua apparenza un po’tonta, grande buongustaio ma anche ottimo cuoco, uomo di grande cultura...

di Giuseppe Previti
Il commissario Marè, un tipo corpulento, un po’ sornionze in quella sua apparenza un po’tonta, grande buongustaio ma anche ottimo cuoco,, uomo di grande cultura che infatti si dedica a belle letture, alla pittura,alla musica, è fondamentalmente un buon poliziotto. Lui dedica un’attenzioLa storia ne speciale, vista la sua indole di andare oltre il fatto criminoso in sé ma di comprenderne anche cause e motivazioni. Lui è un vero democratico, un progressista e pur deluso spesso dalla “dura” realtà di un mondo pieno di orrori e malefatte, spera sempre in un riscatto dei suoi simili. Sa benissimo che il male maggiore si annida proprio nei più alti centri di potere, nell’avidità di chi vuole sempre più soldi e forza, e quindi in questa Roma purtroppo all’avanguardia nel pr0gredire del “male”il lavoro non gli manca. In questa Roma tentacolare opera il nostro commissario costretto a precipitarsi sul luogo di un fattaccio, perché lui conosceva benissimo la vittima, un suo carissimo amico, un grande servitore dello Stato, da tempo ritiratosi a vita privata. IL curioso di questo fatto è che si tratta di un “delitto/suicidio” perché risulta che il professor Cusano si sia sparato mentre l’assassino lo colpiva a sua volta sparandogli di fronte e a breve distanza. Sarà un’indagine difficile che per la notorietà e la posizione passata della vittima tutti si interessano al caso, ministri, servizi, poteri dello stato.Ma sarà Gigi Marè a risolvere questo caso che lo “ferisce” direttamente.
La storia si svolge a Roma nel novembre del 1992. Una Roma gravata da una strana e persistente nebbia. Il commissario Gigi Marè si deve occupare di un caso particolarmente delicato e complicato, anche perché lo tocca da vicino in quanto la vittima è un amico, il famoso economista e professore Nicola Cusano, che è stato trovato riverso nella poltrona dietro la scrivania del suo studio, colpito da un proiettile sparato quasi a bruciapelo, ma contestualmente la vittima si è sparata con il proprio revolver. Suicidio? Omicidio? O meglio suicidio/omicidio? Il professore era amico intimo del nostro commissario, che ora deve superare il proprio dolore per dare giustizia a un uomo probo e di grande valore, un vero servitore dello Stato.
Marè, il nostro protagonista, ha…venti anni di esperienza sulle spalle,infatti questo "A Roma, Novembre" di Mario Quartucci è uscito in una prima edizione circa venti anni fa e che adesso ci viene riproposto dopo appunto la pubblicazione del 1999 in una edizione riveduta e corretta. In tutto questo tempo Quartucci e il suo protagonista sono stati attivissimi in tante altre storie. Dopo una vita dedicata alla politica il nostro autore si appassionò alla scrittura ed ecco che decise di scrivere un giallo, “questo giallo”, “una detective-story all’italiana” Nella prefazione che ora è anteposta al libro Quattrucci dice che scelse il “giallo” perché gli permetteva di raccontare dal vivo la società. Quindi non romanzi d’evasione ma il voler narrare la Roma- qui agisce il buon Marè, del nostro tempo, con le sue grandezze e le sue brutture, con i misteri e i misfatti di questa Italoia dove tutto si perpetua nel tempo. E infatti possiamo dire che quello che c’era di criminoso venti anni fa lo si ripete ancora oggi.
Una storia questa dove Roma riassume tutti i mali del Paese ma anche la voglia di reagire, di non abbassare la guardia, di impegnarsi. E quindi come ci sono queste consorterie del malaffare ci sono invece anche altri che si battono perché la giustizia trionfi.
Interessante, sin da questo primo romanzo, l’uso della lingua, non la lingua standardizzata sull’ignoranza della televisione e del cinema che anziché raccontare la realtà delle cose e evidenziare quello che non va, finisce per occultare il tutto in un linguaggio “neutro” una specie di pastone buono per tutti gli usi. Qui nel libro si adopra una forma di narrazione densa, graffiante, anche ruvida, come è il parlato di tutti i giorni con una espressività legata alla realtà delle cose che il nostro scrittore si è prefisso di raccontare.
Ma ecco che in questa Roma più “vera”, più reale si rappresentano protagonisti altrettanto reali, abbastanza “veri” perché solo così si può fare vedere una Roma”sanguigna” e tosta. E si comincia con questo commissario, un uomo “normale” che di fronte ai tanti che tramano a scapito della verità combatte, fortunatamente insieme ad altri, contro chi vuole nascondere la realtà delle cose. Una Roma vera, una lingua che si cerca di innovare, una maniera di raccontare che colpisce e attrae il lettore.
A questo protagonista viene imposto il nome di Marè, un omaggio al poeta Marè che impersonò la vera romanità. Nasce così Giggi Marè, creato sulla falsariga di un certo Ingravallo, molte le atmosfere e i modi di esprimersi gaddiani in questo romanzo, ma ha anche qualcosa del simenoniano Maigret, ma mentre mentre travalica il tempo senza mai curarsi della realtà politica e sociale, il personaggio di Quattrucci è uomo attento al tempo in cui vive,ha le sue idee anche politiche, e non si vuole sottomettere alla cultura del “volemose bene”. Lui invece vuole ch sia fatta giustizia, che sia rispettata la libertà di tutti, si da cercare di sciogliere i vari pastiicciacci che via via si presentano.
E così il nostro Gigi Marè si deve addentrare tra le acque infide della politica, dei traffici internazionali, dei servizi più o meno fedeli allo Stato, dei tanti misteri italici e internazionali. Ma dovrà anche addentrarsi nei segreti, nell’affannarsi anche malsano di una famiglia che crede amica e unita, ma che alla resa dei conti è profondamente divisa e di uno squallore unico, ben aderente del resto allo squallore di questa società purtroppo non certo migliorata in tutti questi anni. E Marè cammina tra i quartieri, passando per case, ville,trattorie, circoli esclusivi, uffici del tribunale, si recherà anche fuori dell’Urbe, il cammino da compiere per arrivare alla soluzione non sarà facile. Molti i personaggi che compaiono, maschili e femminili. Tutti delineati con buona padronanza di stile e di personalità, molto curati i dialoghi, un “giallo” che oggi che non si parla più di “letteratura di genere” ma di forma letteraria molto espressiva e reale, un giallo appunto questo di Quattrucci che sorprende per la modernità visto che è stato scritto venti anni fa.Si è detto più volte che le fortune del giallo sono dell’aver raccontato delle storie che hanno spesso descritto la vita del Paese con i suoi misteri e le sue trame. A Mario Quattrucci il merito di averlo compreso tanti anni fa.


leggi l'articolo integrale su giuseppepreviti.it
SCHEDA LIBRO   |   Segnala  |  Ufficio Stampa


CATALOGO      AUTORI      APPROFONDIMENTI      EVENTI      ARTE & ARTISTI      UNIVERSITÀ

Login (se sei già registrato) oppure Registrati
Oltre edizioni

Login (se sei già registrato) oppure Registrati
giuseppepreviti.it - venerdě 5 febbraio 2021
Il commissario Marč , un tipo corpulento, un po’ sornionze in quella sua apparenza un po’tonta, grande buongustaio ma anche ottimo cuoco, uomo di grande cultura...

di Giuseppe Previti
Il commissario Marè, un tipo corpulento, un po’ sornionze in quella sua apparenza un po’tonta, grande buongustaio ma anche ottimo cuoco,, uomo di grande cultura che infatti si dedica a belle letture, alla pittura,alla musica, è fondamentalmente un buon poliziotto. Lui dedica un’attenzioLa storia ne speciale, vista la sua indole di andare oltre il fatto criminoso in sé ma di comprenderne anche cause e motivazioni. Lui è un vero democratico, un progressista e pur deluso spesso dalla “dura” realtà di un mondo pieno di orrori e malefatte, spera sempre in un riscatto dei suoi simili. Sa benissimo che il male maggiore si annida proprio nei più alti centri di potere, nell’avidità di chi vuole sempre più soldi e forza, e quindi in questa Roma purtroppo all’avanguardia nel pr0gredire del “male”il lavoro non gli manca. In questa Roma tentacolare opera il nostro commissario costretto a precipitarsi sul luogo di un fattaccio, perché lui conosceva benissimo la vittima, un suo carissimo amico, un grande servitore dello Stato, da tempo ritiratosi a vita privata. IL curioso di questo fatto è che si tratta di un “delitto/suicidio” perché risulta che il professor Cusano si sia sparato mentre l’assassino lo colpiva a sua volta sparandogli di fronte e a breve distanza. Sarà un’indagine difficile che per la notorietà e la posizione passata della vittima tutti si interessano al caso, ministri, servizi, poteri dello stato.Ma sarà Gigi Marè a risolvere questo caso che lo “ferisce” direttamente.
La storia si svolge a Roma nel novembre del 1992. Una Roma gravata da una strana e persistente nebbia. Il commissario Gigi Marè si deve occupare di un caso particolarmente delicato e complicato, anche perché lo tocca da vicino in quanto la vittima è un amico, il famoso economista e professore Nicola Cusano, che è stato trovato riverso nella poltrona dietro la scrivania del suo studio, colpito da un proiettile sparato quasi a bruciapelo, ma contestualmente la vittima si è sparata con il proprio revolver. Suicidio? Omicidio? O meglio suicidio/omicidio? Il professore era amico intimo del nostro commissario, che ora deve superare il proprio dolore per dare giustizia a un uomo probo e di grande valore, un vero servitore dello Stato.
Marè, il nostro protagonista, ha…venti anni di esperienza sulle spalle,infatti questo "A Roma, Novembre" di Mario Quartucci è uscito in una prima edizione circa venti anni fa e che adesso ci viene riproposto dopo appunto la pubblicazione del 1999 in una edizione riveduta e corretta. In tutto questo tempo Quartucci e il suo protagonista sono stati attivissimi in tante altre storie. Dopo una vita dedicata alla politica il nostro autore si appassionò alla scrittura ed ecco che decise di scrivere un giallo, “questo giallo”, “una detective-story all’italiana” Nella prefazione che ora è anteposta al libro Quattrucci dice che scelse il “giallo” perché gli permetteva di raccontare dal vivo la società. Quindi non romanzi d’evasione ma il voler narrare la Roma- qui agisce il buon Marè, del nostro tempo, con le sue grandezze e le sue brutture, con i misteri e i misfatti di questa Italoia dove tutto si perpetua nel tempo. E infatti possiamo dire che quello che c’era di criminoso venti anni fa lo si ripete ancora oggi.
Una storia questa dove Roma riassume tutti i mali del Paese ma anche la voglia di reagire, di non abbassare la guardia, di impegnarsi. E quindi come ci sono queste consorterie del malaffare ci sono invece anche altri che si battono perché la giustizia trionfi.
Interessante, sin da questo primo romanzo, l’uso della lingua, non la lingua standardizzata sull’ignoranza della televisione e del cinema che anziché raccontare la realtà delle cose e evidenziare quello che non va, finisce per occultare il tutto in un linguaggio “neutro” una specie di pastone buono per tutti gli usi. Qui nel libro si adopra una forma di narrazione densa, graffiante, anche ruvida, come è il parlato di tutti i giorni con una espressività legata alla realtà delle cose che il nostro scrittore si è prefisso di raccontare.
Ma ecco che in questa Roma più “vera”, più reale si rappresentano protagonisti altrettanto reali, abbastanza “veri” perché solo così si può fare vedere una Roma”sanguigna” e tosta. E si comincia con questo commissario, un uomo “normale” che di fronte ai tanti che tramano a scapito della verità combatte, fortunatamente insieme ad altri, contro chi vuole nascondere la realtà delle cose. Una Roma vera, una lingua che si cerca di innovare, una maniera di raccontare che colpisce e attrae il lettore.
A questo protagonista viene imposto il nome di Marè, un omaggio al poeta Marè che impersonò la vera romanità. Nasce così Giggi Marè, creato sulla falsariga di un certo Ingravallo, molte le atmosfere e i modi di esprimersi gaddiani in questo romanzo, ma ha anche qualcosa del simenoniano Maigret, ma mentre mentre travalica il tempo senza mai curarsi della realtà politica e sociale, il personaggio di Quattrucci è uomo attento al tempo in cui vive,ha le sue idee anche politiche, e non si vuole sottomettere alla cultura del “volemose bene”. Lui invece vuole ch sia fatta giustizia, che sia rispettata la libertà di tutti, si da cercare di sciogliere i vari pastiicciacci che via via si presentano.
E così il nostro Gigi Marè si deve addentrare tra le acque infide della politica, dei traffici internazionali, dei servizi più o meno fedeli allo Stato, dei tanti misteri italici e internazionali. Ma dovrà anche addentrarsi nei segreti, nell’affannarsi anche malsano di una famiglia che crede amica e unita, ma che alla resa dei conti è profondamente divisa e di uno squallore unico, ben aderente del resto allo squallore di questa società purtroppo non certo migliorata in tutti questi anni. E Marè cammina tra i quartieri, passando per case, ville,trattorie, circoli esclusivi, uffici del tribunale, si recherà anche fuori dell’Urbe, il cammino da compiere per arrivare alla soluzione non sarà facile. Molti i personaggi che compaiono, maschili e femminili. Tutti delineati con buona padronanza di stile e di personalità, molto curati i dialoghi, un “giallo” che oggi che non si parla più di “letteratura di genere” ma di forma letteraria molto espressiva e reale, un giallo appunto questo di Quattrucci che sorprende per la modernità visto che è stato scritto venti anni fa.Si è detto più volte che le fortune del giallo sono dell’aver raccontato delle storie che hanno spesso descritto la vita del Paese con i suoi misteri e le sue trame. A Mario Quattrucci il merito di averlo compreso tanti anni fa.


leggi l'articolo integrale su giuseppepreviti.it
SCHEDA LIBRO   |   Stampa   |   Segnala  |  Ufficio Stampa

TUTTI GLI EVENTI

OGT newspaper
oggi
01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

LEGGI TUTTO