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Mangialibri di sabato 20 febbraio 2021
Notte di novilunio, campagna umbra. Una giovane coppietta č in intimitą dentro una macchina parcheggiata lontano dal centro abitato, in prossimitą di campi sterrati e vuoti. Alcuni spari...

di Davide Lamonarca
Notte di novilunio, campagna umbra. Una giovane coppietta è in intimità dentro una macchina parcheggiata lontano dal centro abitato, in prossimità di campi sterrati e vuoti. Alcuni spari da una figura avvolta dal buio trapassano il finestrino dell’auto e colpiscono a morte il ragazzo, e subito dopo la ragazza viene accoltellata e il suo corpo squarciato. Si aprono le indagini, con a capo il commissario Ilaria Del Poggio, e prima ancora una conferenza stampa, in cui si comunica il duplice omicidio. Un giornalista non manca di notare un altro doppio omicidio avvenuto un paio di mesi prima, e così la possibilità che il carnefice sia un serial killer: infatti il duplice omicidio di tempo prima, (distante pochi chilometri, ma sempre nella campagna umbra) vedeva coinvolta una coppia, lui ucciso da pistola e lei da coltellate, proprio come il caso su cui sta indagando il commissario Del Poggio. E come ultima coincidenza, entrambe le tragedie si sono svolte durante una notte di novilunio. Le armi usate, le dinamiche dell’aggressione e altro portano alla stessa conclusione già insinuata dal giornalista in conferenza stampa, ovvero che si tratti della stessa persona, che ci sia un serial killer in azione. Tutta la zona intorno a Roveto è stata messa al setaccio, ma nonostante questo un’altra coppia viene trovata uccisa, stavolta due ragazze che avevano una relazione segreta. Senza nessun indizio lasciato dall’assassino, il commissario procede a interrogare tutte le persone che “per lavoro, abitudine o… vizio” si trovano nei pressi della campagna di notte…


È un “nero” classico dai toni forti, cupi, quello scritto a quattro mani da Enrico Luceri e Antonio Tentori e pubblicato con la collana I gialli Oltre. La vicenda è ambientata nella campagna umbra e le vittime sono coppie di innamorati che cercano intimità nei luoghi più isolati, e soprattutto lontani da occhi indiscreti. Qualcuno però li osserva comunque, e applica la stessa brutale procedura per ogni agguato. I sospetti ricadono su Armando Portelli, un cosiddetto ‘guardone’ che segue le coppie per spiarle. Lavora come fornaio e percorre sempre proprio il tratto di strada vicino ai luoghi dei delitti, le coincidenze sono fin troppe. A questo punto interviene l’investigatore privato Ghelfi, vecchio amico del principale sospettato, a cui Armando chiede un aiuto disperato, in nome dell’antica amicizia. L’elemento agreste è centrale, e la campagna fa da sfondo a una storia di terrore, che per certi versi richiama la cronaca nera degli omicidi tra la fine degli anni sessanta e ottanta del cosiddetto Mostro di Firenze. L’ispettore Del Poggio e l’investigatore Ghelfi si mettono all’opera, ognuno a modo suo, cercando di ricostruire gli eventi, raccogliendo per lo più le voci di chi abita quel piccolo borgo, e di chi si trova nelle vicinanze per lavoro. I due autori, Luceri e Tentori, ci fanno entrare in una vicenda torrida, marginale, vicina all’horror, fatta di suspence e mistero, con una trama complessa e colpi di sorpresa.


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Mangialibri - sabato 20 febbraio 2021
Notte di novilunio, campagna umbra. Una giovane coppietta č in intimitą dentro una macchina parcheggiata lontano dal centro abitato, in prossimitą di campi sterrati e vuoti. Alcuni spari...

di Davide Lamonarca
Notte di novilunio, campagna umbra. Una giovane coppietta è in intimità dentro una macchina parcheggiata lontano dal centro abitato, in prossimità di campi sterrati e vuoti. Alcuni spari da una figura avvolta dal buio trapassano il finestrino dell’auto e colpiscono a morte il ragazzo, e subito dopo la ragazza viene accoltellata e il suo corpo squarciato. Si aprono le indagini, con a capo il commissario Ilaria Del Poggio, e prima ancora una conferenza stampa, in cui si comunica il duplice omicidio. Un giornalista non manca di notare un altro doppio omicidio avvenuto un paio di mesi prima, e così la possibilità che il carnefice sia un serial killer: infatti il duplice omicidio di tempo prima, (distante pochi chilometri, ma sempre nella campagna umbra) vedeva coinvolta una coppia, lui ucciso da pistola e lei da coltellate, proprio come il caso su cui sta indagando il commissario Del Poggio. E come ultima coincidenza, entrambe le tragedie si sono svolte durante una notte di novilunio. Le armi usate, le dinamiche dell’aggressione e altro portano alla stessa conclusione già insinuata dal giornalista in conferenza stampa, ovvero che si tratti della stessa persona, che ci sia un serial killer in azione. Tutta la zona intorno a Roveto è stata messa al setaccio, ma nonostante questo un’altra coppia viene trovata uccisa, stavolta due ragazze che avevano una relazione segreta. Senza nessun indizio lasciato dall’assassino, il commissario procede a interrogare tutte le persone che “per lavoro, abitudine o… vizio” si trovano nei pressi della campagna di notte…


È un “nero” classico dai toni forti, cupi, quello scritto a quattro mani da Enrico Luceri e Antonio Tentori e pubblicato con la collana I gialli Oltre. La vicenda è ambientata nella campagna umbra e le vittime sono coppie di innamorati che cercano intimità nei luoghi più isolati, e soprattutto lontani da occhi indiscreti. Qualcuno però li osserva comunque, e applica la stessa brutale procedura per ogni agguato. I sospetti ricadono su Armando Portelli, un cosiddetto ‘guardone’ che segue le coppie per spiarle. Lavora come fornaio e percorre sempre proprio il tratto di strada vicino ai luoghi dei delitti, le coincidenze sono fin troppe. A questo punto interviene l’investigatore privato Ghelfi, vecchio amico del principale sospettato, a cui Armando chiede un aiuto disperato, in nome dell’antica amicizia. L’elemento agreste è centrale, e la campagna fa da sfondo a una storia di terrore, che per certi versi richiama la cronaca nera degli omicidi tra la fine degli anni sessanta e ottanta del cosiddetto Mostro di Firenze. L’ispettore Del Poggio e l’investigatore Ghelfi si mettono all’opera, ognuno a modo suo, cercando di ricostruire gli eventi, raccogliendo per lo più le voci di chi abita quel piccolo borgo, e di chi si trova nelle vicinanze per lavoro. I due autori, Luceri e Tentori, ci fanno entrare in una vicenda torrida, marginale, vicina all’horror, fatta di suspence e mistero, con una trama complessa e colpi di sorpresa.


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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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