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Arrivano parole dal Jazz
Mangialibri di martedģ 2 marzo 2021
Arrivano parole dal jazz / oggi che cadono le foglie morte. / Raccontano di crolli e paradisi: / piano, sax contrabbasso, tromba / angeli che inventano melodie / per le lacrime e la gioia…

di Fabio Dell’Armi

“Arrivano parole dal jazz / oggi che cadono le foglie morte. / Raccontano di crolli e paradisi: / piano, sax contrabbasso, tromba / angeli che inventano melodie / per le lacrime e la gioia…”. Ci sono Le bocche d’oro del jazz come Chet Baker “anima vagabonda” o Dizzy Gillespie “Il genio che ha creato / infinite possibilità di improvvisazione”, Wayne Shorter, Paolo Fresu e la sua lentezza, poi Le donne che cantano il jazz, da Carmen McRae che “canta per l’universo intero” a Dee Dee Bridgewater che “con le parole / invita il mondo ad essere felice”. Seguono Le grandi mani del jazz da Charlie Mingus a Duke Ellington che “non sbaglia una nota / è un abile pianista / con una vita straordinaria nella sua musica”. Si conclude con sei componimenti senza personaggio oggetto di dedica, accomunati dal Perché amo il jazz ed una playlist con un brano suggerito per accompagnare la lettura dei versi dedicati a ciascun musicista…

Forse c’è da impelagarsi ancora una volta nell’annosa questione su cosa sia, o no, poesia. Superati gli schemi classici, le forme e le leggi metriche, altro non resta che il potere evocativo, la musicalità dei versi, il prescindere dalla logica del linguaggio corrente e le possibilità di ingenerare sinestesie e suggestioni che la prosa non può permettersi (e non è detto). Poesia su Ella Fitzgerald: “Ella non ha mai cantato / due volte allo stesso modo. / Non ha avuto rivali / nell’inventare con la voce / le varianti melodiche del jazz. / Si è sempre esibita per il suo pubblico / con l’incanto nel cuore / per donare di ogni parola / una meraviglia che non muore mai”. Scriviamolo di filato con punteggiatura canonica ed ecco che avremo una didascalia da rivista musicale, il profilo d’un personaggio, l’incipit di una biografia o una targa commemorativa. Nessuna evocazione, niente ritmo jazz, niente deragliamenti in stile bebop rispetto all’enunciazione ed alla semantica. Dispiace dirlo perché sicuramente la passione e l’amore di Nicola Vacca per il jazz sono autentici e sentiti ma, forse, meglio sarebbe stato, al pari di Sketches of Spain di Miles Davis, eseguire affreschi corredati dalle illustrazioni di Alfonso Avagliano senza il dichiarato marchio di “Poesia”, così come Miles Davis non pretese di fare di Sketches un disco di musica spagnola. Chiedo perdono per il gioco di parole, ma la prosaicità dei versi di Vacca è ben rappresentata in un passo dedicato a Dizzie Gillespy: “Con le guance gonfie / suonava trombe storte”, bella immagine… se non fosse che l’autore non usa “trombe storte” come l’immaginifico “paesaggio secco nel ginocchio” di Lorca, no, la tromba di Gillespie era realmente “storta” a seguito della piegatura dello strumento dopo un incidente… Billie Holiday è una figura che offre praterie sterminate alla poesia, eppure “…La grande signora / bella, complessa, vulnerabile / cadde negli abissi dei paradisi artificiali / per cacciare i suoi demoni. / La sua arte è ancora intatta / sui vinili Lady Billie Holiday / splende con il suo carico di malinconia”, sembra il commento ad una nuova raccolta della cantante cresciuta a Baltimora.



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Arrivano parole dal jazz / oggi che cadono le foglie morte. / Raccontano di crolli e paradisi: / piano, sax contrabbasso, tromba / angeli che inventano melodie / per le lacrime e la gioia…

di Fabio Dell’Armi

“Arrivano parole dal jazz / oggi che cadono le foglie morte. / Raccontano di crolli e paradisi: / piano, sax contrabbasso, tromba / angeli che inventano melodie / per le lacrime e la gioia…”. Ci sono Le bocche d’oro del jazz come Chet Baker “anima vagabonda” o Dizzy Gillespie “Il genio che ha creato / infinite possibilità di improvvisazione”, Wayne Shorter, Paolo Fresu e la sua lentezza, poi Le donne che cantano il jazz, da Carmen McRae che “canta per l’universo intero” a Dee Dee Bridgewater che “con le parole / invita il mondo ad essere felice”. Seguono Le grandi mani del jazz da Charlie Mingus a Duke Ellington che “non sbaglia una nota / è un abile pianista / con una vita straordinaria nella sua musica”. Si conclude con sei componimenti senza personaggio oggetto di dedica, accomunati dal Perché amo il jazz ed una playlist con un brano suggerito per accompagnare la lettura dei versi dedicati a ciascun musicista…

Forse c’è da impelagarsi ancora una volta nell’annosa questione su cosa sia, o no, poesia. Superati gli schemi classici, le forme e le leggi metriche, altro non resta che il potere evocativo, la musicalità dei versi, il prescindere dalla logica del linguaggio corrente e le possibilità di ingenerare sinestesie e suggestioni che la prosa non può permettersi (e non è detto). Poesia su Ella Fitzgerald: “Ella non ha mai cantato / due volte allo stesso modo. / Non ha avuto rivali / nell’inventare con la voce / le varianti melodiche del jazz. / Si è sempre esibita per il suo pubblico / con l’incanto nel cuore / per donare di ogni parola / una meraviglia che non muore mai”. Scriviamolo di filato con punteggiatura canonica ed ecco che avremo una didascalia da rivista musicale, il profilo d’un personaggio, l’incipit di una biografia o una targa commemorativa. Nessuna evocazione, niente ritmo jazz, niente deragliamenti in stile bebop rispetto all’enunciazione ed alla semantica. Dispiace dirlo perché sicuramente la passione e l’amore di Nicola Vacca per il jazz sono autentici e sentiti ma, forse, meglio sarebbe stato, al pari di Sketches of Spain di Miles Davis, eseguire affreschi corredati dalle illustrazioni di Alfonso Avagliano senza il dichiarato marchio di “Poesia”, così come Miles Davis non pretese di fare di Sketches un disco di musica spagnola. Chiedo perdono per il gioco di parole, ma la prosaicità dei versi di Vacca è ben rappresentata in un passo dedicato a Dizzie Gillespy: “Con le guance gonfie / suonava trombe storte”, bella immagine… se non fosse che l’autore non usa “trombe storte” come l’immaginifico “paesaggio secco nel ginocchio” di Lorca, no, la tromba di Gillespie era realmente “storta” a seguito della piegatura dello strumento dopo un incidente… Billie Holiday è una figura che offre praterie sterminate alla poesia, eppure “…La grande signora / bella, complessa, vulnerabile / cadde negli abissi dei paradisi artificiali / per cacciare i suoi demoni. / La sua arte è ancora intatta / sui vinili Lady Billie Holiday / splende con il suo carico di malinconia”, sembra il commento ad una nuova raccolta della cantante cresciuta a Baltimora.



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