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«L’ultimo ebreo»: un libro riuscito a metą (anzi: a due terzi)
La Bottega del Barbieri di giovedģ 25 marzo 2021
db ragiona su pregi e difetti del libro di Ivo Scanner.

Scrive molto bene Ivo Scanner e gią si sapeva. Dunque ho letto «L’ultimo ebreo» – Oltre edizioni: 390 pagine per 18 euri – con un pregiudizio positivo

di db
Scrive molto bene Ivo Scanner e già si sapeva. Dunque ho letto «L’ultimo ebreo» – Oltre edizioni: 390 pagine per 18 euri – con un pregiudizio positivo. La prima parte mi è parsa molto bella. Però la seconda mi è sembrata debolissima. Ma la lunga post-fazione di Fabio Giovannini è ottima. E dunque? 66 per cento sì, 33 no.
Racconto un po’ il libro. Cercando non fare spoiler (il veeeeero peccato mortale dei nostri tempi?).
Il libro si apre sull’«uomo più ricercato del mondo», Renzo Renna. Dalle prime pagine sappiamo che il nazismo ha vinto la guerra e che gli altri Paesi hanno via via consegnato gli ebrei. Dunque il folle sogno di Hitler si è realizzato: il 20 aprile 1958 mentre si festeggia il compleanno del Fuhrer il popolo ebreo è stato spazzato via… anzi no: si sta dando la caccia all’ultimo degli ebrei. Sino a pagina 171 – con inseguimenti, colpi di scena (uno clamoroso) e personaggi ben pensati – Ivo Scanner ci tiene avvinti.
Nella seconda parte totale cambio di scena: siamo in una periferia romana, non più nel 1958 “ucronico” dove il nazismo ha vinto ma ai giorni nostri (grosso modo) in un mondo simile a quello in cui viviamo. Ragazzi (soprattutto) e ragazze (di contorno) di un centro sociale – forse un po’ caricaturali – decidono di occupare la vecchia “casa Conchiglia” per salvarla dalla demolizione. E’ un posto dove nella seconda guerra mondiale nazisti e fascisti avevano fatto “brutte cose”. Questo dato e un personaggio – di più non posso dire senza svelar troppo – sono il legame con la prima parte. L’idea non era male ma la resa non funziona: a parte i faticosi (e inutili) passaggi narrativi dalla prima alla terza persona la trama non regge. Come già detto Ivo Scanner sa scrivere e dunque la suspence in certi momenti funziona ma… a lungo termine la vicenda si accartoccia.
Nelle 30 pagine finali Fabio Giovannini racconta – con sapienza, archivio e gusto per il particolare rivelatore – vita, morte e miracoli di «Ucronia: la storia che non fu (ma che poteva essere)». Preparatevi a una bella cavalcata fra Charles Renouvier (1876), Winston Churchill e Umberto Eco passando per Auguste Blanqui, Mark Twain, Vita Sackville-West, Jack Williamson, Murray Constantine (alias Katharine Burdekin), Ward Moore, Norman Spinrad, ovviamente Philip Dick, Philip Roth, Stephen King ecc per sbarcare in Italia incrociando, fra gli altri, Guido Morselli, Curzio Malaparte, Franco Cardini, Enrico Brizzi, Franco Ricciardiello (splendido il suo «Nell’ombra della Luna») sino a un manipolo di neofascisti, in testa Gianfranco De Turris e persino l’assassino (e poi suicida) Gianluca Casseri. Ottimo saggio a chiudere un libro bi-front


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Scrive molto bene Ivo Scanner e gią si sapeva. Dunque ho letto «L’ultimo ebreo» – Oltre edizioni: 390 pagine per 18 euri – con un pregiudizio positivo

di db
Scrive molto bene Ivo Scanner e già si sapeva. Dunque ho letto «L’ultimo ebreo» – Oltre edizioni: 390 pagine per 18 euri – con un pregiudizio positivo. La prima parte mi è parsa molto bella. Però la seconda mi è sembrata debolissima. Ma la lunga post-fazione di Fabio Giovannini è ottima. E dunque? 66 per cento sì, 33 no.
Racconto un po’ il libro. Cercando non fare spoiler (il veeeeero peccato mortale dei nostri tempi?).
Il libro si apre sull’«uomo più ricercato del mondo», Renzo Renna. Dalle prime pagine sappiamo che il nazismo ha vinto la guerra e che gli altri Paesi hanno via via consegnato gli ebrei. Dunque il folle sogno di Hitler si è realizzato: il 20 aprile 1958 mentre si festeggia il compleanno del Fuhrer il popolo ebreo è stato spazzato via… anzi no: si sta dando la caccia all’ultimo degli ebrei. Sino a pagina 171 – con inseguimenti, colpi di scena (uno clamoroso) e personaggi ben pensati – Ivo Scanner ci tiene avvinti.
Nella seconda parte totale cambio di scena: siamo in una periferia romana, non più nel 1958 “ucronico” dove il nazismo ha vinto ma ai giorni nostri (grosso modo) in un mondo simile a quello in cui viviamo. Ragazzi (soprattutto) e ragazze (di contorno) di un centro sociale – forse un po’ caricaturali – decidono di occupare la vecchia “casa Conchiglia” per salvarla dalla demolizione. E’ un posto dove nella seconda guerra mondiale nazisti e fascisti avevano fatto “brutte cose”. Questo dato e un personaggio – di più non posso dire senza svelar troppo – sono il legame con la prima parte. L’idea non era male ma la resa non funziona: a parte i faticosi (e inutili) passaggi narrativi dalla prima alla terza persona la trama non regge. Come già detto Ivo Scanner sa scrivere e dunque la suspence in certi momenti funziona ma… a lungo termine la vicenda si accartoccia.
Nelle 30 pagine finali Fabio Giovannini racconta – con sapienza, archivio e gusto per il particolare rivelatore – vita, morte e miracoli di «Ucronia: la storia che non fu (ma che poteva essere)». Preparatevi a una bella cavalcata fra Charles Renouvier (1876), Winston Churchill e Umberto Eco passando per Auguste Blanqui, Mark Twain, Vita Sackville-West, Jack Williamson, Murray Constantine (alias Katharine Burdekin), Ward Moore, Norman Spinrad, ovviamente Philip Dick, Philip Roth, Stephen King ecc per sbarcare in Italia incrociando, fra gli altri, Guido Morselli, Curzio Malaparte, Franco Cardini, Enrico Brizzi, Franco Ricciardiello (splendido il suo «Nell’ombra della Luna») sino a un manipolo di neofascisti, in testa Gianfranco De Turris e persino l’assassino (e poi suicida) Gianluca Casseri. Ottimo saggio a chiudere un libro bi-front


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