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Jean Sénac – poeta algerino ma anche un po' francese (e spagnolo)
Il vascello fantasma di sabato 27 marzo 2021
Cos’anno in comune Pier Paolo Pasolini, Federico García Lorca e Jean Sénac (1926-1973)? Semplice: la morte tragica inferta da una mano anonima al servizio di un potere che non tollerava un poeta omosessuale

di Lorenzo Pompeo
Morte alle mie ceneri

Morte alle mie ceneri, morte al marmo!
Quello che voglio è il desiderio,
la nera voluttà della sabbia,
lo scoppio colloso del sesso sotto la mano!

Quello che voglio è il cammino
del mare al sole, il pane
dalla bocca sulla piaga, il seno
dove poter riposare un poco questa miseria
infinita, questo mappamondo che da ogni parte
fa scoppiare la mia pelle, questa voluttà
più viva di quanto lo sia Dio al centro dell’ostia!

Ciò che voglio è sotto i tuoi occhi
cerchiati, poter gioire ancora fino al mattino
e tutto il giorno fino alla disperazione.
Quello che voglio è questa amara eternità della morte
che dà alle tue membra la loro violenza.

1° giugno 1958

Mort à mes cendres…

Mort à mes cendres, mort au marbre!
ce que je veux c’est le désir,
la noire volupté du sable,
l’éclat gluant du sexe sous la main!

Ce que je veux c’est le chemin
de la mer au soleil, le pain
de la bouche à la plaie, le sein
où pouvoir reposer un peu cette misère
infinie, cette mappemonde qui de toute part
fait éclater ma peau, cette volupté
plus vivante que Dieu au centre de l’hostie!

Ce que je veux c’est sous tes yeux
cernés pouvoir encore jouir jusqu’au matin
et tout le jour jusqu’à l’inespérance.
Ce que je veux c’est cette amère éternité de la mort
qui donne à tes membres leur violence.

 

Jean Sénac, Per una terra possibile, trad. di Ilaria Guidantoni, Oltre edizioni, Sestri Levante 2019, p. 357

Al lettore

Se lavoro onestamente mi offro una poesia
che potete cogliere se l’amate
non è un’esca ma un passo verso voi stessi
e la mia mano curata nascosta nella vostra mano.

La cura che Si è messa nel passarmi rotta
scafo e marinai, posso testimoniare,
fui vivace e preciso, la trasparenza stessa,
ma l’Ordine da dove viene e chi può designarlo?

Sono un piacere di Dio le parole sulle origini,
la sequela dei nostri morti o delle coscienze-chiave,
il canto profondo delle folle, così concentrato?

Davanti allo spazio chiaro e alla presenza grigia
nulla risponde al grido svergognato
ecco dunque, o lettore, un cammino che indico,
ma sono il solo ad averlo immaginato?

Au lecteur

Si je travaille franc je me donne un poème
que vous pouvez surprendre si vous l’aimez
ce n’est pas un appât mais un pas vers vous-même
et ma soigneuse main dans votre main cachée.

Le soin que l’On a mis à me passer le thème
la coque et les marins je peux en témoigner
je fus vif et précis, la transparence même
mais l’Ordre d’où vient-il et qui peut le nommer

Est-ce un plaisir de Dieu les mots de l’origine
le courant de nos morts ou des consciences-clés
le chant profond des foules à ce point concentré?

Devant l’espace clair et la présence grise
rien ne répond au cri dévergondé
voici donc ô lecteur un chemin que je signe
mais suis-je seul à l’avoir dessiné?

Ibidem, p. Ibidem, p. 437

 

Cos’anno in comune Pier Paolo Pasolini, Federico García Lorca e Jean Sénac (1926-1973)? Semplice: la morte tragica inferta da una mano anonima al servizio di un potere che non tollerava un poeta omosessuale. Difatti la figura del poeta algerino di lingua (e cultura) francese viene spesso accostato alla figura di Pasolini. Anche se a dire il vero poco altro li accomuna (Pasolini venne assassinato due anni dopo). Di sicuro Sénac conosceva e apprezzava molto la poesia del granadino, che lesse in lingua originale, dal momento che sua madre era spagnola. Jean Sénac era nato a Béni-Saf, piccolo porto a un centinaio di chilometri da Orano. Non conobbe suo padre (il cognome lo prese dal patrigno francese, dal quale la madre divorzierà nel 1933). Questa circostanza ebbe un peso rilevante nella sua biografia. Dopo la nascita illegittima del figlio, la madre si trasferì a Saint-Eugène, un popolare quartiere ebraico. Quella del poeta fu un’infanzia povera e devota all’ombra di una madre fervente cattolica, ma in un continuo contatto con le immagini delle altre due grandi religioni monoteiste. Questo sincretismo sarà la base di quel “cosmopolitismo mediterraneo” che caratterizzò la sua successiva produzione poetica. Nel 1942, a sedici anni, pubblica la prima poesia su una rivista ma le sue poesie successivamente appaiono più mature grazie alle letture di questi anni: i poeti decadenti, e soprattutto Paul Verlaine, che sarà il modello a cui si ispirò. Nel 1943 ottiene il brevetto d’insegnante primario e, nello stesso anno, fondò insieme a due amici d’infanzia l’Association des poètes obscurs. Al 1946 risalgono le prime letture di Federico García Lorca e, più o meno in questo periodo, di Albert Camus, che avrà modo di conoscere personalmente qualche anno dopo. Al 1947 risale l’inizio di una corrispondenza con lo scrittore francese, che sarà una figura determinante nella biografia intellettuale del poeta franco-algerino. Camus lo presenta qualche anno dopo con René Char e, al partire dal 1949, i due poeti cominciano a scriversi. In quell’anno Char patrocinò la pubblicazione di alcune poesie di Sénac sulla rivista «Empédocle». L’anno successivo i due si incontreranno a Marsiglia. Successivamente il poeta franco-algerino si trasferì a Parigi, dove sotto la protezione del suo amico Camus (lo aiutò finanziariamente e si adoperò per trovargli un lavoro) visse un paio di anni. Nel 1952 tornò ad Algeri. Sono gli anni in cui cova il conflitto tra le autorità francesi e i partitari dell’Indipendenza dell’Algeria. Sénac si avvicina agli ambienti nazionalisti, nei quali dall’anticolonialismo si stavano formando le basi di quelle rivendicazioni nazionali fatte proprie dal Front de Libération Nationale nel corso del lungo conflitto armato che insanguinò il paese tra il 1954 e il 1961, anno in cui con gli accordi di Évian misero fine al conflitto armato con la proclamazione dell’Algeria indipendente. Sempre nel 1954 Gallimard pubblicò Poèmes, la sua prima raccolta di poesie con la prefazione di René Char in una collana diretta da Albert Camus. A partire dal 1955 il suo impegno per la causa algerina sarà aperto e si rifletterà direttamente anche nella sua creazione poetica. Sénac diventa a partire da questa data un poeta engagée a tutti gli effetti. Al 1957 risale l’ultimo incontro con Camus. Emergono i primi dissidi tra i due per la diversa posizione in merito al conflitto franco-algerino che porteranno, l’anno successivo, a una clamorosa rottura. In quegli anni segnati dal conflitto armato il poeta è spesso in Francia o in Spagna, ma a partire dal 1962, subito dopo la fine della guerra, tornò stabilmente in Algeria. Negli anni successivi al suo ritorno ebbe cariche ufficiali: fu nominato consigliere del Ministero della Pubblica Istruzione, partecipò nel 1973 alla fondazione dell’Unione degli Scrittori algerini della quale sarà il segretario fino al 1967. Tuttavia con il colpo di stato di Houari Boumédiène, nel 1975, cessò ogni forma di collaborazione con le istituzioni governative. Sénac fu anche un instancabile promotore delle nuove tendenze dell’arte in Algeria: fondò nel 1954 una galleria d’arte, la Gallerie 54, che esisterà per un anno, nella quale organizzò una collettiva nella quale fu presentato un raggruppamento di pittori, i Peintres du signe. Allo stesso modo curò un’antologia di poeti algerini francofoni nella Anthologie de la nouvelle poésie algérienne del 1971. Tuttavia i rapporti con le autorità, a partire dal 1965, si deteriorano e anche le condizioni materiali del poeta si fecero più difficili. Fino alla notte tra il 29 e il 30 agosto, quando una mano ignota pose fine alla vita del poeta nello scantinato nel quale si era trasferito. La figura di Sénac è emblematica di una engagment legato a una particolare epoca. La sua poesia è prima di tutto l’espressione di un modo di essere. La figura del poeta rivoluzionario, di lontana (ma non troppo) ascendenza romantica, nell’accezione decadente, è la radice della sua poetica. L’enfasi che caratterizza i suoi versi ne è il limite e la forza, a seconda dei punti di vista.



leggi l'articolo integrale su Il vascello fantasma
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di Lorenzo Pompeo
Morte alle mie ceneri

Morte alle mie ceneri, morte al marmo!
Quello che voglio è il desiderio,
la nera voluttà della sabbia,
lo scoppio colloso del sesso sotto la mano!

Quello che voglio è il cammino
del mare al sole, il pane
dalla bocca sulla piaga, il seno
dove poter riposare un poco questa miseria
infinita, questo mappamondo che da ogni parte
fa scoppiare la mia pelle, questa voluttà
più viva di quanto lo sia Dio al centro dell’ostia!

Ciò che voglio è sotto i tuoi occhi
cerchiati, poter gioire ancora fino al mattino
e tutto il giorno fino alla disperazione.
Quello che voglio è questa amara eternità della morte
che dà alle tue membra la loro violenza.

1° giugno 1958

Mort à mes cendres…

Mort à mes cendres, mort au marbre!
ce que je veux c’est le désir,
la noire volupté du sable,
l’éclat gluant du sexe sous la main!

Ce que je veux c’est le chemin
de la mer au soleil, le pain
de la bouche à la plaie, le sein
où pouvoir reposer un peu cette misère
infinie, cette mappemonde qui de toute part
fait éclater ma peau, cette volupté
plus vivante que Dieu au centre de l’hostie!

Ce que je veux c’est sous tes yeux
cernés pouvoir encore jouir jusqu’au matin
et tout le jour jusqu’à l’inespérance.
Ce que je veux c’est cette amère éternité de la mort
qui donne à tes membres leur violence.

 

Jean Sénac, Per una terra possibile, trad. di Ilaria Guidantoni, Oltre edizioni, Sestri Levante 2019, p. 357

Al lettore

Se lavoro onestamente mi offro una poesia
che potete cogliere se l’amate
non è un’esca ma un passo verso voi stessi
e la mia mano curata nascosta nella vostra mano.

La cura che Si è messa nel passarmi rotta
scafo e marinai, posso testimoniare,
fui vivace e preciso, la trasparenza stessa,
ma l’Ordine da dove viene e chi può designarlo?

Sono un piacere di Dio le parole sulle origini,
la sequela dei nostri morti o delle coscienze-chiave,
il canto profondo delle folle, così concentrato?

Davanti allo spazio chiaro e alla presenza grigia
nulla risponde al grido svergognato
ecco dunque, o lettore, un cammino che indico,
ma sono il solo ad averlo immaginato?

Au lecteur

Si je travaille franc je me donne un poème
que vous pouvez surprendre si vous l’aimez
ce n’est pas un appât mais un pas vers vous-même
et ma soigneuse main dans votre main cachée.

Le soin que l’On a mis à me passer le thème
la coque et les marins je peux en témoigner
je fus vif et précis, la transparence même
mais l’Ordre d’où vient-il et qui peut le nommer

Est-ce un plaisir de Dieu les mots de l’origine
le courant de nos morts ou des consciences-clés
le chant profond des foules à ce point concentré?

Devant l’espace clair et la présence grise
rien ne répond au cri dévergondé
voici donc ô lecteur un chemin que je signe
mais suis-je seul à l’avoir dessiné?

Ibidem, p. Ibidem, p. 437

 

Cos’anno in comune Pier Paolo Pasolini, Federico García Lorca e Jean Sénac (1926-1973)? Semplice: la morte tragica inferta da una mano anonima al servizio di un potere che non tollerava un poeta omosessuale. Difatti la figura del poeta algerino di lingua (e cultura) francese viene spesso accostato alla figura di Pasolini. Anche se a dire il vero poco altro li accomuna (Pasolini venne assassinato due anni dopo). Di sicuro Sénac conosceva e apprezzava molto la poesia del granadino, che lesse in lingua originale, dal momento che sua madre era spagnola. Jean Sénac era nato a Béni-Saf, piccolo porto a un centinaio di chilometri da Orano. Non conobbe suo padre (il cognome lo prese dal patrigno francese, dal quale la madre divorzierà nel 1933). Questa circostanza ebbe un peso rilevante nella sua biografia. Dopo la nascita illegittima del figlio, la madre si trasferì a Saint-Eugène, un popolare quartiere ebraico. Quella del poeta fu un’infanzia povera e devota all’ombra di una madre fervente cattolica, ma in un continuo contatto con le immagini delle altre due grandi religioni monoteiste. Questo sincretismo sarà la base di quel “cosmopolitismo mediterraneo” che caratterizzò la sua successiva produzione poetica. Nel 1942, a sedici anni, pubblica la prima poesia su una rivista ma le sue poesie successivamente appaiono più mature grazie alle letture di questi anni: i poeti decadenti, e soprattutto Paul Verlaine, che sarà il modello a cui si ispirò. Nel 1943 ottiene il brevetto d’insegnante primario e, nello stesso anno, fondò insieme a due amici d’infanzia l’Association des poètes obscurs. Al 1946 risalgono le prime letture di Federico García Lorca e, più o meno in questo periodo, di Albert Camus, che avrà modo di conoscere personalmente qualche anno dopo. Al 1947 risale l’inizio di una corrispondenza con lo scrittore francese, che sarà una figura determinante nella biografia intellettuale del poeta franco-algerino. Camus lo presenta qualche anno dopo con René Char e, al partire dal 1949, i due poeti cominciano a scriversi. In quell’anno Char patrocinò la pubblicazione di alcune poesie di Sénac sulla rivista «Empédocle». L’anno successivo i due si incontreranno a Marsiglia. Successivamente il poeta franco-algerino si trasferì a Parigi, dove sotto la protezione del suo amico Camus (lo aiutò finanziariamente e si adoperò per trovargli un lavoro) visse un paio di anni. Nel 1952 tornò ad Algeri. Sono gli anni in cui cova il conflitto tra le autorità francesi e i partitari dell’Indipendenza dell’Algeria. Sénac si avvicina agli ambienti nazionalisti, nei quali dall’anticolonialismo si stavano formando le basi di quelle rivendicazioni nazionali fatte proprie dal Front de Libération Nationale nel corso del lungo conflitto armato che insanguinò il paese tra il 1954 e il 1961, anno in cui con gli accordi di Évian misero fine al conflitto armato con la proclamazione dell’Algeria indipendente. Sempre nel 1954 Gallimard pubblicò Poèmes, la sua prima raccolta di poesie con la prefazione di René Char in una collana diretta da Albert Camus. A partire dal 1955 il suo impegno per la causa algerina sarà aperto e si rifletterà direttamente anche nella sua creazione poetica. Sénac diventa a partire da questa data un poeta engagée a tutti gli effetti. Al 1957 risale l’ultimo incontro con Camus. Emergono i primi dissidi tra i due per la diversa posizione in merito al conflitto franco-algerino che porteranno, l’anno successivo, a una clamorosa rottura. In quegli anni segnati dal conflitto armato il poeta è spesso in Francia o in Spagna, ma a partire dal 1962, subito dopo la fine della guerra, tornò stabilmente in Algeria. Negli anni successivi al suo ritorno ebbe cariche ufficiali: fu nominato consigliere del Ministero della Pubblica Istruzione, partecipò nel 1973 alla fondazione dell’Unione degli Scrittori algerini della quale sarà il segretario fino al 1967. Tuttavia con il colpo di stato di Houari Boumédiène, nel 1975, cessò ogni forma di collaborazione con le istituzioni governative. Sénac fu anche un instancabile promotore delle nuove tendenze dell’arte in Algeria: fondò nel 1954 una galleria d’arte, la Gallerie 54, che esisterà per un anno, nella quale organizzò una collettiva nella quale fu presentato un raggruppamento di pittori, i Peintres du signe. Allo stesso modo curò un’antologia di poeti algerini francofoni nella Anthologie de la nouvelle poésie algérienne del 1971. Tuttavia i rapporti con le autorità, a partire dal 1965, si deteriorano e anche le condizioni materiali del poeta si fecero più difficili. Fino alla notte tra il 29 e il 30 agosto, quando una mano ignota pose fine alla vita del poeta nello scantinato nel quale si era trasferito. La figura di Sénac è emblematica di una engagment legato a una particolare epoca. La sua poesia è prima di tutto l’espressione di un modo di essere. La figura del poeta rivoluzionario, di lontana (ma non troppo) ascendenza romantica, nell’accezione decadente, è la radice della sua poetica. L’enfasi che caratterizza i suoi versi ne è il limite e la forza, a seconda dei punti di vista.



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OGT newspaper
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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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