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Intervista a Ernesto Berretti
il Giornale delle Buone Notizie di sabato 3 aprile 2021
Ernesto Berretti č nato a Catania nel 1968. Dopo aver vestito la maglia azzurra di canottaggio negli anni Ottanta, č stato arruolato in G. di F. Nel ’95 č stato Basco blu nella “UEO Danube Mission”, nella periferia meridionale romena, poco distante dal confine con la Serbia e dalla guerra nei Balcani...

Intervista a Ernesto Berretti

Intervista a Ernesto Berretti

Note biografiche

Ernesto Berretti è nato a Catania nel 1968. Dopo aver vestito la maglia azzurra di canottaggio negli anni Ottanta, è stato arruolato in G. di F. Nel ’95 è stato Basco blu nella “UEO Danube Mission”, nella periferia meridionale romena, poco distante dal confine con la Serbia e dalla guerra nei Balcani.

Ha scritto “Marie’, se stanotte russo… – Edizione Straordinaria”: la routine di una famiglia tipo attraverso l’analisi tragicomica di marito e padre. Alcuni suoi racconti completano raccolte edite da case editrici, enti pubblici e associazioni culturali. Oggi vive e lavora a Civitavecchia: NON NE SAPEVO NIENTE è il suo romanzo d’esordio.

  1. Ciao Ernesto, raccontaci come e quando hai deciso di mettere su carta l’incredibile esperienza che hai vissuto?

Avete presente i treni che vanno presi quando passano? Perfetto! Il mio treno è passato a fine presentazione dei libri BALCANICA e MASSACRO PER UN PRESIDENTE di Diego Zandel: ero l’ultimo della fila sia per avere una copia con dedica, sia per dirgli che, come lui, anch’io avevo vissuto nell’area Balcanica. Zandel si è mostrato subito incredulo nell’ascoltare della mia esperienza nell’estrema periferia romena da poco uscita dalla dittatura di Ceausescu e degli aneddoti sull’adattamento in quell’ambiente sconosciuto. Poi dalle sue domande è emerso il mio imbarazzo nel dovere ammettere che non sapevo niente dei reali motivi della guerra che dovevamo fermare. Dal canto suo Zandel ha ammesso di avere scoperto in quell’istante che, vicino alla Serbia, una piccola aliquota di finanzieri italiani ha calzato il Basco blu per la UEO e ha contribuito a fermare la guerra nei Balcani. Solo prima di lasciarlo si è presentato anche come direttore di collana per la casa editrice Oltre, e mi ha proposto di mettere tutto nero su bianco perché se quella storia era nuova per lui lo era anche per tantissime persone. «La tua è una storia da raccontare», mi ha detto: «Facciamola conoscere». Tornato a casa, dal cassetto dei ricordi, monete e fotografie si sono trasformate in emozioni e, piano-piano, sono tornate nel mio cuore da cinquantenne regalandomi nuovi inattesi punti di osservazione.

  1. Questa esperienza ti ha spalancato le porte della narrativa. Adesso continuerai a coltivare la passione per la letteratura?

Se questo libro ha spalancato le porte non lo so… non ti nascondo che qualche giorno prima della sua uscita avevo paura che gli amici romeni potessero fraintendermi e offendersi per le prime pagine, particolarmente dure e graffianti nei loro confronti. Ma ho scritto le vere sensazioni provate e non volevo fingere, nascondendole. La più grande emozione è stata riscontrare che la mia onestà è stata invece molto apprezzata da tutti i lettori, romeni e italiani. Ed è per questo che dopo l’incontro in Accademia di Romania è stato annunciato che il libro è stato scelto per essere distribuito in Romania, agli studenti della lingua italiana partecipanti al festival/concorso Festlettura, organizzato dall’associazione “Amici della lettura” con il sostegno dell’Istituto Italiano di Cultura e dell’Ambasciata d’Italia a Bucarest, un evento che propone ai giovani libri di autori italiani, classici e contemporanei, per un avvicinamento alla nostra cultura.

Quindi, se penso che ci saranno studenti romeni che vorrebbero “avermi sotto” per essere la causa di un quattro (e altri però prenderanno otto, grazie a me), forse continuare a coltivare la passione per la letteratura… si può fare! Rido.

  1. Quali sono gli autori ai quali ti ispiri e che rappresentano un punto di riferimento?

Oggi seguo molto Piergiorgio Pulixi, scrittore noir contemporaneo di grande tecnica ed eleganza. Ho avuto il privilegio di avere il suo “strillo” in questo libro. Devo dire che per la musicalità del suo stile e per il fatto che da ogni suo libro imparo qualcosa, è un eccellente riferimento. Leggo molti contemporanei, mi diverte confrontarne gli stili, li studio, sottolineo le cose più belle (sì, sottolineo un libro, è grave?), alterno letture maschili e femminili e ho trovato splendide le letture di Lidia Del Gaudio, di Simona Baldelli e, per la forza delle sue inchieste, di Angela Iantosca. Ho amato la scrittura di Attilio Veraldi per i dettagli nelle sue descrizioni, Remarque per essere riuscito a rendere lirico l’orrore della trincea e Orwell per avermi insegnato la forza delle metafore. Pirandello per giocare col caos che regna in ogni persona e Verga per l’intensità della scrittura. Leggo molto e ho tanti libri di autrici e autori contemporanei da iniziare. Una la conosci anche tu. Rido di nuovo e ti faccio l’occhiolino.

  1. Come concili la passione per la scrittura con il tuo lavoro e la famiglia?

Non è una cosa spontanea. C’è da dire che se tanti impegni si ostacolano a vicenda, allo stesso tempo arricchiscono la fantasia. È complesso ricordare tutto mentre devi valutare-decidere- rispondere-agire, perciò ho l’abitudine di annotare con un paio di parole chiave immagini, situazioni, pensieri e frasi che entrano nella mia giornata perché so che, potenzialmente, potrò cederle ai miei personaggi e alle mie trame. E scrivo regolarmente. Scrivo nei ritagli di tempo, di raccontini, pensieri, giochi di parole o idee. Già, idee…

  1. Vuoi parlarci dei tuoi progetti futuri? Cosa bolle in pentola?

Molti amici sostengono che io sia un tipo “vulcanico”. Forse per i miei natali catanesi? Può darsi. Sta di fatto che sono pieno di progetti.

Insieme ai soci dell’Associazione Culturale Book Faces progetto e realizzo eventi, rassegne, presentazioni, corsi e altre forme di alleggerimento legate alla lettura e alla scrittura.

Come autore, seguo con ottimismo il viaggio di NON NE SAPEVO NIENTE cosciente che sta diventando sempre più un’arma per combattere il pregiudizio verso “gli altri”. E poi c’è il mio nuovo romanzo, in cui ho preso spunto da ciò che un clochard mi ha raccontato sulla riva di un fiume.

Con mia moglie seguiamo il cammino dei nostri figli, due dei quali, i Bro Berri, fanno ballare nuovi sound e cantare testi particolari, mentre Francesca continua gli studi. Ah, e Shagghi mi detta storie stravaganti per “Il Giornale delle Buone Notizie”, nella rubrica “Le cronacanine di Canitavecchia”.

Della serie: non perdetemi di vista…



leggi l'articolo integrale su il Giornale delle Buone Notizie
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Ernesto Berretti č nato a Catania nel 1968. Dopo aver vestito la maglia azzurra di canottaggio negli anni Ottanta, č stato arruolato in G. di F. Nel ’95 č stato Basco blu nella “UEO Danube Mission”, nella periferia meridionale romena, poco distante dal confine con la Serbia e dalla guerra nei Balcani...

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Note biografiche

Ernesto Berretti è nato a Catania nel 1968. Dopo aver vestito la maglia azzurra di canottaggio negli anni Ottanta, è stato arruolato in G. di F. Nel ’95 è stato Basco blu nella “UEO Danube Mission”, nella periferia meridionale romena, poco distante dal confine con la Serbia e dalla guerra nei Balcani.

Ha scritto “Marie’, se stanotte russo… – Edizione Straordinaria”: la routine di una famiglia tipo attraverso l’analisi tragicomica di marito e padre. Alcuni suoi racconti completano raccolte edite da case editrici, enti pubblici e associazioni culturali. Oggi vive e lavora a Civitavecchia: NON NE SAPEVO NIENTE è il suo romanzo d’esordio.

  1. Ciao Ernesto, raccontaci come e quando hai deciso di mettere su carta l’incredibile esperienza che hai vissuto?

Avete presente i treni che vanno presi quando passano? Perfetto! Il mio treno è passato a fine presentazione dei libri BALCANICA e MASSACRO PER UN PRESIDENTE di Diego Zandel: ero l’ultimo della fila sia per avere una copia con dedica, sia per dirgli che, come lui, anch’io avevo vissuto nell’area Balcanica. Zandel si è mostrato subito incredulo nell’ascoltare della mia esperienza nell’estrema periferia romena da poco uscita dalla dittatura di Ceausescu e degli aneddoti sull’adattamento in quell’ambiente sconosciuto. Poi dalle sue domande è emerso il mio imbarazzo nel dovere ammettere che non sapevo niente dei reali motivi della guerra che dovevamo fermare. Dal canto suo Zandel ha ammesso di avere scoperto in quell’istante che, vicino alla Serbia, una piccola aliquota di finanzieri italiani ha calzato il Basco blu per la UEO e ha contribuito a fermare la guerra nei Balcani. Solo prima di lasciarlo si è presentato anche come direttore di collana per la casa editrice Oltre, e mi ha proposto di mettere tutto nero su bianco perché se quella storia era nuova per lui lo era anche per tantissime persone. «La tua è una storia da raccontare», mi ha detto: «Facciamola conoscere». Tornato a casa, dal cassetto dei ricordi, monete e fotografie si sono trasformate in emozioni e, piano-piano, sono tornate nel mio cuore da cinquantenne regalandomi nuovi inattesi punti di osservazione.

  1. Questa esperienza ti ha spalancato le porte della narrativa. Adesso continuerai a coltivare la passione per la letteratura?

Se questo libro ha spalancato le porte non lo so… non ti nascondo che qualche giorno prima della sua uscita avevo paura che gli amici romeni potessero fraintendermi e offendersi per le prime pagine, particolarmente dure e graffianti nei loro confronti. Ma ho scritto le vere sensazioni provate e non volevo fingere, nascondendole. La più grande emozione è stata riscontrare che la mia onestà è stata invece molto apprezzata da tutti i lettori, romeni e italiani. Ed è per questo che dopo l’incontro in Accademia di Romania è stato annunciato che il libro è stato scelto per essere distribuito in Romania, agli studenti della lingua italiana partecipanti al festival/concorso Festlettura, organizzato dall’associazione “Amici della lettura” con il sostegno dell’Istituto Italiano di Cultura e dell’Ambasciata d’Italia a Bucarest, un evento che propone ai giovani libri di autori italiani, classici e contemporanei, per un avvicinamento alla nostra cultura.

Quindi, se penso che ci saranno studenti romeni che vorrebbero “avermi sotto” per essere la causa di un quattro (e altri però prenderanno otto, grazie a me), forse continuare a coltivare la passione per la letteratura… si può fare! Rido.

  1. Quali sono gli autori ai quali ti ispiri e che rappresentano un punto di riferimento?

Oggi seguo molto Piergiorgio Pulixi, scrittore noir contemporaneo di grande tecnica ed eleganza. Ho avuto il privilegio di avere il suo “strillo” in questo libro. Devo dire che per la musicalità del suo stile e per il fatto che da ogni suo libro imparo qualcosa, è un eccellente riferimento. Leggo molti contemporanei, mi diverte confrontarne gli stili, li studio, sottolineo le cose più belle (sì, sottolineo un libro, è grave?), alterno letture maschili e femminili e ho trovato splendide le letture di Lidia Del Gaudio, di Simona Baldelli e, per la forza delle sue inchieste, di Angela Iantosca. Ho amato la scrittura di Attilio Veraldi per i dettagli nelle sue descrizioni, Remarque per essere riuscito a rendere lirico l’orrore della trincea e Orwell per avermi insegnato la forza delle metafore. Pirandello per giocare col caos che regna in ogni persona e Verga per l’intensità della scrittura. Leggo molto e ho tanti libri di autrici e autori contemporanei da iniziare. Una la conosci anche tu. Rido di nuovo e ti faccio l’occhiolino.

  1. Come concili la passione per la scrittura con il tuo lavoro e la famiglia?

Non è una cosa spontanea. C’è da dire che se tanti impegni si ostacolano a vicenda, allo stesso tempo arricchiscono la fantasia. È complesso ricordare tutto mentre devi valutare-decidere- rispondere-agire, perciò ho l’abitudine di annotare con un paio di parole chiave immagini, situazioni, pensieri e frasi che entrano nella mia giornata perché so che, potenzialmente, potrò cederle ai miei personaggi e alle mie trame. E scrivo regolarmente. Scrivo nei ritagli di tempo, di raccontini, pensieri, giochi di parole o idee. Già, idee…

  1. Vuoi parlarci dei tuoi progetti futuri? Cosa bolle in pentola?

Molti amici sostengono che io sia un tipo “vulcanico”. Forse per i miei natali catanesi? Può darsi. Sta di fatto che sono pieno di progetti.

Insieme ai soci dell’Associazione Culturale Book Faces progetto e realizzo eventi, rassegne, presentazioni, corsi e altre forme di alleggerimento legate alla lettura e alla scrittura.

Come autore, seguo con ottimismo il viaggio di NON NE SAPEVO NIENTE cosciente che sta diventando sempre più un’arma per combattere il pregiudizio verso “gli altri”. E poi c’è il mio nuovo romanzo, in cui ho preso spunto da ciò che un clochard mi ha raccontato sulla riva di un fiume.

Con mia moglie seguiamo il cammino dei nostri figli, due dei quali, i Bro Berri, fanno ballare nuovi sound e cantare testi particolari, mentre Francesca continua gli studi. Ah, e Shagghi mi detta storie stravaganti per “Il Giornale delle Buone Notizie”, nella rubrica “Le cronacanine di Canitavecchia”.

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OGT newspaper
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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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