Cusano infatti risulta deceduto per due colpi di pistola distinti: uno al cuore esploso dall’omicida e uno alla tempia esploso dal professore stesso in un gesto suicida. Per Marč...
Sinossi. Il commissario Marè, sornione, buongustaio, di apparenza un po’ tonta e di attardati dinamismi, uomo di buone letture appassionato di musica e pittura, si staglia ormai, nel panorama piuttosto qualunquistico dei protagonisti “gialli”, per un’inclinazione democratica che gli permette di vedere (e di soffrire) con occhio non soltanto tecnico le nefandezze e gli orrori coi quali viene in contatto. Marè è un progressista e, per quanto sfiduciato e illividito da troppi amari disinganni, non smette di operare per un mondo meno distorto nella sua anchilosi viziosa. Egli sa per esperienza che il male alligna soprattutto nei luoghi del potere e della ricchezza, ed è lì appunto che lo portano i labirinti che si trova di volta in volta a percorrere, con la sua mole cospicua e le sue malinconie inguaribili. Marè, quindi, ha felicemente affermato, in quel teatro complicato e oscuro che è Roma col suo hinterland, la presenza letteraria di un poliziotto a dimensione civile, figura assolutamente anomala e nuova sugli scenari della nostra narrativa.
Recensione
A Roma, fine anni ’90, il vice questore “Giggi” Marè si trova ad indagare su un pasticciaccio brutto a via Faustina: il professor Nicola Cusano viene ritrovato morto nel suo studio. Il fatto singolare è il doppio botto, avvertito come uno solo, raccontato dai testimoni.
Cusano infatti risulta deceduto per due colpi di pistola distinti: uno al cuore esploso dall’omicida e uno alla tempia esploso dal professore stesso in un gesto suicida. Per Marè è un bel problema, tanto più che questa morte lo tocca da vicino. Cusano era un suo buon amico ed era legato sentimentalmente a Marta, la sorella di Marè.
Il commissario conosce quindi tutta la famiglia e le vicende che la riguardano, eventi lieti e tristi, come la morte di Victorhugo, figlio di Cusano, avvenuta anni prima mentre lavorava per associazioni di volontariato in Africa. Il professore era uomo stimato, emerito studioso e consigliere politico di tutto rispetto, al corrente di molte delle beghe e degli intrighi di palazzo. Ecco così che la prima pista ad affacciarsi è proprio quella del terrorismo e della mafia e per Marè non sarà facile districarsi tra i drammi pubblici e privati che hanno devastato la vita del professore scomparso. Solo nel finale tutti i dubbi saranno dissipati e il colpevole consegnato alla giustizia.
Siamo di fronte a un romanzo particolare, un giallo classico a tutti gli effetti con omicidio, indagini e risoluzione di rito. Eppure oltre alla mera trama, che coinvolge il lettore nella ricerca dell’immancabile colpevole, c’è un altro risvolto, un’indagine parallela che si innesta nella politica e nella realtà italiana di vent’anni or sono e che resta tuttavia drammaticamente attuale.
Marè è un poliziotto disincantato, vive a Roma, anzi è immerso nella romanità che esprime attraverso il frequente uso del dialetto. E come abitante della capitale conosce bene il funzionamento dei palazzi e dei ministeri, dei servizi segreti e occulti. Il suo lavoro è cercare la verità, una verità spicciola che spesso sottende a verità ben più grandi che non possono essere rivelate e che non si riescono a riportare alla luce del sole. Inevitabili i paralleli, non solo linguistici, con l’Ingravallo di Gadda, protagonista di un’epoca così diversa eppure così simile a quella di Marè.
L’uso di molteplici dialetti, gli scorci cittadini, le riflessioni dei personaggi sono tutti elementi che contribuiscono a dare consistenza alla trama e a renderla viva.
Il testo di Quattrucci, ripubblicato a distanza di vent’anni, rimane fresco e attuale e parla di un’Italia che, ieri come oggi, si dibatte tra intrighi, lobby, misteri, governicchi, incapace di uscire dal pantano secolare della clientela e dei favoritismi. Un libro particolare, da leggere con calma riflettendo sui numerosi spunti offerti al lettore per osservare il nostro bel paese da un’angolazione particolare.
A cura di Cristina Bruno
http://fabulaeintreccio.blogspot.com/
Mario Quattrucci
(1936), impegnato dal 1953 nella vita politica e sociale, ha insegnato all’Istituto di Studi Comunisti, è stato membro del Comitato Centrale del PCI e lo ha rappresentato in Circoscrizioni, Comuni, Provincia e Regione. S’è occupato di arti visive, teatro, letteratura. Ha collaborato con giornali e riviste della sinistra. Poesia: La traccia; Oblò appannato; Perché un occhio l’osserva; Materia del contendere; Variazioni; Gra; Da una lingua marginale; Ogni giorno è quel giorno.
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