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'Il prossimo novilunio' di Enrico Luceri e Antonio Tentori
sololibri.net di venerdģ 9 aprile 2021
Thriller eccellente di due maestri del mistero che conducono i lettori nelle atmosfere rurali dell’Italia centrale interna, tanto analoghe a quelle in cui si sono svolte le vicende del mostro di Firenze.

di Felice Laudadio

Due ragazzi appartati in un’auto, in campagna. Uno sguardo cattivo li spia dal buio. Il giovane ucciso a colpi di pistola, lei trascinata fuori e straziata con un coltello. Accade nella “dolce campagna umbra”, ma è la chiara evocazione di un delitto del mostro di Firenze a condurre i lettori nelle pagine avvincenti di un poliziesco a tinte horror ma non troppo, firmato da due esperti del mistery-thriller. Sono Enrico Luceri e Antonio Tentori, autori nel 2020 di un gran bel romanzo, che consigliare non è solo facile, addirittura doveroso: Il prossimo novilunio (Oltre Edizioni, 264 pagine).

Sinceri complimenti alle due “firme”. Luceri è scrittore attivo e premiato, condotto dalla passione per il giallo a proporsi in una narrativa eccentrica rispetto ai suoi studi d’ingegneria. Il sodalizio con Antonio Tentori è nato nel 2018, con La voce nel buio: figlio del poeta Francesco Tentori Montalto e poeta a sua volta con debutto nel 1987, è un appassionato di cinema e addetto ai lavori della settima arte, ha collaborato con registi “da paura”, da Lucio Fulci a Joe D’Amato e Dario Argento e sceneggiato pellicole horror, genere di cui è anche saggista competente. Ha poi pubblicato, anche a quattro mani, saggi racconti e romanzi di mistero e terrore. In questo titolo gli si deve la componente più nera, mentre Luceri ha tinteggiato di giallo.

Quando il questore convoca i giornalisti per informare del duplice omicidio a Macchia dei Tassi, sa che l’assassino ha certamente agito con crudeltà, non ancora che si è mosso nell’oscurità totale in modo “veloce e implacabile”. Per Ilaria Del Poggio ha colpito da solo: è il commissario di polizia titolare delle indagini, una quarantenne risoluta e professionale, senza grilli per la testa e maquillage sul volto.
Ma più dell’omicida solitario, c’è una novità che impensierisce i rappresentanti dello Stato a Roveto. È un giornalista a collegare il duplice delitto a un altro accaduto un paio di mesi prima, sempre in una notte illune, in una contrada poco distante e ai danni di una coppietta che scambiava effusioni. Un serial killer è in azione nel cuore verde dell’Italia? La Polizia ha bisogno di risultati in breve tempo, perché presto la pressione dei media nazionali e dell’opinione pubblica si farà insostenibile.

La commissaria ha la sensazione che dietro questi delitti ci sia un piano: potrebbero anche non essere motivati essenzialmente da una pulsione sessuale malata, ma non vuole commettere l’errore d’innamorarsi di un’ipotesi e trascurare le altre. Deve interpretare tutti gli indizi e solo alla fine formulare tesi investigative valide.
Le tracce sul posto sono poche. Di chi si nasconde e agisce pressoché nessuna, né fisica né biologica. Niente da dire sulle vittime, due ragazze di provincia e due giovani semplici. Questo caso è una parete liscia e nera, commenta il questore.
Ci si organizza. Soprattutto nelle notti di novilunio vengono attivati servizi di controllo, ma giovani e criminale conoscono in zona più ripari sicuri della Polizia. Un’altra coppia appartata finisce sotto i colpi sadici.

Una serie di arresti ben aggiustati e i fermati si sbottonano: da un fotografo guardone, un benzinaio di campagna dal binocolo facile e tre bracconieri, la commissaria Del Poggio ricava l’identità di un fornaio, Portelli, che abita in un rustico poco lontano dal luogo degli agguati. Un uomo rozzo, dai lineamenti marcati, gli occhi sospettosi, che parla a scatti e si comporta come un animale braccato.
È attraverso questo imputato che entra in scena, la conquista tutta e non la lascia più, il vero protagonista del romanzo, l’investigatore privato Lorenzo Ghelfi, mezza età, alto, stempiato, pacato, riflessivo. L’avvocato d’ufficio dell’accusato lo contatta, perché Portelli non ha soldi per pagare un principe del foro e ha pensato al detective, compaesano di Spinaio, da cui farsi aiutare a uscire dai guai.
Basta uno sguardo a Ghelfi per convincersi che quel lontano amico sarà pure un passeggiatore notturno col vizio di spiare le coppiette, ma non ha il sangue freddo, la determinazione, di un assassino glaciale e calcolatore, ancora meno di un killer seriale tanto abile da non lasciare tracce nelle sue azioni al buio in campagna.

La vicenda scorre velocemente, con grande interesse e soddisfazione di chi legge, sempre più coinvolto in questo climax da catena di delitti di un mostro di provincia. C’è una coralità di personaggi, alcuni abbozzati quanto basta, altri più seguiti. Su tutti si levano di tante spanne l’investigatore privato e la commissaria, che hanno molto in comune caratterialmente. La tigna investigativa, soprattutto, pur entrando spesso in collisione. Ma il lavoro di Ghelfi sarà costantemente utile alle indagini della Polizia, sebbene il detective bucolico operi in solitaria, mentre le forze dell’ordine hanno dalla loro il vantaggio del numero.
Lorenzo segue varie piste, individua altri sospettabili e li scarta uno a uno, in un’inchiesta tutta svolta sotto lo sguardo dei lettori. Non si fa nessuna fatica a seguire un intreccio poliziesco valido, senza tante complicazioni. La storia scorre come un film e non è un modo di dire, vista la professionalità di uno dei coautori e la tempra giallistica collaudata dell’altro.
Il tempo consumato per leggere questo romanzo sarà certamente ben speso.



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Thriller eccellente di due maestri del mistero che conducono i lettori nelle atmosfere rurali dell’Italia centrale interna, tanto analoghe a quelle in cui si sono svolte le vicende del mostro di Firenze.

di Felice Laudadio

Due ragazzi appartati in un’auto, in campagna. Uno sguardo cattivo li spia dal buio. Il giovane ucciso a colpi di pistola, lei trascinata fuori e straziata con un coltello. Accade nella “dolce campagna umbra”, ma è la chiara evocazione di un delitto del mostro di Firenze a condurre i lettori nelle pagine avvincenti di un poliziesco a tinte horror ma non troppo, firmato da due esperti del mistery-thriller. Sono Enrico Luceri e Antonio Tentori, autori nel 2020 di un gran bel romanzo, che consigliare non è solo facile, addirittura doveroso: Il prossimo novilunio (Oltre Edizioni, 264 pagine).

Sinceri complimenti alle due “firme”. Luceri è scrittore attivo e premiato, condotto dalla passione per il giallo a proporsi in una narrativa eccentrica rispetto ai suoi studi d’ingegneria. Il sodalizio con Antonio Tentori è nato nel 2018, con La voce nel buio: figlio del poeta Francesco Tentori Montalto e poeta a sua volta con debutto nel 1987, è un appassionato di cinema e addetto ai lavori della settima arte, ha collaborato con registi “da paura”, da Lucio Fulci a Joe D’Amato e Dario Argento e sceneggiato pellicole horror, genere di cui è anche saggista competente. Ha poi pubblicato, anche a quattro mani, saggi racconti e romanzi di mistero e terrore. In questo titolo gli si deve la componente più nera, mentre Luceri ha tinteggiato di giallo.

Quando il questore convoca i giornalisti per informare del duplice omicidio a Macchia dei Tassi, sa che l’assassino ha certamente agito con crudeltà, non ancora che si è mosso nell’oscurità totale in modo “veloce e implacabile”. Per Ilaria Del Poggio ha colpito da solo: è il commissario di polizia titolare delle indagini, una quarantenne risoluta e professionale, senza grilli per la testa e maquillage sul volto.
Ma più dell’omicida solitario, c’è una novità che impensierisce i rappresentanti dello Stato a Roveto. È un giornalista a collegare il duplice delitto a un altro accaduto un paio di mesi prima, sempre in una notte illune, in una contrada poco distante e ai danni di una coppietta che scambiava effusioni. Un serial killer è in azione nel cuore verde dell’Italia? La Polizia ha bisogno di risultati in breve tempo, perché presto la pressione dei media nazionali e dell’opinione pubblica si farà insostenibile.

La commissaria ha la sensazione che dietro questi delitti ci sia un piano: potrebbero anche non essere motivati essenzialmente da una pulsione sessuale malata, ma non vuole commettere l’errore d’innamorarsi di un’ipotesi e trascurare le altre. Deve interpretare tutti gli indizi e solo alla fine formulare tesi investigative valide.
Le tracce sul posto sono poche. Di chi si nasconde e agisce pressoché nessuna, né fisica né biologica. Niente da dire sulle vittime, due ragazze di provincia e due giovani semplici. Questo caso è una parete liscia e nera, commenta il questore.
Ci si organizza. Soprattutto nelle notti di novilunio vengono attivati servizi di controllo, ma giovani e criminale conoscono in zona più ripari sicuri della Polizia. Un’altra coppia appartata finisce sotto i colpi sadici.

Una serie di arresti ben aggiustati e i fermati si sbottonano: da un fotografo guardone, un benzinaio di campagna dal binocolo facile e tre bracconieri, la commissaria Del Poggio ricava l’identità di un fornaio, Portelli, che abita in un rustico poco lontano dal luogo degli agguati. Un uomo rozzo, dai lineamenti marcati, gli occhi sospettosi, che parla a scatti e si comporta come un animale braccato.
È attraverso questo imputato che entra in scena, la conquista tutta e non la lascia più, il vero protagonista del romanzo, l’investigatore privato Lorenzo Ghelfi, mezza età, alto, stempiato, pacato, riflessivo. L’avvocato d’ufficio dell’accusato lo contatta, perché Portelli non ha soldi per pagare un principe del foro e ha pensato al detective, compaesano di Spinaio, da cui farsi aiutare a uscire dai guai.
Basta uno sguardo a Ghelfi per convincersi che quel lontano amico sarà pure un passeggiatore notturno col vizio di spiare le coppiette, ma non ha il sangue freddo, la determinazione, di un assassino glaciale e calcolatore, ancora meno di un killer seriale tanto abile da non lasciare tracce nelle sue azioni al buio in campagna.

La vicenda scorre velocemente, con grande interesse e soddisfazione di chi legge, sempre più coinvolto in questo climax da catena di delitti di un mostro di provincia. C’è una coralità di personaggi, alcuni abbozzati quanto basta, altri più seguiti. Su tutti si levano di tante spanne l’investigatore privato e la commissaria, che hanno molto in comune caratterialmente. La tigna investigativa, soprattutto, pur entrando spesso in collisione. Ma il lavoro di Ghelfi sarà costantemente utile alle indagini della Polizia, sebbene il detective bucolico operi in solitaria, mentre le forze dell’ordine hanno dalla loro il vantaggio del numero.
Lorenzo segue varie piste, individua altri sospettabili e li scarta uno a uno, in un’inchiesta tutta svolta sotto lo sguardo dei lettori. Non si fa nessuna fatica a seguire un intreccio poliziesco valido, senza tante complicazioni. La storia scorre come un film e non è un modo di dire, vista la professionalità di uno dei coautori e la tempra giallistica collaudata dell’altro.
Il tempo consumato per leggere questo romanzo sarà certamente ben speso.



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