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LANEGHE' ISOLA DEL MAR TENEBROSO. INTERVISTA ALLO SCRITTORE E ILLUSTRATORE BEPPE MECCONI
Voce Blu di venerdì 9 aprile 2021
Un'isola lontana. Carteggi consegnati da un misterioso sconosciuto. Un luogo popolato da animali strani in un clima pacifico e in armonia con un popolo saggio. E' un posto ideale della fantasia, peccato che non esista più nemmeno in essa, perchè questo atollo è proprio scomparso...

di Laura Bonelli

Un'isola lontana. Carteggi consegnati da un misterioso sconosciuto. Un luogo popolato da animali strani in un clima pacifico e in armonia con un popolo saggio. E' un posto ideale della fantasia, peccato che non esista più nemmeno in essa, perchè questo atollo è proprio scomparso.

Esce per Topffer Edizioni "Laneghè Isola del Mar Tenebroso", scritto da Beppe Mecconi, un testo illustrato perfetto sia per gli adulti che per i ragazzi.

L'autore è un artista a tutto tondo: poeta, pittore, scrittore. Ha diretto e sceneggiato film e documentari, tra le molte attività svolte nella sua lunga carriera è stato Presidente e Responsabile culturale del Museo Paleontologico nel castello di Lerici per 11 anni, producendo didattica, scienza, eventi artistici e culturali.

In questo libro Mecconi mette a frutto buona parte della sua formazione ma ciò che più colpisce è il richiamo a quel magnifico pensiero che risponde al nome di utopia, in grado di suscitare il desiderio di una terra ideale in cui rifugiarsi e trovare se stessi, sia essa nell'immaginazione oppure nel cuore.






... ma questo anziano signore l'hai incontrato davvero?

No, è un artificio letterario, un espediente narrativo che ho utilizzato per dare credibilità alla storia. Mi accorgo ora, rispondendo a questa domanda, che spesso uso questo "metodo" nei miei racconti. Credo si sia sedimentato in me, nella mia maniera di narrare intendo, dalle letture giovanili (e non solo in realtà), quando non raramente novelle e romanzi iniziavano appunto con un documento, o un incontro, dal quale si attingevano le basi per dimostrare che gli accadimenti successivi fossero fondati su fatti realmente avvenuti. Gli esempi possono essere davvero tanti...

 


La società che descrivi è un'utopia meravigliosa. A chi o cosa ti sei ispirato?

A nulla in realtà. Prima sono nati i disegni poi è venuta fuori la storia. Dove avrebbero potuto vivere questi strani animali e perchè non è rimasta nessuna traccia della loro esistenza? Mi serviva quindi un luogo dove farli agire. Un'isola sperduta e in seguito scomparsa, è stata la risposta. Ma chi aveva scoperto l'isola? Come c'era arrivato? Come era sopravvissuto e come hanno fatto ad arrivare a noi quei disegni? Ponendomi queste e molte altre domande è nato il mondo e la civiltà di Laneghè (che nel dialetto del levante ligure, che è quello di Angiolo, "l'autore dei disegni", significa: Non c'è, Non esiste) e, pezzetto alla volta, ha preso forma quella che, con mio grande piacere, chiami "utopia meravigliosa".

 


La fauna di Laneghè ricorda un po' i bestiari medievali. C'è un significato simbolico anche per essa?

No, nessun significato simbolico. Amo i bestiari medievali, ma volevo semplicemente divertirmi, e divertire mio figlio allora molto piccolo (entrambi innamorati di documentari naturalistici) inventando e descrivendo animali strani e/o buffi. Prima uno, poi un altro... e così s'è venuto a creare l'elenco completo. Il primo ad essere disegnato e descritto nei particolari è stato il Muc-o-don, Muccodonte in prima battuta, e parlo di venti e più anni fa. Sì, perché la prima stesura de "Il manoscritto di Laneghè" risale alla fine degli anni '90, periodo nel quale ho scritto e disegnato molti libri illustrati. Sai, quando lo mostravo alle case editrici dell'epoca, i direttori artistici impazzivano per quei disegni ma poi negli occhi dei direttori editoriali apparivano enormi punti interrogativi, non sapevano a chi indirizzarlo; ai bambini, ai ragazzi, agli adulti... In effetti non è di facilissima collocazione. Io penso che ora, avendo riscritto in gran parte il testo originale, sia adatto a chiunque abbia voglia di meravigliarsi ancora, di fantasticare, qualunque età possa avere.

 

Il Muccodonte

Perché hai scelto di narrare una società matriarcale?

Mi è venuto spontaneo. Io amo, onoro e rispetto profondamente le donne e l'eterno femminino. Ho sempre pensato che se governassero ci sarebbero molti meno problemi al mondo. In origine, ed era una conseguenza logica dato che è la donna che genera e mantiene la vita, l'organizzazione dell'umanità era a carattere matriarcale. La mitica, fulgida, Età dell'oro mediterranea con tutta probabilità era basata sul culto della Grande madre... poi gli uomini vollero il potere spirituale, quello politico, inventarono la proprietà privata, crearono miti per descrivere negativamente l'universo femminile: Eva, Medusa, le Amazzoni, le streghe, ce ne sono a migliaia... e le conseguenze le abbiamo ancora sotto agli occhi, ogni istante.

 

Credi che ognuno possa trovare la sua isola?

Una propria isola immaginaria e felice è possibile costruirsela dentro di sé, dove rifugiarsi quando proprio non gliela si fa più, utile, a volte necessaria.

Anche la buona lettura, il buon teatro il buon cinema possono essere isole felici, fanno visitare e vivere cento vite.

Avere il coraggio, o la follia, di abbandonare tutto per crearsi una vita diversa altrove, su una spiaggia ai tropici o in una baita in mezzo ai monti, può essere, per alcuni, l'isola felice.

Per altri sarà il donare sé stessi a chi soffre ogni giorno.

Un grande amore è l'isola felice.

Come il dedicarsi totalmente al proprio lavoro, alle passioni, alle arti.

Non rinunciare alla speranza può essere la propria isola...

E infatti l'ultima frase del racconto dice: Ma è bello sognare e forse Laneghè è sempre là, in pace, senza ricchi e senza poveri, senza ingiustizie e senza guerre e con ancora intatta tutta quanta la sua bellezza e la sua splendida perfetta armonia.



Beppe Mecconi



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Voce Blu - venerdì 9 aprile 2021
Un'isola lontana. Carteggi consegnati da un misterioso sconosciuto. Un luogo popolato da animali strani in un clima pacifico e in armonia con un popolo saggio. E' un posto ideale della fantasia, peccato che non esista più nemmeno in essa, perchè questo atollo è proprio scomparso...

di Laura Bonelli

Un'isola lontana. Carteggi consegnati da un misterioso sconosciuto. Un luogo popolato da animali strani in un clima pacifico e in armonia con un popolo saggio. E' un posto ideale della fantasia, peccato che non esista più nemmeno in essa, perchè questo atollo è proprio scomparso.

Esce per Topffer Edizioni "Laneghè Isola del Mar Tenebroso", scritto da Beppe Mecconi, un testo illustrato perfetto sia per gli adulti che per i ragazzi.

L'autore è un artista a tutto tondo: poeta, pittore, scrittore. Ha diretto e sceneggiato film e documentari, tra le molte attività svolte nella sua lunga carriera è stato Presidente e Responsabile culturale del Museo Paleontologico nel castello di Lerici per 11 anni, producendo didattica, scienza, eventi artistici e culturali.

In questo libro Mecconi mette a frutto buona parte della sua formazione ma ciò che più colpisce è il richiamo a quel magnifico pensiero che risponde al nome di utopia, in grado di suscitare il desiderio di una terra ideale in cui rifugiarsi e trovare se stessi, sia essa nell'immaginazione oppure nel cuore.






... ma questo anziano signore l'hai incontrato davvero?

No, è un artificio letterario, un espediente narrativo che ho utilizzato per dare credibilità alla storia. Mi accorgo ora, rispondendo a questa domanda, che spesso uso questo "metodo" nei miei racconti. Credo si sia sedimentato in me, nella mia maniera di narrare intendo, dalle letture giovanili (e non solo in realtà), quando non raramente novelle e romanzi iniziavano appunto con un documento, o un incontro, dal quale si attingevano le basi per dimostrare che gli accadimenti successivi fossero fondati su fatti realmente avvenuti. Gli esempi possono essere davvero tanti...

 


La società che descrivi è un'utopia meravigliosa. A chi o cosa ti sei ispirato?

A nulla in realtà. Prima sono nati i disegni poi è venuta fuori la storia. Dove avrebbero potuto vivere questi strani animali e perchè non è rimasta nessuna traccia della loro esistenza? Mi serviva quindi un luogo dove farli agire. Un'isola sperduta e in seguito scomparsa, è stata la risposta. Ma chi aveva scoperto l'isola? Come c'era arrivato? Come era sopravvissuto e come hanno fatto ad arrivare a noi quei disegni? Ponendomi queste e molte altre domande è nato il mondo e la civiltà di Laneghè (che nel dialetto del levante ligure, che è quello di Angiolo, "l'autore dei disegni", significa: Non c'è, Non esiste) e, pezzetto alla volta, ha preso forma quella che, con mio grande piacere, chiami "utopia meravigliosa".

 


La fauna di Laneghè ricorda un po' i bestiari medievali. C'è un significato simbolico anche per essa?

No, nessun significato simbolico. Amo i bestiari medievali, ma volevo semplicemente divertirmi, e divertire mio figlio allora molto piccolo (entrambi innamorati di documentari naturalistici) inventando e descrivendo animali strani e/o buffi. Prima uno, poi un altro... e così s'è venuto a creare l'elenco completo. Il primo ad essere disegnato e descritto nei particolari è stato il Muc-o-don, Muccodonte in prima battuta, e parlo di venti e più anni fa. Sì, perché la prima stesura de "Il manoscritto di Laneghè" risale alla fine degli anni '90, periodo nel quale ho scritto e disegnato molti libri illustrati. Sai, quando lo mostravo alle case editrici dell'epoca, i direttori artistici impazzivano per quei disegni ma poi negli occhi dei direttori editoriali apparivano enormi punti interrogativi, non sapevano a chi indirizzarlo; ai bambini, ai ragazzi, agli adulti... In effetti non è di facilissima collocazione. Io penso che ora, avendo riscritto in gran parte il testo originale, sia adatto a chiunque abbia voglia di meravigliarsi ancora, di fantasticare, qualunque età possa avere.

 

Il Muccodonte

Perché hai scelto di narrare una società matriarcale?

Mi è venuto spontaneo. Io amo, onoro e rispetto profondamente le donne e l'eterno femminino. Ho sempre pensato che se governassero ci sarebbero molti meno problemi al mondo. In origine, ed era una conseguenza logica dato che è la donna che genera e mantiene la vita, l'organizzazione dell'umanità era a carattere matriarcale. La mitica, fulgida, Età dell'oro mediterranea con tutta probabilità era basata sul culto della Grande madre... poi gli uomini vollero il potere spirituale, quello politico, inventarono la proprietà privata, crearono miti per descrivere negativamente l'universo femminile: Eva, Medusa, le Amazzoni, le streghe, ce ne sono a migliaia... e le conseguenze le abbiamo ancora sotto agli occhi, ogni istante.

 

Credi che ognuno possa trovare la sua isola?

Una propria isola immaginaria e felice è possibile costruirsela dentro di sé, dove rifugiarsi quando proprio non gliela si fa più, utile, a volte necessaria.

Anche la buona lettura, il buon teatro il buon cinema possono essere isole felici, fanno visitare e vivere cento vite.

Avere il coraggio, o la follia, di abbandonare tutto per crearsi una vita diversa altrove, su una spiaggia ai tropici o in una baita in mezzo ai monti, può essere, per alcuni, l'isola felice.

Per altri sarà il donare sé stessi a chi soffre ogni giorno.

Un grande amore è l'isola felice.

Come il dedicarsi totalmente al proprio lavoro, alle passioni, alle arti.

Non rinunciare alla speranza può essere la propria isola...

E infatti l'ultima frase del racconto dice: Ma è bello sognare e forse Laneghè è sempre là, in pace, senza ricchi e senza poveri, senza ingiustizie e senza guerre e con ancora intatta tutta quanta la sua bellezza e la sua splendida perfetta armonia.



Beppe Mecconi



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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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