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Jean Sénac e Jean Dubuffet
Il vascello fantasma di mercoledì 5 maggio 2021
Un aspetto meno noto della figura di Jean Sénac è la sua passione per l’arte. Da ragazzo, nel 1943 (aveva all’epoca diciassette anni) accarezzò l’idea di iscriversi all’Accademia di belle arti di Algeri perché dotato nel disegno, ma non avendo i mezzi per continuare gli studi


Popolamento delle terre
(litografia di Jean Dubuffet)

Come le anguille si accoppiano con l’angelo
tenebroso, vi sono in terra certe cose…
lontane da evitare, confusione di rose
di cui la lava deride il ricordo.

Nella terra di questi trionfi d’alghe
dalla gloria del Niente (terra e dio nel sangue decaduti!)
derrate della memoria, nichel dell’albero caduto,
una sola mano trattiene il brutale candore.

È là, tra le parole, che legge sotto la terra!
Che mitologia! Che muco! Leggera,
una mosca dei rifiuti misura la gravità.

Peuplement des terres
(lithographie de Jean Dubuffet)

Comme les anguilles s’accouplent à l’ange
ténébreux, il y a dans la terre de ces choses…
lointaines à nous épargner, fouillis de roses
dont la lave rend dérisoire le souvenir.

Dans la terre de ces triomphes d’algues
à la gloire de Rien (terre et dieu dans le sang déchus!)
denrées de la mémoire, nickel de l’arbre chu,
une seule main retient la brutale blancheur.

C’est là, parmi les mots, quelle loi sous la terre!
Quelle mythologie! Quelle morve! Légère,
une mouche à déchets fixe la pesanteur.

Rituale
(Su alcune sculture di Jean Dubuffet)

Terribile stregone, viso
di cosa avete parlato
che s’alzerebbe su queste ceneri
dove mugghiano i roseti?

Parole folli cuore folle
la verità vi assomiglia
morsa al ginocchio.

Terribile stregone che passa
prodigo d’indifferenza
per le tue suole, la speranza
fa un rumore di lutto e di sangue.

Parole folli, parole pazienti
la verità vi assomiglia
straniera sotto l’affronto.

Terribile strega, amore
che mi ha gettato sulla spugna
dove nascondi, in quale numero,
la chiave di accensione del giorno.

Cuore folle, parole sognanti
la verità vi somiglia
chi crede alla felicità.

Terribile maschera, futuro
la tua voce di bimba
è pioggia sulle mie tempie
o biglia d’acciaio.

Parole folli, cuore ferito
la verità vi somiglia
spigolatrice di scorie.

Parigi, 14 ottobre 1954

Rituel
(Sur des sculptures de Jean Dubuffet)

Terrible sorcier visage
de quoi venez-vous parler
qu’élèverait-on sur ces cendres
où mugissent les rosiers?

Mots fous cœur fou
la vérité vous ressemble
mordue au genou.

Terrible sorcier passant
prodigue d’indifférence
à tes semelles l’espérance
fait un bruit de crêpe et de sang.

Mots fous mots patients
la vérité vous ressemble
étrangère sous l’affront.

Terrible sorcière amour
qui m’a jeté sur l’éponge
où cachez-vous dans quel nombre
la clé de contact du jour.

Cœur fou mots rêveurs
la vérité vous ressemble
qui croit au bonheur.

Terrible masque avenir
ta voix de petite fille
est-elle pluie à mes tempes
ou bille d’acier.

Mots fous cœur frappé
la vérité vous ressemble
glaneuse de mâchefer

 

Un aspetto meno noto della figura di Jean Sénac è la sua passione per l’arte. Da ragazzo, nel 1943 (aveva all’epoca diciassette anni) accarezzò l’idea di iscriversi all’Accademia di belle arti di Algeri perché dotato nel disegno, ma non avendo i mezzi per continuare gli studi, dovette cominciare a lavorare come insegnante (aveva appena ottenuto il brevetto d’insegnamento primario). Tuttavia la passione per l’arte lo accompagnò per tutta la sua vita. Fu amico dei pittori franco-algerini Jean de Maisonseul (1912-1999) e Sauveur Galliéro (1914-1963). Per questa generazione di pittori fu fondamentale l’arrivo ad Algeri del pittore catalano esule Alfred Figueras, amico di Picasso, di Le Courbusier e di Albert Camus, che nel 1925, durante la dittatura di Primo de Ribera in Spagna, si era rifugiato nella capitale algerina (vi rimase fino al 1930), dove aveva aperto una scuola, l’accademia “Arts”, alla quale si formò Jean de Maisonseul. Galliéro nella formazione del giovane Sénac (essendo nato nel 1924 era di dodici anni più giovane) fu una figura rilevante. Quando nel 1946 il poeta ventiduenne si trasferì nel quartiere di Bab el-oued (dove Galliéro era nato e dove viveva) ad Algeri, partecipò insieme agli amici pittori alla fondazione del circolo di artisti che si raccolse intorno alla rivista «Soleil» da lui fondata nel 1950 (fu attiva fino al 1952). Fu questo un periodo fondamentale per Sénac: in questi anni incontrò Albert Camus (per la prima volta nel 1948), entrò in contatto con René Char (la prima lettera è datata al 1949). Nel 1950 Sénac e Galliéro ricevettero una borsa della fondazione Laurent-Vuibert rispettivamente per le lettere e le arti plastiche, cosa che permise ai due di viaggiare e studiare in Francia. Fu una svolta nella biografia intellettuale del poeta (nel 1954 Gallimard pubblicò Poèmes, la sua prima silloge con la prefazione di René Char, nella collana diretta da Albert Camus).

Dopo la proclamazione dell’Algeria indipendente, nel 1962, quando Sénac poté tornare ad Algeri, il poeta divenne una figura di riferimento importante per i nuovi artisti algerini. Nel 1954 infatti aveva fondato la “Gallerie 54”, nella quale poterono esporre giovani pittori, tra cui si mise in luce l’artista Mohamed Khadda, considerato tra i fondatori della moderna pittura algerina. Sénac ebbe un ruolo rilevante nell’affermazione, nei primi anni ’60, della generazione dei cosiddetti “Peintres du signe” (in it. “pittori del segno” – termine creato dallo stesso Sénac), i quali promuovevano un’arte astratta ispirata alla grafia dell’arabo.

Jean Dubuffet (Le Havre, 31 luglio 1901 – Parigi, 12 maggio 1985), pittore, scultore e artista figurativo francese di primissimo piano a cui sono dedicate queste due liriche, conobbe Sénac (esiste una corrispondenza tra i due recentemente pubblicata). No non fu solo un artista, ma anche un teorico: fu il primo a teorizzare e introdurre il concetto di “Art brut”, a interessarsi, a studiare e valorizzare le espressioni artistiche degli emarginati o dei malati mentali: pitture, sculture, calligrafie, a cui riconosceva essersi lui stesso ispirato. Fu anche l’autore di vigorose critiche alla cultura dominante, in particolare nel suo saggio Asphyxiante culture (1968), che crea una polemica sul mondo dell’arte. In occasione della prima esposizione della sua collezione d’art brut che organizza nel 1949, redige un trattato, L’Art brut préféré aux arts culturels. La sua collezione personale, la Collection de l’art brut, che raggruppava, dopo il 1945, degli artisti scoperti nelle prigioni, nei manicomi, emarginati di ogni sorta, allora proprietà della Compagnie de l’art brut fondata nel 1948, sarebbe dovuta restare a Parigi. Ma i rinvii dell’amministrazione francese hanno spinto Dubuffet aaccettare l’offerta della città di Losanna in Svizzera, dove la collezione è stata sistemata nel castello di Beaulieu e infine donata. Quello che intercorse tra l’artista francese e il poeta algerino francofono fu non solo un rapporto di ammirazione di stima, ma anche una convergenza ideale che trovò nelle poesie di Sénac una consonanza profonda.



leggi l'articolo integrale su Il vascello fantasma
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Il vascello fantasma - mercoledì 5 maggio 2021
Un aspetto meno noto della figura di Jean Sénac è la sua passione per l’arte. Da ragazzo, nel 1943 (aveva all’epoca diciassette anni) accarezzò l’idea di iscriversi all’Accademia di belle arti di Algeri perché dotato nel disegno, ma non avendo i mezzi per continuare gli studi


Popolamento delle terre
(litografia di Jean Dubuffet)

Come le anguille si accoppiano con l’angelo
tenebroso, vi sono in terra certe cose…
lontane da evitare, confusione di rose
di cui la lava deride il ricordo.

Nella terra di questi trionfi d’alghe
dalla gloria del Niente (terra e dio nel sangue decaduti!)
derrate della memoria, nichel dell’albero caduto,
una sola mano trattiene il brutale candore.

È là, tra le parole, che legge sotto la terra!
Che mitologia! Che muco! Leggera,
una mosca dei rifiuti misura la gravità.

Peuplement des terres
(lithographie de Jean Dubuffet)

Comme les anguilles s’accouplent à l’ange
ténébreux, il y a dans la terre de ces choses…
lointaines à nous épargner, fouillis de roses
dont la lave rend dérisoire le souvenir.

Dans la terre de ces triomphes d’algues
à la gloire de Rien (terre et dieu dans le sang déchus!)
denrées de la mémoire, nickel de l’arbre chu,
une seule main retient la brutale blancheur.

C’est là, parmi les mots, quelle loi sous la terre!
Quelle mythologie! Quelle morve! Légère,
une mouche à déchets fixe la pesanteur.

Rituale
(Su alcune sculture di Jean Dubuffet)

Terribile stregone, viso
di cosa avete parlato
che s’alzerebbe su queste ceneri
dove mugghiano i roseti?

Parole folli cuore folle
la verità vi assomiglia
morsa al ginocchio.

Terribile stregone che passa
prodigo d’indifferenza
per le tue suole, la speranza
fa un rumore di lutto e di sangue.

Parole folli, parole pazienti
la verità vi assomiglia
straniera sotto l’affronto.

Terribile strega, amore
che mi ha gettato sulla spugna
dove nascondi, in quale numero,
la chiave di accensione del giorno.

Cuore folle, parole sognanti
la verità vi somiglia
chi crede alla felicità.

Terribile maschera, futuro
la tua voce di bimba
è pioggia sulle mie tempie
o biglia d’acciaio.

Parole folli, cuore ferito
la verità vi somiglia
spigolatrice di scorie.

Parigi, 14 ottobre 1954

Rituel
(Sur des sculptures de Jean Dubuffet)

Terrible sorcier visage
de quoi venez-vous parler
qu’élèverait-on sur ces cendres
où mugissent les rosiers?

Mots fous cœur fou
la vérité vous ressemble
mordue au genou.

Terrible sorcier passant
prodigue d’indifférence
à tes semelles l’espérance
fait un bruit de crêpe et de sang.

Mots fous mots patients
la vérité vous ressemble
étrangère sous l’affront.

Terrible sorcière amour
qui m’a jeté sur l’éponge
où cachez-vous dans quel nombre
la clé de contact du jour.

Cœur fou mots rêveurs
la vérité vous ressemble
qui croit au bonheur.

Terrible masque avenir
ta voix de petite fille
est-elle pluie à mes tempes
ou bille d’acier.

Mots fous cœur frappé
la vérité vous ressemble
glaneuse de mâchefer

 

Un aspetto meno noto della figura di Jean Sénac è la sua passione per l’arte. Da ragazzo, nel 1943 (aveva all’epoca diciassette anni) accarezzò l’idea di iscriversi all’Accademia di belle arti di Algeri perché dotato nel disegno, ma non avendo i mezzi per continuare gli studi, dovette cominciare a lavorare come insegnante (aveva appena ottenuto il brevetto d’insegnamento primario). Tuttavia la passione per l’arte lo accompagnò per tutta la sua vita. Fu amico dei pittori franco-algerini Jean de Maisonseul (1912-1999) e Sauveur Galliéro (1914-1963). Per questa generazione di pittori fu fondamentale l’arrivo ad Algeri del pittore catalano esule Alfred Figueras, amico di Picasso, di Le Courbusier e di Albert Camus, che nel 1925, durante la dittatura di Primo de Ribera in Spagna, si era rifugiato nella capitale algerina (vi rimase fino al 1930), dove aveva aperto una scuola, l’accademia “Arts”, alla quale si formò Jean de Maisonseul. Galliéro nella formazione del giovane Sénac (essendo nato nel 1924 era di dodici anni più giovane) fu una figura rilevante. Quando nel 1946 il poeta ventiduenne si trasferì nel quartiere di Bab el-oued (dove Galliéro era nato e dove viveva) ad Algeri, partecipò insieme agli amici pittori alla fondazione del circolo di artisti che si raccolse intorno alla rivista «Soleil» da lui fondata nel 1950 (fu attiva fino al 1952). Fu questo un periodo fondamentale per Sénac: in questi anni incontrò Albert Camus (per la prima volta nel 1948), entrò in contatto con René Char (la prima lettera è datata al 1949). Nel 1950 Sénac e Galliéro ricevettero una borsa della fondazione Laurent-Vuibert rispettivamente per le lettere e le arti plastiche, cosa che permise ai due di viaggiare e studiare in Francia. Fu una svolta nella biografia intellettuale del poeta (nel 1954 Gallimard pubblicò Poèmes, la sua prima silloge con la prefazione di René Char, nella collana diretta da Albert Camus).

Dopo la proclamazione dell’Algeria indipendente, nel 1962, quando Sénac poté tornare ad Algeri, il poeta divenne una figura di riferimento importante per i nuovi artisti algerini. Nel 1954 infatti aveva fondato la “Gallerie 54”, nella quale poterono esporre giovani pittori, tra cui si mise in luce l’artista Mohamed Khadda, considerato tra i fondatori della moderna pittura algerina. Sénac ebbe un ruolo rilevante nell’affermazione, nei primi anni ’60, della generazione dei cosiddetti “Peintres du signe” (in it. “pittori del segno” – termine creato dallo stesso Sénac), i quali promuovevano un’arte astratta ispirata alla grafia dell’arabo.

Jean Dubuffet (Le Havre, 31 luglio 1901 – Parigi, 12 maggio 1985), pittore, scultore e artista figurativo francese di primissimo piano a cui sono dedicate queste due liriche, conobbe Sénac (esiste una corrispondenza tra i due recentemente pubblicata). No non fu solo un artista, ma anche un teorico: fu il primo a teorizzare e introdurre il concetto di “Art brut”, a interessarsi, a studiare e valorizzare le espressioni artistiche degli emarginati o dei malati mentali: pitture, sculture, calligrafie, a cui riconosceva essersi lui stesso ispirato. Fu anche l’autore di vigorose critiche alla cultura dominante, in particolare nel suo saggio Asphyxiante culture (1968), che crea una polemica sul mondo dell’arte. In occasione della prima esposizione della sua collezione d’art brut che organizza nel 1949, redige un trattato, L’Art brut préféré aux arts culturels. La sua collezione personale, la Collection de l’art brut, che raggruppava, dopo il 1945, degli artisti scoperti nelle prigioni, nei manicomi, emarginati di ogni sorta, allora proprietà della Compagnie de l’art brut fondata nel 1948, sarebbe dovuta restare a Parigi. Ma i rinvii dell’amministrazione francese hanno spinto Dubuffet aaccettare l’offerta della città di Losanna in Svizzera, dove la collezione è stata sistemata nel castello di Beaulieu e infine donata. Quello che intercorse tra l’artista francese e il poeta algerino francofono fu non solo un rapporto di ammirazione di stima, ma anche una convergenza ideale che trovò nelle poesie di Sénac una consonanza profonda.



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OGT newspaper
oggi
01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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