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LA DISSENNATA RICERCA DELLA BELLEZZA PERFETTA DI CORPO E ANIMA
Fenice Bookstore di gioved 1 luglio 2021
Che cosa lega un anonimo autore della Scapigliatura di fine Ottocento a uno spietato serial killer che agisce nella Milano di fine millennio? Sono le stesse macabre gesta, narrate in un manoscritto e replicate in modo assolutamente parallelo, folle e criminale da un pericoloso assassino.

di Cinzia Esposito

Che cosa lega un anonimo autore della Scapigliatura di fine Ottocento a uno spietato serial killer che agisce nella Milano di fine millennio? Sono le stesse macabre gesta, narrate in un manoscritto e replicate in modo assolutamente parallelo, folle e criminale da un pericoloso assassino.

Questa è la trama di “Sublime anima di donna” , il bel romanzo noir di Claudia Salvatori – scrittrice di thriller e romanzi storici, sceneggiatrice di fumetti e storyliner cinematografici – scritto nel 2001 e vincitore del Premio Scerbanenco, che Oltre Edizioni, con scelta felice, ripropone tra i suoi titoli.

Tutto è declinato al femminile: donne le vittime e donne le due protagoniste chiamate ad indagare su questa intricata e apparentemente inspiegabile vicenda.

Una è la ghost writer di un politico, Mariarita Fortis, che in una libreria antiquaria scopre un’opera inedita e anonima “Sublime anima di donna” e la pubblica sulla propria pagina web, presentandolo come un caso letterario per amanti del genere e con l’intento di richiamare magari l’attenzione di un editore e poterne curare un saggio. Peccato però che il manoscritto narri di un uomo che, per inseguire un alienato ideale di bellezza, uccide ragazze avvenenti, asportando loro una parte del corpo, per poi riunire tutte le membra e raggiungere così la perfezione di carne e anima, appunto la sublime anima di donna. Cioè proprio quello che un emulatore sta compiendo – sempre a Milano e nelle stesse cruente modalità – disperdendo i poveri resti delle vittime nei canali dei Navigli.

L’altra è una coraggiosa detective privata, Stella del Fante, “figlia d’arte”, titolare dell’agenzia investigativa paterna, che collabora con la polizia, molto spesso in modo determinante e risolutivo. Moglie separata di un fotografo di gossip di basso profilo e “madre della domenica” di un figlio comunque molto amato, Stella si tuffa nelle situazioni più spericolate e pericolose in prima persona e senza paura, per assaporare quella sensazione unica che provano le vittime prima di essere elininate.

Maria Rita e Stella non potrebbero essere più diverse, eppure durante l’indagine nasce una forte amicizia tra loro, che le porterà a condividere esperienze personali e reciproche conoscenze familiari, dove il compenetrarsi l’una nell’altra compenserà le fragilità e le imperfezioni reciproche.

Definite “Indagatrici dell’immaginario”, le due donne viaggiando diacronicamente nel tempo riusciranno a identificare l’anonimo autore del manoscritto ottocentesco. Così il lettore, in modo fluido e niente affatto forzato, verrà catapultato negli anni Sessanta del diciannovesimo secolo e si imbatterà nei personaggi più famosi della Scapigliatura lombarda, da Emilio Praga a Camillo Boito, da Giuseppe Rovani a Igino Tarchetti, ma anche in modelle di pittori, in maitresse, in tenutarie di pensioni, tutti descritti in modo vivido e realistico, attraverso gli occhi del giovane romanziere. Sarà un tuffo nella Milano di fine Ottocento, immaginata nei suoi palazzi d’epoca e nelle modeste pensioni, in colorite osterie, nei romantici fiacre e negli inquietanti laboratori di anatomia, che agli albori della rivoluzione industriale, faceva i conti con la crisi della cultura positivista e la disillusione e il disinganno dopo i moti risorgimentali,

I salti temporali di “Sublime anima di donna” non confondono, anzi esaltano il piani narrativo, in un rimando parallelo di ambientazioni, dove l’osteria degli Scapigliati fa da contraltare al bistrot contemporaneo dei cosiddetti “pirati della costa” e il laboratorio di anatomia “fine de siecle” si contrappone allo studio abbacinante, asettico e spettrale di un famoso chirurgo plastico.

Anche il finale del libro, che certo non anticiperemo, è coerente alla trama e funzionale.

Un’opera davvero riuscita per Claudia Salvatori che, grazie a questa riedizione, merita di incontrare di nuovo, e se possibile ancor di più, il giusto riconoscimento e apprezzamento del pubblico.

 

Claudia Salvatori, Sublime anima di donna, Oltre Edizioni – Collana I Gialli Oltre, Pagg. 506 – €. 18,00



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Che cosa lega un anonimo autore della Scapigliatura di fine Ottocento a uno spietato serial killer che agisce nella Milano di fine millennio? Sono le stesse macabre gesta, narrate in un manoscritto e replicate in modo assolutamente parallelo, folle e criminale da un pericoloso assassino.

di Cinzia Esposito

Che cosa lega un anonimo autore della Scapigliatura di fine Ottocento a uno spietato serial killer che agisce nella Milano di fine millennio? Sono le stesse macabre gesta, narrate in un manoscritto e replicate in modo assolutamente parallelo, folle e criminale da un pericoloso assassino.

Questa è la trama di “Sublime anima di donna” , il bel romanzo noir di Claudia Salvatori – scrittrice di thriller e romanzi storici, sceneggiatrice di fumetti e storyliner cinematografici – scritto nel 2001 e vincitore del Premio Scerbanenco, che Oltre Edizioni, con scelta felice, ripropone tra i suoi titoli.

Tutto è declinato al femminile: donne le vittime e donne le due protagoniste chiamate ad indagare su questa intricata e apparentemente inspiegabile vicenda.

Una è la ghost writer di un politico, Mariarita Fortis, che in una libreria antiquaria scopre un’opera inedita e anonima “Sublime anima di donna” e la pubblica sulla propria pagina web, presentandolo come un caso letterario per amanti del genere e con l’intento di richiamare magari l’attenzione di un editore e poterne curare un saggio. Peccato però che il manoscritto narri di un uomo che, per inseguire un alienato ideale di bellezza, uccide ragazze avvenenti, asportando loro una parte del corpo, per poi riunire tutte le membra e raggiungere così la perfezione di carne e anima, appunto la sublime anima di donna. Cioè proprio quello che un emulatore sta compiendo – sempre a Milano e nelle stesse cruente modalità – disperdendo i poveri resti delle vittime nei canali dei Navigli.

L’altra è una coraggiosa detective privata, Stella del Fante, “figlia d’arte”, titolare dell’agenzia investigativa paterna, che collabora con la polizia, molto spesso in modo determinante e risolutivo. Moglie separata di un fotografo di gossip di basso profilo e “madre della domenica” di un figlio comunque molto amato, Stella si tuffa nelle situazioni più spericolate e pericolose in prima persona e senza paura, per assaporare quella sensazione unica che provano le vittime prima di essere elininate.

Maria Rita e Stella non potrebbero essere più diverse, eppure durante l’indagine nasce una forte amicizia tra loro, che le porterà a condividere esperienze personali e reciproche conoscenze familiari, dove il compenetrarsi l’una nell’altra compenserà le fragilità e le imperfezioni reciproche.

Definite “Indagatrici dell’immaginario”, le due donne viaggiando diacronicamente nel tempo riusciranno a identificare l’anonimo autore del manoscritto ottocentesco. Così il lettore, in modo fluido e niente affatto forzato, verrà catapultato negli anni Sessanta del diciannovesimo secolo e si imbatterà nei personaggi più famosi della Scapigliatura lombarda, da Emilio Praga a Camillo Boito, da Giuseppe Rovani a Igino Tarchetti, ma anche in modelle di pittori, in maitresse, in tenutarie di pensioni, tutti descritti in modo vivido e realistico, attraverso gli occhi del giovane romanziere. Sarà un tuffo nella Milano di fine Ottocento, immaginata nei suoi palazzi d’epoca e nelle modeste pensioni, in colorite osterie, nei romantici fiacre e negli inquietanti laboratori di anatomia, che agli albori della rivoluzione industriale, faceva i conti con la crisi della cultura positivista e la disillusione e il disinganno dopo i moti risorgimentali,

I salti temporali di “Sublime anima di donna” non confondono, anzi esaltano il piani narrativo, in un rimando parallelo di ambientazioni, dove l’osteria degli Scapigliati fa da contraltare al bistrot contemporaneo dei cosiddetti “pirati della costa” e il laboratorio di anatomia “fine de siecle” si contrappone allo studio abbacinante, asettico e spettrale di un famoso chirurgo plastico.

Anche il finale del libro, che certo non anticiperemo, è coerente alla trama e funzionale.

Un’opera davvero riuscita per Claudia Salvatori che, grazie a questa riedizione, merita di incontrare di nuovo, e se possibile ancor di più, il giusto riconoscimento e apprezzamento del pubblico.

 

Claudia Salvatori, Sublime anima di donna, Oltre Edizioni – Collana I Gialli Oltre, Pagg. 506 – €. 18,00



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OGT newspaper
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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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