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domenica 18 luglio 2021
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In libreria GLI OCCHI DI LAVINIA (Oltre edizioni, 2021)

Gianclaudio de Angelini ha cominciato a pubblicare su Facebook le sue poesie in italiano e in istrioto (il dialetto istroveneto parlato soprattutto a Rovigno e Dignano) e i suoi haiku. L’istrioto è un dialetto che l’esodo ha parecchio svuotato, con la sua gente che se n’è andata dai luoghi dove si parlava, e che con l’arrivo in quegli stessi luoghi di gente proveniente da varie parte della ex Jugoslavia (croati dell’interno, serbi, kosovari) nulla hanno a che fare con il passato e le tradizioni non solo linguistiche di queste zone. Il valore della poesia di Gianclaudio de Angelini in istrioto sta anche, oltre che nella sua bellezza e musicalità, nell’essere una delle ultime testimonianze della sua esistenza.

74. IL CORVO

Ogni giorno viene il corvo
Le oscure penne ad agitare
La gracchiante voce ad intonare
Il nero corvo non me lo levo d’intorno
Il suo richiamo m’invidia il sole
Le sue ali un’atra notte.

Gianclaudio de Angelini è nato nel 1950 a Rovigno d’Istria. La sua famiglia andò in esilio nell’agosto del 1951. Dal 1956 risiede nel Villaggio Giuliano, ora Quartiere Giuliano Dalmata di Roma. Tornato la prima volta a Rovigno nell’estate del 1960, ha incominciato sin d’allora a interessarsi della storia, del dialetto e delle tradizioni della sua terra d’origine. Nel 1997 ha vinto il primo premio della Sezione in Vernacolo del Premio di Poesia LAURENTUM, con El sèigo da pera, componimento nell’istrioto di Rovigno, l’antico linguaggio dell’Istria meridionale. Nel dicembre 1997 ha pubblicato il volumetto Poesia dell’esodo a due Voci insieme al dott. Marino Micich, figlio di esuli dalmati, con la prefazione del Dott. Amleto Ballarini, a cui ha fatto seguito il volumetto di poesia Zbrèinduli da biechi – Brandelli di stracci pubblicato nel 2010, con il quale nel 2018 ha vinto il primo premio della XVI edizione del “Premio Tanzella” nella Sezione Poesia. Cultore della poesia breve di stampo ermetico si è naturalmente avvicinato al mondo degli haiku. Alcune sue composizioni sono raccolte nell’antologia Autunno edita nel 2013 e Inverno edita nel 2016 pubblicate nella collana Hanami (Edizioni della Sera). Consigliere della Società di Studi Fiumani, ricopre attualmente la carica di vice Presidente dell’Associazione per la cultura fiumana, istriana e dalmata nel Lazio. Ha pubblicato saggi, articoli e partecipato a conferenze nell’ambito della storia e della cultura della sua terra d’origine. Co-fondatore della Mailing List Histria (M.L.H.) e ideatore dell’omonimo Premio letterario indetto per i ragazzi delle Comunità Italiane dell’Istria, di Fiume e Dalmazia, giunto quest’anno alla sua 18° edizione. Dal 2019 è redattore de “La Voce della Famia Ruvignisa” organo della diaspora rovignese. Ha pubblicato svariati saggi sulla storia rovignese e sulla questione giuliana nella Rivista di studi adriatici “Fiume” e negli Atti del Centro di Ricerche Storiche di Rovigno.

VIII
Basilisco, Devescovi, Segariol
Benussi, Baricchio, Malusà
Dandolo, Zorzi, Venier
Borme, Rismondo, Cherin
Fagarazzi, Zorzetti, Sbrissai
Costantini, Califfi, Angelini
Burla, Caenazzo, Maraspin
Ive, Pergolis, Abbà
e poi Massarotto, Calucci, Dapiran
Sponza, Bobicchio, Giuricin.
Vecchi cognomi della nostra città
ora siete sparsi a migliaia per tutta la terra,
ma nel cuore cantate con le note squillanti
di una vecchia canzone.
Vecchia più della “Viecia Batana”,
vecchia come le pietre, vecchia come il mare,
vecchia come te, Rovigno mia

VIII
Baʃileîsco, Daviscuvi, Sigariol
Binoûsi, Bareîcio, Maluʃà
Dandulo, ʃuòrʃi, Venier
Buorme, Riʃmondo, Cireîn
Fagarasi, ʃorʃeti, ʃbrisai
Custanteîni, Caleîfi, Angileîni
Boûrla, Caenaso, Maraspeîn
Eîve, Piergulis, Abà
e puoi Masaruoto, Caloûci, Dapiran
Sponʃa, Bubeîcio, Giuriceîn.
Vieci cugnomi de la nostra sità
uora i signide sparnisadi a miera par doûta la tièra,
ma int’el cor cantide cu li nuote sciasoûʃe
de oûna viecia canson.
Viecia pioûn de la “Viecia Batana” ,
viecia cume li pere, viecia cume el mar,
viecia cume teî, Ruveîgno mièa.

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'Gli occhi di Lavinia' di Giancarlo de Angelini
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In libreria GLI OCCHI DI LAVINIA (Oltre edizioni, 2021)

Gianclaudio de Angelini ha cominciato a pubblicare su Facebook le sue poesie in italiano e in istrioto (il dialetto istroveneto parlato soprattutto a Rovigno e Dignano) e i suoi haiku. L’istrioto è un dialetto che l’esodo ha parecchio svuotato, con la sua gente che se n’è andata dai luoghi dove si parlava, e che con l’arrivo in quegli stessi luoghi di gente proveniente da varie parte della ex Jugoslavia (croati dell’interno, serbi, kosovari) nulla hanno a che fare con il passato e le tradizioni non solo linguistiche di queste zone. Il valore della poesia di Gianclaudio de Angelini in istrioto sta anche, oltre che nella sua bellezza e musicalità, nell’essere una delle ultime testimonianze della sua esistenza.

74. IL CORVO

Ogni giorno viene il corvo
Le oscure penne ad agitare
La gracchiante voce ad intonare
Il nero corvo non me lo levo d’intorno
Il suo richiamo m’invidia il sole
Le sue ali un’atra notte.

Gianclaudio de Angelini è nato nel 1950 a Rovigno d’Istria. La sua famiglia andò in esilio nell’agosto del 1951. Dal 1956 risiede nel Villaggio Giuliano, ora Quartiere Giuliano Dalmata di Roma. Tornato la prima volta a Rovigno nell’estate del 1960, ha incominciato sin d’allora a interessarsi della storia, del dialetto e delle tradizioni della sua terra d’origine. Nel 1997 ha vinto il primo premio della Sezione in Vernacolo del Premio di Poesia LAURENTUM, con El sèigo da pera, componimento nell’istrioto di Rovigno, l’antico linguaggio dell’Istria meridionale. Nel dicembre 1997 ha pubblicato il volumetto Poesia dell’esodo a due Voci insieme al dott. Marino Micich, figlio di esuli dalmati, con la prefazione del Dott. Amleto Ballarini, a cui ha fatto seguito il volumetto di poesia Zbrèinduli da biechi – Brandelli di stracci pubblicato nel 2010, con il quale nel 2018 ha vinto il primo premio della XVI edizione del “Premio Tanzella” nella Sezione Poesia. Cultore della poesia breve di stampo ermetico si è naturalmente avvicinato al mondo degli haiku. Alcune sue composizioni sono raccolte nell’antologia Autunno edita nel 2013 e Inverno edita nel 2016 pubblicate nella collana Hanami (Edizioni della Sera). Consigliere della Società di Studi Fiumani, ricopre attualmente la carica di vice Presidente dell’Associazione per la cultura fiumana, istriana e dalmata nel Lazio. Ha pubblicato saggi, articoli e partecipato a conferenze nell’ambito della storia e della cultura della sua terra d’origine. Co-fondatore della Mailing List Histria (M.L.H.) e ideatore dell’omonimo Premio letterario indetto per i ragazzi delle Comunità Italiane dell’Istria, di Fiume e Dalmazia, giunto quest’anno alla sua 18° edizione. Dal 2019 è redattore de “La Voce della Famia Ruvignisa” organo della diaspora rovignese. Ha pubblicato svariati saggi sulla storia rovignese e sulla questione giuliana nella Rivista di studi adriatici “Fiume” e negli Atti del Centro di Ricerche Storiche di Rovigno.

VIII
Basilisco, Devescovi, Segariol
Benussi, Baricchio, Malusà
Dandolo, Zorzi, Venier
Borme, Rismondo, Cherin
Fagarazzi, Zorzetti, Sbrissai
Costantini, Califfi, Angelini
Burla, Caenazzo, Maraspin
Ive, Pergolis, Abbà
e poi Massarotto, Calucci, Dapiran
Sponza, Bobicchio, Giuricin.
Vecchi cognomi della nostra città
ora siete sparsi a migliaia per tutta la terra,
ma nel cuore cantate con le note squillanti
di una vecchia canzone.
Vecchia più della “Viecia Batana”,
vecchia come le pietre, vecchia come il mare,
vecchia come te, Rovigno mia

VIII
Baʃileîsco, Daviscuvi, Sigariol
Binoûsi, Bareîcio, Maluʃà
Dandulo, ʃuòrʃi, Venier
Buorme, Riʃmondo, Cireîn
Fagarasi, ʃorʃeti, ʃbrisai
Custanteîni, Caleîfi, Angileîni
Boûrla, Caenaso, Maraspeîn
Eîve, Piergulis, Abà
e puoi Masaruoto, Caloûci, Dapiran
Sponʃa, Bubeîcio, Giuriceîn.
Vieci cugnomi de la nostra sità
uora i signide sparnisadi a miera par doûta la tièra,
ma int’el cor cantide cu li nuote sciasoûʃe
de oûna viecia canson.
Viecia pioûn de la “Viecia Batana” ,
viecia cume li pere, viecia cume el mar,
viecia cume teî, Ruveîgno mièa.

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OGT newspaper
oggi
01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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