Quotidiano del sud di giovedě 2 dicembre 2021
Oggi ho il turno pomeridiano
la casa č come l’ho lasciata ieri
se ci sarŕ vento le foglie si solleveranno
Sancho resterŕ solo come i vecchi al parco
ma con l’odore della mia giacca
e io che gli dico “a breve ritorno”.
Solitamente le parole rimandano ad altre parole...
la casa č come l’ho lasciata ieri
se ci sarŕ vento le foglie si solleveranno
Sancho resterŕ solo come i vecchi al parco
ma con l’odore della mia giacca
e io che gli dico “a breve ritorno”.
Solitamente le parole rimandano ad altre parole...
di Salvatore Marrazzo

Tenaci nella loro memoria. Se la memoria è l’indice/qui serve una mano. Nel parco o nel “Viale” alberato che, qualche volta, lui scrive con la maiuscola, Manicardi insieme al suo Sancho osserva e descrive quel poco che lo circonda con un’empatia toccante, leggera, quasi celebrante. I vecchi sono i veri dipendenti del giorno/sembra che marchino le ore di uscita/ognuno seduto al proprio posto/come impiegati del parco. Un dialogo serrato, una prosa ferma e cedevole ma che rivela il mondo. A un certo punto/dovevo per forza di cose/rallentare il passo su questo viale/che termina con l’insegna “Modena”./Perché Modena non finisce. Quel luogo, quei pochi passi sono il “tutto” che è il mondo. La sua sospensione e la sua più intima e irredimibile esistenza. Il gatto ne era un esempio./Il merlo saltella qui come in tutto il resto del Mondo. A sud di Modena, Manicardi sembra descrivere l’universo. Ed è come se la natura riemergesse con la sola grazia dello sguardo.
– Ogni poeta, se si spinge un po’ a fondo, scrive Roland Barthes, finisce per avvicinarsi al naturalista. – Chissà? Magari è l’incedere dimesso che permette all’occhio di vedere con più attenzione, con più nostalgia, con più sensibilità. Ci sono l’insetto stecco, l’ape, una mantide religiosa, la rana, la talpa, il gufo, la lucertola, il ragno, la carpa, il finocchietto selvatico, la zolla d’erba, la begonia rossa, la luna, i pollini nell’aria. C’è la pelle dell’uomo. C’è il suonatore di pianoforte. C’è Nanak, il giovane indiano Sikh. C’è la poesia. Questa irrefrenabile e docile sostanza che lascia che le cose ricompaiano nella loro giusta misura. E si distinguano. Un bel libro quello del poeta modenese, che mobilita atmosfere ghirriane così come gli accordi di un Pavese disilluso e placido. A lei, alla poesia, allora, non si può che chiedere in quale punto sia il suo silenzio? E la risposta non potrebbe che essere un tropo. Oppure no? La poesia, scrive il chiosatore, è una cosa onesta. E va sempre raccontata (e vissuta) con la passione del testimone.
Nicola Manicardi, Carne e sangue, Oltre Edizioni, pagg. 77
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