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INTERVISTA ALLA SCRITTRICE SANJA HIBLOVIC REGAZZONI
Arte news di sabato 18 dicembre 2021
Ogni artista trova in sč la forza per elaborare qualcosa che gią vive ma che soltanto un bravo artista riesce a tirare fuori ed a trasmettere agli altri. E' questo il caso della brava scrittrice Sanja Hiblovic e del suo libro " Il tendone dei Sogni", questa la sua intervista per il nostro portale

di Matilde Murolo


1- Come nasce il tuo libro e qual è il messaggio che vuole trasmettere ai lettori?

A questa domanda vorrei rispondere con un passo del libro:
“Ero in piedi su un sentiero non ancora percorso. Dovevo decidere se tornare indietro, vivere nel passato, se rimanere incerta, oppure se andare avanti nello scoprire me stessa. Decisi di andare avanti sicura di incontrare di nuovo meravigliosi paesaggi di vita e colori che avrei potuto stendere sulla tela dell’anima. Doveva essere completamente intatta, in modo che le nuove sfumature non si mischiassero alle vecchie. Ma per arrivare a quel risultato ci sarebbe voluto del tempo. Dovevo cercare nel passato l'origine dei pensieri che come una ragnatela si ricamavano intorno a me.”
Ecco, così ho iniziato a scrivere “Il tendone dei sogni”.
Soltanto scrivendo potevo entrare nel profondo della mia anima.

Ai lettori vorrei trasmettere la consapevolezza che l'amore vive in tutti noi, ed è sconfinato, solo che ogni tanto rimane in silenzio e dobbiamo essere noi a concentrarci per cercarlo e dargli la voce che merita.

 

2- Quando rilegge quello che ha scritto, quali sono le sensazioni che prova? Si ritiene pienamente soddisfatta del lavoro svolto?

Le sensazioni cambiano in base a quale parte del libro rileggo, o meglio, quale parte della mia vita rileggo. Provo tanta tenerezza per quella bimba che ero, che mi fa pensare a tutti i bambini che si trovano in mezzo a due fuochi, contesi tra due genitori; vengo avvolta da quel senso di repulsione per l’ingiustizia che devono provare già da piccoli. Mi rendo sempre di più conto di quale prova di coraggio devono affrontare in tenera età. Provo nostalgia a volte sfogliando le pagine del mio passato; quando però mi accorgo che nel farlo mi si disegna un sorriso in volto, allora so che sono pronta per delle nuove pagine.

Sì, sono soddisfatta del mio lavoro. Il mio libro è stato pubblicato prima nel mio Paese di origine, dove ha riscosso un grande successo: ha visto almeno due ristampe e continua, dopo tre anni, ad essere richiesto. Molti sono stati gli scrittori famosi in tutti i Paesi della Ex-Ju che hanno voluto lasciare una loro recensione positiva a quelle pagine che raccontano la mia vita. E moltissimi sono stati i lettori che nel tempo mi hanno aiutata, con le loro parole, a raccogliere le forze e la sicurezza per proseguire con i miei progetti.

Ho per questo deciso di tradurlo in italiano, per far conoscere il mio libro anche all'Italia, Paese che amo e in cui vivo da ormai metà della mia vita, tanto da ritenermi ormai italiana a tutti gli effetti. Sono stata aiutata nel difficile lavoro di traduzione da Miriam Canavese, anche lei bilingue ormai, ma italiana di nascita e serba di adozione. 

E poi il progetto ha davvero preso vita grazie alla fiducia accordatami da Diego Zandel e Paolo Paganetto, che con la loro Oltre Edizioni hanno deciso di pubblicare il mio libro in italiano.

Non modificherei nemmeno una virgola del mio libro, esattamente come non cambierei nulla della mia vita. Tutto ciò che è raccontato è puro e reale. È vissuto.

3- Che motivazioni hanno spinto la stesura di questo testo?

Credo che a chiunque nella vita, prima o dopo, capiti di trovarsi da solo, in silenzio con se stesso, e di sentire la necessità di ripercorrere la propria vita da capo, per analizzare quanto accaduto e riuscire a decidere quale delle strade percorrere tra quelle che gli si sono disegnate davanti. 

C'è un momento in cui la vita assume dei colori e delle forme nuove, lontane da quelle imparate a memoria e dettate dalla quotidianità: il pensiero delle figlie grandi, la pensione alle porte, ma anche eventi inaspettati e improvvisi come la perdita di persone care mi hanno fatta fermare un attimo, aprire le porte del mio armadio interiore e capire che tutta la confusione accumulata negli anni doveva essere sistemata, inscatolata, riposta al sicuro perché non fosse dimenticata e al contempo non rischiasse di cadermi in testa e schiacciarmi ogni volta che mi capitava di aprire quel mio armadio disordinato.
Ognuno di noi mette in ordine a modo proprio: qualcuno si libera delle ancore che lo tengono legato al passato e decide di migrare altrove, fisicamente o solo con i pensieri, e io invece ho deciso di dare sfogo alle mie parole su un foglio, che da sempre ha saputo capirmi meglio di tante persone. Grazie a quel foglio ho potuto rimuovere momentaneamente i miei pensieri dalla mente e guardarli da una prospettiva nuova, analizzarli e capirne per davvero la forma, il colore e il peso che avevano e che dovevano avere nella mia vita. Ho potuto finalmente mettere dei punti a quelle frasi che erano rimaste in sospeso, e sono finalmente riuscita ad andare a capo.

4 - Quali sensazioni ha provato nello scriverlo?
È stato come il viaggio più bello che abbia mai fatto, partendo dalla mia prima infanzia quando il ricordo ha cominciato a mettere le radici, con tutte le immagini che sono rimaste lì per sempre, nonostante io non fossi consapevole della loro presenza.
Durante quel viaggio, io stessa mi sono meravigliata della mia memoria e soprattutto degli eventi che mi hanno portato in vari luoghi e situazioni e mi hanno arricchito con le persone che ho incontrato. Dopo tutto amo fortemente la mia vita, come era e come è adesso.

 

5 - In un momento così delicato, quale messaggio vorrebbe veicolare ai suoi lettori?
Credo che l'ottimismo sia sempre il punto di partenza di ogni situazione della vita e so che tutto questo passerà come sono passate tante altre situazioni e finché manteniamo la serenità e la pace dentro di noi riusciremo nel compito più arduo: rimanere ciò che siamo.

6- Quali sono i progetti per il tuo futuro ?

In Croazia e Serbia stanno uscendo alcuni miei libri di poesie e un romanzo. Mi piacerebbe tradurli e pubblicarli anche in Italia. Ma cammino lentamente. Ho imparato a non avere mai fretta. Ogni frutto è più buono quando è maturo.

7- Cosa caratterizza il testo rispetto agli altri in commercio?
Ho toccato molti temi nel mio libro.
Uno di questi riguarda i bambini, loro emozioni e le cicatrici che li segnano quando si separano i genitori.
Ho scritto dalla mia esperienza, attraverso gli occhi della bambina che ero, vivendo tra due genitori, due paesi.
Ho scritto della mia infanzia nell'ex Jugoslavia, della disgregazione del paese in cui sono nata, della guerra, dell'amicizia e dell'amore.
Ho scritto della forza di una donna che la spinge oltre i confini con una valigia in una mano, una bambina nell'altra, un paio di banconote spiegazzate in tasca e sogni sotto le costole che la portano avanti. Molte donne si possono rispecchiare in situazioni simili.
Ho scritto dell'Italia, delle sue bellezze, dei lavori che ho svolto, delle difficoltà e delle soddisfazioni, di amicizie che sono nate e rimaste intatte per sempre.
Ho scritto di matrimoni falliti, di nuove strade e di sogni ad occhi aperti.
Ho scritto della vita da favola nel circo di Moira Orfei e del dietro le quinte, lontano dagli occhi del pubblico, della gente che vive nel circo e dei loro figli.
Ho scritto del dolori per la perdita dei più cari e di come ci si sente quando dietro le spalle non ci sono più coloro chi ti amano più della propria vita.
Ho scritto dei miei conflitti interiori quando sembrava che la vita mi stesse sfuggendo dalle mani, di come ho ritrovato la fiducia e la fede. Perché quando pensavo di non avere niente, in realtà avevo tutto; avevo l’amore.

 

8 - Cosa rappresenta per lei quel libro?
Quel libro rappresenta la mia vita con tutte le sue sfumature, dalle più scure e cupe alle più chiare e luminose. Rappresenta la tenerezza verso me stessa e le scelte che ho fatto, fidandomi del mio cuore e del sentiero che aveva scelto per me. La vita è come un'altalena, ci porta giù, ma ci riporta di nuovo a volare.

9 - A chi vuole dedicare il libro?
Il libro lo vorrei dedicare alle mie figlie che sono state vere guerriere insieme alla loro mamma. 
Lo dedico a miei genitori che mi hanno dato tanto amore e a tutte le persone che come loro non ci sono più. Le cose scritte vivono per sempre. 
Lo dedico al mio marito che sta al mio fianco da vent'anni, nel bene e nel male.
Lo dedico anche a tutte le persone che amano la vita quanto la amo io…



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Arte news - sabato 18 dicembre 2021
Ogni artista trova in sč la forza per elaborare qualcosa che gią vive ma che soltanto un bravo artista riesce a tirare fuori ed a trasmettere agli altri. E' questo il caso della brava scrittrice Sanja Hiblovic e del suo libro " Il tendone dei Sogni", questa la sua intervista per il nostro portale

di Matilde Murolo


1- Come nasce il tuo libro e qual è il messaggio che vuole trasmettere ai lettori?

A questa domanda vorrei rispondere con un passo del libro:
“Ero in piedi su un sentiero non ancora percorso. Dovevo decidere se tornare indietro, vivere nel passato, se rimanere incerta, oppure se andare avanti nello scoprire me stessa. Decisi di andare avanti sicura di incontrare di nuovo meravigliosi paesaggi di vita e colori che avrei potuto stendere sulla tela dell’anima. Doveva essere completamente intatta, in modo che le nuove sfumature non si mischiassero alle vecchie. Ma per arrivare a quel risultato ci sarebbe voluto del tempo. Dovevo cercare nel passato l'origine dei pensieri che come una ragnatela si ricamavano intorno a me.”
Ecco, così ho iniziato a scrivere “Il tendone dei sogni”.
Soltanto scrivendo potevo entrare nel profondo della mia anima.

Ai lettori vorrei trasmettere la consapevolezza che l'amore vive in tutti noi, ed è sconfinato, solo che ogni tanto rimane in silenzio e dobbiamo essere noi a concentrarci per cercarlo e dargli la voce che merita.

 

2- Quando rilegge quello che ha scritto, quali sono le sensazioni che prova? Si ritiene pienamente soddisfatta del lavoro svolto?

Le sensazioni cambiano in base a quale parte del libro rileggo, o meglio, quale parte della mia vita rileggo. Provo tanta tenerezza per quella bimba che ero, che mi fa pensare a tutti i bambini che si trovano in mezzo a due fuochi, contesi tra due genitori; vengo avvolta da quel senso di repulsione per l’ingiustizia che devono provare già da piccoli. Mi rendo sempre di più conto di quale prova di coraggio devono affrontare in tenera età. Provo nostalgia a volte sfogliando le pagine del mio passato; quando però mi accorgo che nel farlo mi si disegna un sorriso in volto, allora so che sono pronta per delle nuove pagine.

Sì, sono soddisfatta del mio lavoro. Il mio libro è stato pubblicato prima nel mio Paese di origine, dove ha riscosso un grande successo: ha visto almeno due ristampe e continua, dopo tre anni, ad essere richiesto. Molti sono stati gli scrittori famosi in tutti i Paesi della Ex-Ju che hanno voluto lasciare una loro recensione positiva a quelle pagine che raccontano la mia vita. E moltissimi sono stati i lettori che nel tempo mi hanno aiutata, con le loro parole, a raccogliere le forze e la sicurezza per proseguire con i miei progetti.

Ho per questo deciso di tradurlo in italiano, per far conoscere il mio libro anche all'Italia, Paese che amo e in cui vivo da ormai metà della mia vita, tanto da ritenermi ormai italiana a tutti gli effetti. Sono stata aiutata nel difficile lavoro di traduzione da Miriam Canavese, anche lei bilingue ormai, ma italiana di nascita e serba di adozione. 

E poi il progetto ha davvero preso vita grazie alla fiducia accordatami da Diego Zandel e Paolo Paganetto, che con la loro Oltre Edizioni hanno deciso di pubblicare il mio libro in italiano.

Non modificherei nemmeno una virgola del mio libro, esattamente come non cambierei nulla della mia vita. Tutto ciò che è raccontato è puro e reale. È vissuto.

3- Che motivazioni hanno spinto la stesura di questo testo?

Credo che a chiunque nella vita, prima o dopo, capiti di trovarsi da solo, in silenzio con se stesso, e di sentire la necessità di ripercorrere la propria vita da capo, per analizzare quanto accaduto e riuscire a decidere quale delle strade percorrere tra quelle che gli si sono disegnate davanti. 

C'è un momento in cui la vita assume dei colori e delle forme nuove, lontane da quelle imparate a memoria e dettate dalla quotidianità: il pensiero delle figlie grandi, la pensione alle porte, ma anche eventi inaspettati e improvvisi come la perdita di persone care mi hanno fatta fermare un attimo, aprire le porte del mio armadio interiore e capire che tutta la confusione accumulata negli anni doveva essere sistemata, inscatolata, riposta al sicuro perché non fosse dimenticata e al contempo non rischiasse di cadermi in testa e schiacciarmi ogni volta che mi capitava di aprire quel mio armadio disordinato.
Ognuno di noi mette in ordine a modo proprio: qualcuno si libera delle ancore che lo tengono legato al passato e decide di migrare altrove, fisicamente o solo con i pensieri, e io invece ho deciso di dare sfogo alle mie parole su un foglio, che da sempre ha saputo capirmi meglio di tante persone. Grazie a quel foglio ho potuto rimuovere momentaneamente i miei pensieri dalla mente e guardarli da una prospettiva nuova, analizzarli e capirne per davvero la forma, il colore e il peso che avevano e che dovevano avere nella mia vita. Ho potuto finalmente mettere dei punti a quelle frasi che erano rimaste in sospeso, e sono finalmente riuscita ad andare a capo.

4 - Quali sensazioni ha provato nello scriverlo?
È stato come il viaggio più bello che abbia mai fatto, partendo dalla mia prima infanzia quando il ricordo ha cominciato a mettere le radici, con tutte le immagini che sono rimaste lì per sempre, nonostante io non fossi consapevole della loro presenza.
Durante quel viaggio, io stessa mi sono meravigliata della mia memoria e soprattutto degli eventi che mi hanno portato in vari luoghi e situazioni e mi hanno arricchito con le persone che ho incontrato. Dopo tutto amo fortemente la mia vita, come era e come è adesso.

 

5 - In un momento così delicato, quale messaggio vorrebbe veicolare ai suoi lettori?
Credo che l'ottimismo sia sempre il punto di partenza di ogni situazione della vita e so che tutto questo passerà come sono passate tante altre situazioni e finché manteniamo la serenità e la pace dentro di noi riusciremo nel compito più arduo: rimanere ciò che siamo.

6- Quali sono i progetti per il tuo futuro ?

In Croazia e Serbia stanno uscendo alcuni miei libri di poesie e un romanzo. Mi piacerebbe tradurli e pubblicarli anche in Italia. Ma cammino lentamente. Ho imparato a non avere mai fretta. Ogni frutto è più buono quando è maturo.

7- Cosa caratterizza il testo rispetto agli altri in commercio?
Ho toccato molti temi nel mio libro.
Uno di questi riguarda i bambini, loro emozioni e le cicatrici che li segnano quando si separano i genitori.
Ho scritto dalla mia esperienza, attraverso gli occhi della bambina che ero, vivendo tra due genitori, due paesi.
Ho scritto della mia infanzia nell'ex Jugoslavia, della disgregazione del paese in cui sono nata, della guerra, dell'amicizia e dell'amore.
Ho scritto della forza di una donna che la spinge oltre i confini con una valigia in una mano, una bambina nell'altra, un paio di banconote spiegazzate in tasca e sogni sotto le costole che la portano avanti. Molte donne si possono rispecchiare in situazioni simili.
Ho scritto dell'Italia, delle sue bellezze, dei lavori che ho svolto, delle difficoltà e delle soddisfazioni, di amicizie che sono nate e rimaste intatte per sempre.
Ho scritto di matrimoni falliti, di nuove strade e di sogni ad occhi aperti.
Ho scritto della vita da favola nel circo di Moira Orfei e del dietro le quinte, lontano dagli occhi del pubblico, della gente che vive nel circo e dei loro figli.
Ho scritto del dolori per la perdita dei più cari e di come ci si sente quando dietro le spalle non ci sono più coloro chi ti amano più della propria vita.
Ho scritto dei miei conflitti interiori quando sembrava che la vita mi stesse sfuggendo dalle mani, di come ho ritrovato la fiducia e la fede. Perché quando pensavo di non avere niente, in realtà avevo tutto; avevo l’amore.

 

8 - Cosa rappresenta per lei quel libro?
Quel libro rappresenta la mia vita con tutte le sue sfumature, dalle più scure e cupe alle più chiare e luminose. Rappresenta la tenerezza verso me stessa e le scelte che ho fatto, fidandomi del mio cuore e del sentiero che aveva scelto per me. La vita è come un'altalena, ci porta giù, ma ci riporta di nuovo a volare.

9 - A chi vuole dedicare il libro?
Il libro lo vorrei dedicare alle mie figlie che sono state vere guerriere insieme alla loro mamma. 
Lo dedico a miei genitori che mi hanno dato tanto amore e a tutte le persone che come loro non ci sono più. Le cose scritte vivono per sempre. 
Lo dedico al mio marito che sta al mio fianco da vent'anni, nel bene e nel male.
Lo dedico anche a tutte le persone che amano la vita quanto la amo io…



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OGT newspaper
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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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