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«Sublime anima di donna» di Claudia Salvatori
SoloLibri.net di martedģ 1 febbraio 2022
Un poliziesco che nel 2001 ha vinto il Premio Scerbanenco: referenza di lusso per Sublime anima di donna, romanzo di Claudia Salvatori che nella primavera 2021 Oltre Edizioni ha voluto ripubblicare, per la riconosciuta qualitą, nella collana “I gialli Oltre” (508 pagine).

di Felice Laudadio

Un poliziesco che nel 2001 ha vinto il Premio Scerbanenco: referenza di lusso per Sublime anima di donna, romanzo di Claudia Salvatori che nella primavera 2021 Oltre Edizioni ha voluto ripubblicare, per la riconosciuta qualità, nella collana “I gialli Oltre” (508 pagine).

La genovese Claudia ha talento, penna felice e capacità senza confini di genere letterario. Scrive anche romanzi di storia medievale e antica, accanto alla produzione thriller, noir, spy (per Segretissimo Mondadori ha firmato la serie Walkiria Nera) ed è una nota sceneggiatrice di fumetti, tanto per Disney Italia che per le edizioni di Sergio Bonelli. Vanta inoltre una biografia di Ildegarda di Bingen, monaca, teologa e mistica del XII secolo. Dal 2020 è direttrice editoriale di Iperwriters associazione culturale che promuove e diffonde testi rari, di autori classici o anche sconosciuti.

Insomma, una scrittrice che ha stoffa, maturità ed esperienza da vendere (o da insegnare) e che non butta giù storie in fretta se non è sicura di aver dato consistenza e originalità alla trama. In questo romanzo, infatti, una storia si apre un’altra, come una matrioska. La prima è raccontata in corsivo e porta nella Milano di fine Ottocento. L’altra, contemporanea, propone due protagoniste femminili: l’aspirante scrittrice Maria Rita Fortis e l’investigatrice privata Stella del Fante. È scritta in tondo, nelle pagine di questo volume che si presenta con una copertina coloratissima, un disegno-collage drammatico, a prevalenza di giallo con schizzi di sangue.

Una precisazione: quando si parla di contemporaneo, ci si riferisce all’inizio del terzo millennio, dal momento che il romanzo è stato pubblicato nel 2000 e scritto prima. Ulteriore avvertenza: si è detto che Fortis è un’aspirante scrittrice. Certo, ma di prefazioni, magari per un’antologia di un’avanguardia letteraria o di un romanzo neozelandese tradotto in italiano. In effetti non ne ha ancora pubblicata nessuna, nemmeno a uno di quei volumi che leggono solo in quattro, ma contano tantissimo.
Una mattina di marzo, Mariarita si sveglia nell’appartamento che divide a Milan con due gatte indifferenti, un bilocale con servizi, in zona fermata Porta a mare della Metro 3. Laureata in materie umanistiche, ha rinunciato alle supplenze a vita e tira avanti con l’unica cosa che oltre a un totale vuoto di ricordi le ha lasciato un ex, volato in Thailandia. Fa la lettrice per un uomo politico. Divora libri, saggi, interviste, rassegne stampa, a caccia di citazioni che serviranno all’esponente comunista per caratterizzare i suoi interventi e fare bella figura.

Alle prese con la giornata-tipo (fare jogging, dare da mangiare alle gatte, riflettere — neanche tanto — sulla sua vita, rimasticare poesie di Emilio Praga e testi dell’amata Scapigliatura ottocentesca), l’ultima cosa che Mariarita potrebbe aspettarsi è d’essere convocata e accompagnata in questura da due cortesi ma silenziosi poliziotti under 30.

Alto, biondo, occhialini da sole fighetti, l’ispettore Angelo Nebbia le apre la sua pagina web, www.fortis.it. Ci arriva digitando le chiavi Milano+assassino+acqua+mutilazione sul motore di ricerca. E legge:

“Sublime anima di donna. La drammatica vicenda di un pittore e dell’amata, di uno scienziato che insegue il mito della bellezza assoluta. Una serie di crimini efferati e sanguinosi nella Milano fantastica e visionaria della Scapigliatura”.

Lo ha scritto lei? Copiato. Ha soltanto creato la pagina web, inserendo un racconto che ha tanto apprezzato, in un manoscritto anonimo scovato in una libreria antiquaria. Il titolo è quello della pagina online (e di questo romanzo), la data Como, 2 novembre 1868.

Si parla di fanciulle avvenenti, di città e campagna, sparite e ritrovate cadaveri nei corsi d’acqua circostanti. Ognuna con una parte mancante del corpo. L’io narrante del racconto è un pittore bohemien che ha perso la bellissima modella e amante Carlotta. L’assassino è uno scienziato folle, convinto che l’anima risieda nella materia. Seziona belle ragazze e assembla le parti migliori dei corpi per creare un essere femminile perfetto, innervato dalla corrente galvanica. Un dottor Frankenstein meneghino.

Fatto sta che adesso a Milano è in azione l’assassino dei Navigli, che dimostra conoscenze mediche nell’asportare parti di corpi da ragazze giovani rimorchiate in qualche modo, fatte poi trovare morte nei canali. Le analogie col racconto pubblicato dalla Fortis sono evidenti. L’ha diffuso in rete da cinque mesi e il killer ha cominciato il suo lavoro da cinque mesi.

È nell’ufficio di Nebbia che Mariarita conosce Stella del Fante. Jeans elasticizzati, chiodo borchiato, capelli rossi, spesso una furia, oltre che una vecchia conoscenza dell’ispettore, un’eccentrica collaboratrice delle indagini di polizia e una leggenda metropolitana milanese.
Le due si osservano, si studiano, si apprezzano. Mariarita Fortis è convinta che non si vedranno più... Non sa quanto sbaglia.



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Un poliziesco che nel 2001 ha vinto il Premio Scerbanenco: referenza di lusso per Sublime anima di donna, romanzo di Claudia Salvatori che nella primavera 2021 Oltre Edizioni ha voluto ripubblicare, per la riconosciuta qualitą, nella collana “I gialli Oltre” (508 pagine).

di Felice Laudadio

Un poliziesco che nel 2001 ha vinto il Premio Scerbanenco: referenza di lusso per Sublime anima di donna, romanzo di Claudia Salvatori che nella primavera 2021 Oltre Edizioni ha voluto ripubblicare, per la riconosciuta qualità, nella collana “I gialli Oltre” (508 pagine).

La genovese Claudia ha talento, penna felice e capacità senza confini di genere letterario. Scrive anche romanzi di storia medievale e antica, accanto alla produzione thriller, noir, spy (per Segretissimo Mondadori ha firmato la serie Walkiria Nera) ed è una nota sceneggiatrice di fumetti, tanto per Disney Italia che per le edizioni di Sergio Bonelli. Vanta inoltre una biografia di Ildegarda di Bingen, monaca, teologa e mistica del XII secolo. Dal 2020 è direttrice editoriale di Iperwriters associazione culturale che promuove e diffonde testi rari, di autori classici o anche sconosciuti.

Insomma, una scrittrice che ha stoffa, maturità ed esperienza da vendere (o da insegnare) e che non butta giù storie in fretta se non è sicura di aver dato consistenza e originalità alla trama. In questo romanzo, infatti, una storia si apre un’altra, come una matrioska. La prima è raccontata in corsivo e porta nella Milano di fine Ottocento. L’altra, contemporanea, propone due protagoniste femminili: l’aspirante scrittrice Maria Rita Fortis e l’investigatrice privata Stella del Fante. È scritta in tondo, nelle pagine di questo volume che si presenta con una copertina coloratissima, un disegno-collage drammatico, a prevalenza di giallo con schizzi di sangue.

Una precisazione: quando si parla di contemporaneo, ci si riferisce all’inizio del terzo millennio, dal momento che il romanzo è stato pubblicato nel 2000 e scritto prima. Ulteriore avvertenza: si è detto che Fortis è un’aspirante scrittrice. Certo, ma di prefazioni, magari per un’antologia di un’avanguardia letteraria o di un romanzo neozelandese tradotto in italiano. In effetti non ne ha ancora pubblicata nessuna, nemmeno a uno di quei volumi che leggono solo in quattro, ma contano tantissimo.
Una mattina di marzo, Mariarita si sveglia nell’appartamento che divide a Milan con due gatte indifferenti, un bilocale con servizi, in zona fermata Porta a mare della Metro 3. Laureata in materie umanistiche, ha rinunciato alle supplenze a vita e tira avanti con l’unica cosa che oltre a un totale vuoto di ricordi le ha lasciato un ex, volato in Thailandia. Fa la lettrice per un uomo politico. Divora libri, saggi, interviste, rassegne stampa, a caccia di citazioni che serviranno all’esponente comunista per caratterizzare i suoi interventi e fare bella figura.

Alle prese con la giornata-tipo (fare jogging, dare da mangiare alle gatte, riflettere — neanche tanto — sulla sua vita, rimasticare poesie di Emilio Praga e testi dell’amata Scapigliatura ottocentesca), l’ultima cosa che Mariarita potrebbe aspettarsi è d’essere convocata e accompagnata in questura da due cortesi ma silenziosi poliziotti under 30.

Alto, biondo, occhialini da sole fighetti, l’ispettore Angelo Nebbia le apre la sua pagina web, www.fortis.it. Ci arriva digitando le chiavi Milano+assassino+acqua+mutilazione sul motore di ricerca. E legge:

“Sublime anima di donna. La drammatica vicenda di un pittore e dell’amata, di uno scienziato che insegue il mito della bellezza assoluta. Una serie di crimini efferati e sanguinosi nella Milano fantastica e visionaria della Scapigliatura”.

Lo ha scritto lei? Copiato. Ha soltanto creato la pagina web, inserendo un racconto che ha tanto apprezzato, in un manoscritto anonimo scovato in una libreria antiquaria. Il titolo è quello della pagina online (e di questo romanzo), la data Como, 2 novembre 1868.

Si parla di fanciulle avvenenti, di città e campagna, sparite e ritrovate cadaveri nei corsi d’acqua circostanti. Ognuna con una parte mancante del corpo. L’io narrante del racconto è un pittore bohemien che ha perso la bellissima modella e amante Carlotta. L’assassino è uno scienziato folle, convinto che l’anima risieda nella materia. Seziona belle ragazze e assembla le parti migliori dei corpi per creare un essere femminile perfetto, innervato dalla corrente galvanica. Un dottor Frankenstein meneghino.

Fatto sta che adesso a Milano è in azione l’assassino dei Navigli, che dimostra conoscenze mediche nell’asportare parti di corpi da ragazze giovani rimorchiate in qualche modo, fatte poi trovare morte nei canali. Le analogie col racconto pubblicato dalla Fortis sono evidenti. L’ha diffuso in rete da cinque mesi e il killer ha cominciato il suo lavoro da cinque mesi.

È nell’ufficio di Nebbia che Mariarita conosce Stella del Fante. Jeans elasticizzati, chiodo borchiato, capelli rossi, spesso una furia, oltre che una vecchia conoscenza dell’ispettore, un’eccentrica collaboratrice delle indagini di polizia e una leggenda metropolitana milanese.
Le due si osservano, si studiano, si apprezzano. Mariarita Fortis è convinta che non si vedranno più... Non sa quanto sbaglia.



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OGT newspaper
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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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