Guardare con gli occhi di un poeta, attraverso i suoi occhi illuminati d’ispirazione, è guardare dove l’oltre acquisisce il linguaggio della vita e si avvicina a noi con il suo segreto.
Carla Boroni, professore associato di Letteratura Italiana Contemporanea nella Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica di Brescia e di Milano, ci accompagna nel mondo più intimo di Giuseppe Ungaretti: lo sguardo, mediante il quale si compongono i soggetti della visione, sotto la luce della chiarezza e all’ombra degli interrogativi misteriosi. Nel suo libro Lo sguardo di Ungaretti, edito da Gammarò Edizioni, l’autrice pone in essere un interessante e accurato studio sui legami tra parole e arti figurative all’interno dell’esperienza letteraria del grande poeta.
La vita per Ungaretti fu un inesauribile segreto, domanda perenne, arduo percorso che sfocia nelle sillabe della certezza. Del resto, l’uomo non ha risposte. Solo domande. E le domande sono, forse, l’unica e la più importante risposta tra le risposte mancanti.
Ungaretti ha operato per una potente poesia visiva. Scultura, pittura, architettura trovano posto nella sua scrittura con sensibile partecipazione. L’autrice ricorda gli interessi di Ungaretti per le arti e gli incontri che il poeta ebbe con diversi esponenti del periodo parigino, come Picasso, Modigliani e De Chirico. Arte del passato e arte contemporanea sono per Ungaretti costruzioni della poesia, radici essenziali.
Boroni esplora con fervida analisi e con appassionante ricerca le strade che portarono il poeta alla realizzazione dei suoi versi. Il concetto del vedere è primario: Ungaretti vede e ci mostra ciò che vede, la sua materia è poesia esistente, concreta, parte del tutto che c’è… “una docile fibra dell’universo”.
La lirica ungarettiana è popolata di suoni e di silenzi, e proprio nel contrasto nasce l’espressione della sua poetica. Dalle parole che fanno suoni e si addormentano sui silenzi si generano le isole di luce di Ungaretti, come danze luccicanti sulle onde di un mare notturno.
Ombra e luce. Immagini. La pittura poetica ungarettiana è in movimento, un moto perpetuo nell’accadere esatto dell’istante, della parola che costringe l’istante.
Il poeta vede che cosa è la vita.
La vista diviene visione, progetto metafisico per un oltre indeterminato: il mistero.
La poesia è plastica, è un’opera che nasce dalla vita e la supera, perché non ci si può accontentare del quotidiano: il poeta ha bisogno di sentire il mistero, di sentire un altissimo al di sopra di tutto. La poesia diviene architettura per raggiungere Dio… “Perché bramo Dio?”.
Così, il destino del poeta è illuminarsi, dopo avere vissuto il dolore, dopo le ferite e la morte; illuminarsi e finalmente vedere… “Vedo ora chiaro nella notte triste”leggi l'articolo integrale su PatriaLetteratura
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