Mi chiamo Sabina, sono nata nel 1988 a Baku (Azerbaijan), dove ho vissuto fino a 15 anni. Poi mi sono trasferita in Kazakhstan, ho studiato e lavorato ad Almaty e ad Astana (oggi Nur-Sultan). A 31 anni mi sono trasferita in Italia. Se la logica è cambiare paese ogni 15 anni, a 45 anni ci dovrebbe essere un altro cambiamento... Penso di essere una persona abbastanza superficiale proprio come il mio papà. Non approfondisco mai e non miglioro mai quello che so fare. Mi basta arrivare a un certo livello, e poi passo a un altro argomento. Così come l’Evgenij Onegin di Puskin, chiacchierando posso sfiorare ogni argomento con finezza, ma senza impormi nella conversazione. Mi piacciono gli scacchi, ma non mi piace perdere e questo è stato sempre il mio punto debole. Perché si sa che per vincere bisogna imparare a perdere...Mi piacciono i videogiochi, ma li gioco con artmoney (autorizzo i veri gamer a deridermi…). Mi piacciono i film ma spesso dimentico i titoli e i nomi dei protagonisti. Mi piace la musica classica, perché come fa bene al corpo il cibo semplice e sano (per me rappresentato da zuppe e porridge), così sento che la musica classica fa bene all’anima e alla mente. Non mi è rara la sensazione di perdere tempo, del trascorrere dei giorni nella routine senza che io combini nulla... Però dopo qualche deviazione dal tran tran della vita quotidiana (durante qualche viaggio per esempio), non vedo l’ora di tornare alla routine... una strana contraddizione che mi fa di nuovo ricordare Puskin, che diceva “L’abitudine, si sa, ci dà felicità”. Ma ritrovata l’abitudine, dopo qualche giorno cerco di nuovo di scappare dalla routine, alla ricerca di qualche cambiamento. La mia vita quotidiana adesso è prendermi cura di due piccole creature, una femminuccia di 2 anni e 4 mesi e un maschietto di 11 mesi e del loro padre di età … un po’ maggiore della loro. Nei momenti in cui sono serena e non troppo stanca penso quanto sia meraviglioso creare qualcosa, costruire la propria famiglia. Meraviglioso veder crescere i bambini, progredire con i loro piccoli costanti cambiamenti, evolvere e cambiare insieme a loro. E pensare che appena tre anni fa mi interessavano solo la geopolitica, il calcio, il tennis, e un vestito nuovo da sfoggiare al prossimo ricevimento, per non farmi vedere con lo stesso vestito del ricevimento precedente. Ora invece sono attenta alle promozioni per i pannolini, mi preoccupo della mancanza di un vero parco giochi in paese, e sono continuamente impegnata a pensare a cosa preparare da mangiare. E la cosa più emozionante quando esco da sola, è la consapevolezza che bisogna tornare a casa il più velocemente possibile perché là ti aspettano tre creature che hanno bisogno di te. Nonostante io mi consideri la donna e la mamma più felice e fortunata al mondo per la famiglia che ho, non vedo l’ora che i bimbi crescano e vadano all’asilo… e io al lavoro, per riposare un po’.
Ho scritto “Storia di Azadeh” - incoraggiata da colui che è diventato mio compagno di vita e padre dei miei figli - di getto, un capitolo dietro l’altro, in modo quasi liberatorio, tanto che mi sono stupita della naturalezza con la quale i miei ricordi anche quelli più remoti, ed i racconti di famiglia finivano fissati sullo schermo del computer. Una storia ordinaria per tutti coloro che hanno vissuto e vivono in balia di antiche tradizioni e epocali cambiamenti, sfiorati (come nel mio caso, fortunatamente senza lutti) da sconvolgimenti geopolitici e conflitti che anche se nello scenario mondiale sono ritenuti minori, creano sempre un’onda d’urto in grado di schiacciare e disintegrare qualsiasi cosa: dal fragile equilibrio psico-emotivo di una adolescente cui tutti fin dalla prima infanzia hanno fatto credere di essere senza il papà, alla stabilità e sicurezza di intere comunità e gruppi etnici. Storia che probabilmente appare invece straordinaria a tutti coloro che hanno la fortuna di vivere in un mondo meno facilmente perturbabile, più stabile e forse, ma non ne sono ancora sicura, più progredito. Coloro che troveranno “Storia di Azadeh” interessante, appartengono senz’altro a quest’altro mondo, ed è a loro in particolare che spero arrivi dritto al cuore il messaggio che anche se la guerra non uccide direttamente, essa è comunque in grado di provocare serissimi danni e perturbazioni su larga scala agli esseri umani che anche solo ne vengono sfiorati. Quindi nessuna guerra può e deve essere giustificata, mai, per nessuna ragione.
Il mio motto è: comportati con le persone come vorresti che queste si comportassero con te, e penso che il lavoro più importante che dobbiamo fare nella vita è cercare di migliorare, in tutto e in continuazione: intellettualmente, fisicamente, spiritualmente. E poi naturalmente è importante condividere con gli altri i miglioramenti e le conoscenze acquisite.
Spero tanto che tra l'anno della mia nascita e quello della mia morte … non rimanga solo un trattino!
SOLO TRE DOMANDE
- Mi descrivo con solo tre aggettivi
- Onesta.
- Scacchista - questo aggettivo contiene in sé: pianificatrice, riflessiva, calcolatrice (nel senso buono di questa parola), razionale.
- Ciò non mi impedisce di essere anche emozionale, soprattutto in reazione alle sollecitazioni esterne.
- Il solo evento che mi ha cambiato la vita
- Un salto dalla finestra del primo piano di una scuola di Baku, fatto quando avevo 15 anni per scommessa. La catena di rilevantissime conseguenze (non solo fisiche…) di questo evento, è descritta nella “Storia di Azadeh”.
- Solo un link socialmente utile
- Il centro Italiano di Almaty in Kazakistan, che oltre a insegnare la lingua italiana si occupa anche di aiutare famiglie e persone disagiate. Purtroppo hanno solo la pagina Facebook https://m.facebook.com/masp.almaty/
SOLO QUALCHE IMMAGINE
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