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Melina Scalise. Favole della notte
Satisfiction di martedģ 19 aprile 2022
“Favole della notte” di Melina Scalise, con i dipinti di Francesca Magro (Töpffer Edizioni, 2022 pp. 106 € 28.00) č un libro molto originale che custodisce la sequenza inesauribile e ispiratrice delle immagini e delle riflessioni, maturate nell’entitą sensibile del racconto visivo, nell’espressione illuminata dell’arte figurativa. La collezione di favole avvolge la mitologia dei sentimenti...

di Rita Bompadre

Favole della notte” di Melina Scalise, con i dipinti di Francesca Magro (Töpffer Edizioni, 2022 pp. 106 € 28.00) è un libro molto originale che custodisce la sequenza inesauribile e ispiratrice delle immagini e delle riflessioni, maturate nell’entità sensibile del racconto visivo, nell’espressione illuminata dell’arte figurativa. La collezione di favole avvolge la mitologia dei sentimenti, destina il sortilegio della percezione emotiva, educa l’incontro con la notte, l’intervallo misterioso e silenzioso di un tempo riprodotto nell’iconografia dell’altrove. Aggiunge l’artificio coraggioso per fronteggiare le situazioni tormentate della vita, reagire agli interrogativi indecifrabili dell’anima, indagare la possibilità della fantasticheria e le occasioni allusive del sonno verso il mondo simbolico dei sogni.

Melina Scalise dispiega la metafora dell’incipit fiabesco “C’era una volta…”, dilata il confine dell’interpretazione sapiente della coscienza, l’affresco interiore nel profilo allegorico, la proiezione del lieto fine nella rilettura della decodificazione dell’universo naturale, collegato al codice segreto del fantastico, concorda il risolutivo strumento umano d’indagine del significato dell’esistenza, l’espediente liberatorio dell’inquietudine e il responso appropriato al desiderio della fantasia. I testi sono ritratti riprodotti con la conoscenza delle simbologie oniriche, incrociano la lettura con la cifra introspettiva della traduzione visionaria, ogni favola definisce il suo itinerario universale con un’incarnazione speculare dei dipinti, sostituisce il vincolo della parola stimolando il lettore all’impiego della sua immaginazione, alla rielaborazione dello spazio descrittivo delle proprie emozioni con la rilettura della valutazione intima. Il libro offre una decifrazione su argomenti esistenziali, coinvolge l’orientamento delle relazioni e la concezione individuale dell’identità, la qualità esegetica del contenuto altruistico, l’efficacia determinata della verità e il dono evidente della solidarietà, trasformando il luogo espositivo della partecipazione all’incanto della felicità. Melina Scalise esamina, nella direzione di una prospettiva poetica, l’infinita superficie evocativa dell’uomo, esprime ogni episodio immaginario con l’indefinibile, inconfessabile frontiera spirituale delle attese, raggiunge l’incondizionato presentimento delle buone azioni, disorientate dalla materia avversa delle illusioni, affina la cognizione utopica dell’allontanamento dallo smarrimento della condizione umana. Alleggerisce la realtà pervasa dalle figure tracciate intorno allo stile espressivo, alternando il tono drammatico e quello comico, rivelando la finalità di sciogliere la tangibilità e sollecitare il richiamo immaginifico. “Favole della notte” ascolta l’orizzonte dalla traiettoria di una finestra sul mondo magico, pone lo sguardo sui frammenti romantici e sui passaggi suggestivi del quotidiano, sovrapponendo nelle pagine la grande intensità dell’autrice e l’emblema pittorico di Francesca Magro nel delineare l’incarnazione della mente appassionata, la conquista della meraviglia nella attitudine d’inoltrare la straordinaria capacità creativa di rappresentare il mondo.



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Satisfiction - martedģ 19 aprile 2022
“Favole della notte” di Melina Scalise, con i dipinti di Francesca Magro (Töpffer Edizioni, 2022 pp. 106 € 28.00) č un libro molto originale che custodisce la sequenza inesauribile e ispiratrice delle immagini e delle riflessioni, maturate nell’entitą sensibile del racconto visivo, nell’espressione illuminata dell’arte figurativa. La collezione di favole avvolge la mitologia dei sentimenti...

di Rita Bompadre

Favole della notte” di Melina Scalise, con i dipinti di Francesca Magro (Töpffer Edizioni, 2022 pp. 106 € 28.00) è un libro molto originale che custodisce la sequenza inesauribile e ispiratrice delle immagini e delle riflessioni, maturate nell’entità sensibile del racconto visivo, nell’espressione illuminata dell’arte figurativa. La collezione di favole avvolge la mitologia dei sentimenti, destina il sortilegio della percezione emotiva, educa l’incontro con la notte, l’intervallo misterioso e silenzioso di un tempo riprodotto nell’iconografia dell’altrove. Aggiunge l’artificio coraggioso per fronteggiare le situazioni tormentate della vita, reagire agli interrogativi indecifrabili dell’anima, indagare la possibilità della fantasticheria e le occasioni allusive del sonno verso il mondo simbolico dei sogni.

Melina Scalise dispiega la metafora dell’incipit fiabesco “C’era una volta…”, dilata il confine dell’interpretazione sapiente della coscienza, l’affresco interiore nel profilo allegorico, la proiezione del lieto fine nella rilettura della decodificazione dell’universo naturale, collegato al codice segreto del fantastico, concorda il risolutivo strumento umano d’indagine del significato dell’esistenza, l’espediente liberatorio dell’inquietudine e il responso appropriato al desiderio della fantasia. I testi sono ritratti riprodotti con la conoscenza delle simbologie oniriche, incrociano la lettura con la cifra introspettiva della traduzione visionaria, ogni favola definisce il suo itinerario universale con un’incarnazione speculare dei dipinti, sostituisce il vincolo della parola stimolando il lettore all’impiego della sua immaginazione, alla rielaborazione dello spazio descrittivo delle proprie emozioni con la rilettura della valutazione intima. Il libro offre una decifrazione su argomenti esistenziali, coinvolge l’orientamento delle relazioni e la concezione individuale dell’identità, la qualità esegetica del contenuto altruistico, l’efficacia determinata della verità e il dono evidente della solidarietà, trasformando il luogo espositivo della partecipazione all’incanto della felicità. Melina Scalise esamina, nella direzione di una prospettiva poetica, l’infinita superficie evocativa dell’uomo, esprime ogni episodio immaginario con l’indefinibile, inconfessabile frontiera spirituale delle attese, raggiunge l’incondizionato presentimento delle buone azioni, disorientate dalla materia avversa delle illusioni, affina la cognizione utopica dell’allontanamento dallo smarrimento della condizione umana. Alleggerisce la realtà pervasa dalle figure tracciate intorno allo stile espressivo, alternando il tono drammatico e quello comico, rivelando la finalità di sciogliere la tangibilità e sollecitare il richiamo immaginifico. “Favole della notte” ascolta l’orizzonte dalla traiettoria di una finestra sul mondo magico, pone lo sguardo sui frammenti romantici e sui passaggi suggestivi del quotidiano, sovrapponendo nelle pagine la grande intensità dell’autrice e l’emblema pittorico di Francesca Magro nel delineare l’incarnazione della mente appassionata, la conquista della meraviglia nella attitudine d’inoltrare la straordinaria capacità creativa di rappresentare il mondo.



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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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