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Intervista a Sonia Vatteroni: “Un quarto di secondo [Poesie]” (OLTRE Edizioni)
Blogarama di domenica 12 giugno 2022
L’immortalitą ha vita breve, č un ossimoro

di Giuseppe Iannozzi

1. Sonia Vatteroni, “Un quarto di secondo [poesie]” (OLTRE Edizioni) è la tua nuova silloge poetica; l’introduzione porta la firma di Marzia Margherita Dati Graham che, con decisione e senza compromessi, evidenzia che «il poeta pone il lettore di fronte al dilemma del possibile e autentico senso dell’esistere in relazione all’eternità e a quello “spazio di luminosa distruzione” che è la morte.» Sonia Vatteroni, la poesia sarebbe in grado di eternare chi la mette nero su bianco?

 

È l’istante immortale quello di cui parlo quando scrivo di luminosa distruzione e se il poeta riesce in quel transito … prima che tutto si distrugga … scrive poesia. Come vedi l’immortalità ha vita breve, è un ossimoro. Questo naturalmente vale per la creazione poetica, non per i poeti: qualche immortale direi che c’è!

2. La prima sezione del tuo libro, “Per un whisky o per un tè”, si apre con delle poesie dedicate a un gran numero di poeti. Thomas Stearns Eliot sostiene che «l’unico modo per manipolare qualsiasi tipo di versetto inglese, è attraverso l’assimilazione e l’imitazione.» Sonia Vatteroni, sei tu dello stesso avviso? Perché? E, i poeti ai quali sono dedicate le tue liriche sono quelli che hanno maggiormente influenzato il tuo modo di sentire il mondo?

A volte tutto è più semplice di quanto si pensi: il mio è soltanto uno studio col quale cerco di imparare e migliorare la mia scrittura.
Mi è stato regalato un libro, l’ho letto e riletto e mi sono detta: – Questi poeti sono dei grandi e lo sono per me; ci trovo qualcosa di mio, una voce o un contenuto che mi somigliano. E allora imparerò qualcosa se approfondirò come e cosa hanno scritto. Semplicemente.

3. In “I fiori dell’Anima, seconda sezione di “Un quarto di secondo [poesie]”, i tuoi versi descrivono il ciclo della vita? Simboli prettamente cristiani e archetipi decisamente antichi convivono nelle tue liriche, che lasciano intendere che la resurrezione, seppur difficoltosa, è possibile!

Anche qui tutto parte dalla lettura di un saggio di Ugo Volli, “Fiori e piante nella tradizione ebraica antica”. Così ho cercato il mio fiore, la mia pianta dell’anima sempre in relazione a quanto essa contiene già di simbolico e di tradizione.

4. In “A chi parlerò domani?”, nella terza sezione del tuo lavoro, i tuoi versi sono pregni di pessimismo, di un dolore che non nascondi: «[…] E sono stata fuoco/ perché lo sento ancora/ al momento ardo piano/ in lenta combustione.// Ma è una notte d’agosto/ sono fiammella blu/ luce di fuoco fatuo// e presto svanirò.»
A chi speri di poter parlare domani?

Come tutti, credo, a chi abbiamo amato e a chi ci ha amato. Come i poeti, credo, attraverso la parola scritta che ci sopravvive.

Sonia Vatteroni

Sonia Vatteroni: https://www.facebook.com/sonia.vatteroni.75

5. Nella quarta sezione “Ora sapremo qualcosa l’uno dell’altra”, i tuoi versi sono molto struggenti e intimi, si avverte nettamente «l’urgenza di vivere [….] in una dimensione in cui la morte non sia il nulla ma sia “un eterno presente”», come evidenzia Marzia Margherita Dati Graham. Rivolgendosi a Meneceo, Epicuro ci dice che «quando noi viviamo, la morte non c’è, e viceversa.» Perché è tanto forte il tuo desiderio di “un eterno presente”?

In questa parte del libro ho raccolto scritti diversi, ma legati dal desiderio di parlarmi e di parlarvi Raccontami di te e sarò parte della tua vita, forse è questo l’eterno presente: parliamoci, anche in silenzio, e il presente avrà un senso.

6. “Dialogo fra il poeta e l’oblio” è la sezione conclusiva del tuo “Un quarto di secondo [poesie]”, e il Tempo, forse, è un po’ come un amico e un complice: «[…] ci imbuca nella fessura come lettera menzognera!// Non è indolore.// Dove sono adesso? E dove sei?// Credo…// traslocati nella metafora dell’infanzia.»
Sonia Vatteroni, i poeti credono, o meglio, s’illudono di poter arrestare il Tempo, questo io credo. In fisica, il tempo può essere definito come la distanza tra gli eventi calcolata nelle coordinate spaziotemporali quadridimensionali; “La teoria della relatività ristretta” di Albert Einstein ci spiega che il tempo non può essere compreso se non come una parte del cronotopo.

Il poeta mente: cerca l’Oblio ma questo sa che non è così; altrimenti perché scriverebbe? Il dialogo immaginario è stato usato da grandi scrittori ed io ho provato a dialogare con l’Oblio. Alla fine ognuno cercherà la propria anima ma, dice l’Oblio: “… tu sarai sopra uno sperone e fingerai di cercarmi.  Time over.”

7. In “Un quarto di secondo [poesie]” troviamo ben cinque sezioni, che possono essere lette in maniera indipendente; immagino siano state scritte in tempi diversi. Per quali esigenze, personali e non, sono venute alla luce?

Dare una cronologia non è facile; le poesie vengono spesso riviste, manipolate nel tempo. A volte no, sono tappe della vita, ma questo credo sia il privato e va lasciato lì.

8. Qual è la caratteristica precipua del tuo poetare, Sonia Vatteroni?

Credevo di non saper rispondere, ma dato che ho risposto alle domande, penso di poter osare: la curiosità: curiosità di imparare dagli altri e di conoscere fino a dove posso arrivare, mettendo l’asta sempre un po’ più avanti. E la condivisione: mi piace se altri abitano nelle mie poesie mentre le leggono, mi piacerebbe che qualcuna fosse amata, loro, non io. La manifattura.

9. “Un quarto di secondo [poesie]” accoglie diverse illustrazioni di Beppe Mecconi, che ha tradotto in immagini alcune tue poesie. Com’è nata la vostra collaborazione artistica?

Beppe è un magnifico disegnatore e tante altre cose. Due anni fa mi chiese di scrivere i testi per uno spettacolo “Orfeo ed Euridice” che abbiamo portato su diversi palchi e festival e ancora porteremo. Ora lavoriamo ad un altro su Shelley sempre con la collaborazione di eccellenti musicisti, cantanti e ballerini. Ma oltre a questo è l’amicizia nata da comune sentire la poesia delle cose che ci unisce.

10. Oggi come oggi, ha ancora senso scrivere poesie? Come ben sappiamo, i giovani leggono poco e le materie umanistiche, in una civiltà sempre più ipertecnologica, non sono tenute granché in considerazione.

Chiederlo a me è come chiedere al negoziante, la poesia è cambiata nella forma, ma la sostanza è sempre l’indicibile. Io amo scrivere anche per la musica e provo stupore quando sento i miei versi diventare canzoni. Giovani, non giovani, credo ci sia anche qualche preconcetto. Se ciò che offriamo è bello, e guarda , voglio proprio usare questo aggettivo semplice, parla a tutti. Se non parla, non ha nulla da dire.

11. Molti poeti moderni parlano sempre più di sé stessi, e sono sempre meno profeti, questa è la mia impressione. Qual è la tua opinione in merito?

Non ho autorità per dare lezioni, ma torniamo al punto: l’arte, in qualsiasi forma, deve mettere in secondo piano l’autore e in primo l’opera.. Lì sta il giudizio.

SONIA VATTERONI Nata a La Spezia, ha vissuto e studiato e insegnato a La Spezia e Firenze. Ha collaborato e fatto parte de “Il giardino dei ciliegi” a Firenze, pubblicando racconti su Cercatori di storie. Ha fatto parte di un seminario internazionale di scrittura creativa della New York University. Ha dato la voce a letture in Controradio (sede fiorentina). Ha pubblicato 3 libri di poesie: PONGASIE / SUPPONGA / MONADI. Autrice dei testi dello spettacolo teatrale musicale ORFEO ED EURIDICE.

Acquista su Fenice Bookstore

Un quarto di secondo – Sonia Vatteroni

Un quarto di secondoSonia Vatteroni – Introduzione: Marzia Margherita Dati Graham – Copertina e illustrazioni: Beppe Mecconi – Oltre Edizioni – Collana: Collezione di poesia – Prima edizione: maggio 2022 – Pagine: 208 – ISBN: 9791280075444 – Prezzo di copertina: 18,00 €



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L’immortalitą ha vita breve, č un ossimoro

di Giuseppe Iannozzi

1. Sonia Vatteroni, “Un quarto di secondo [poesie]” (OLTRE Edizioni) è la tua nuova silloge poetica; l’introduzione porta la firma di Marzia Margherita Dati Graham che, con decisione e senza compromessi, evidenzia che «il poeta pone il lettore di fronte al dilemma del possibile e autentico senso dell’esistere in relazione all’eternità e a quello “spazio di luminosa distruzione” che è la morte.» Sonia Vatteroni, la poesia sarebbe in grado di eternare chi la mette nero su bianco?

 

È l’istante immortale quello di cui parlo quando scrivo di luminosa distruzione e se il poeta riesce in quel transito … prima che tutto si distrugga … scrive poesia. Come vedi l’immortalità ha vita breve, è un ossimoro. Questo naturalmente vale per la creazione poetica, non per i poeti: qualche immortale direi che c’è!

2. La prima sezione del tuo libro, “Per un whisky o per un tè”, si apre con delle poesie dedicate a un gran numero di poeti. Thomas Stearns Eliot sostiene che «l’unico modo per manipolare qualsiasi tipo di versetto inglese, è attraverso l’assimilazione e l’imitazione.» Sonia Vatteroni, sei tu dello stesso avviso? Perché? E, i poeti ai quali sono dedicate le tue liriche sono quelli che hanno maggiormente influenzato il tuo modo di sentire il mondo?

A volte tutto è più semplice di quanto si pensi: il mio è soltanto uno studio col quale cerco di imparare e migliorare la mia scrittura.
Mi è stato regalato un libro, l’ho letto e riletto e mi sono detta: – Questi poeti sono dei grandi e lo sono per me; ci trovo qualcosa di mio, una voce o un contenuto che mi somigliano. E allora imparerò qualcosa se approfondirò come e cosa hanno scritto. Semplicemente.

3. In “I fiori dell’Anima, seconda sezione di “Un quarto di secondo [poesie]”, i tuoi versi descrivono il ciclo della vita? Simboli prettamente cristiani e archetipi decisamente antichi convivono nelle tue liriche, che lasciano intendere che la resurrezione, seppur difficoltosa, è possibile!

Anche qui tutto parte dalla lettura di un saggio di Ugo Volli, “Fiori e piante nella tradizione ebraica antica”. Così ho cercato il mio fiore, la mia pianta dell’anima sempre in relazione a quanto essa contiene già di simbolico e di tradizione.

4. In “A chi parlerò domani?”, nella terza sezione del tuo lavoro, i tuoi versi sono pregni di pessimismo, di un dolore che non nascondi: «[…] E sono stata fuoco/ perché lo sento ancora/ al momento ardo piano/ in lenta combustione.// Ma è una notte d’agosto/ sono fiammella blu/ luce di fuoco fatuo// e presto svanirò.»
A chi speri di poter parlare domani?

Come tutti, credo, a chi abbiamo amato e a chi ci ha amato. Come i poeti, credo, attraverso la parola scritta che ci sopravvive.

Sonia Vatteroni

Sonia Vatteroni: https://www.facebook.com/sonia.vatteroni.75

5. Nella quarta sezione “Ora sapremo qualcosa l’uno dell’altra”, i tuoi versi sono molto struggenti e intimi, si avverte nettamente «l’urgenza di vivere [….] in una dimensione in cui la morte non sia il nulla ma sia “un eterno presente”», come evidenzia Marzia Margherita Dati Graham. Rivolgendosi a Meneceo, Epicuro ci dice che «quando noi viviamo, la morte non c’è, e viceversa.» Perché è tanto forte il tuo desiderio di “un eterno presente”?

In questa parte del libro ho raccolto scritti diversi, ma legati dal desiderio di parlarmi e di parlarvi Raccontami di te e sarò parte della tua vita, forse è questo l’eterno presente: parliamoci, anche in silenzio, e il presente avrà un senso.

6. “Dialogo fra il poeta e l’oblio” è la sezione conclusiva del tuo “Un quarto di secondo [poesie]”, e il Tempo, forse, è un po’ come un amico e un complice: «[…] ci imbuca nella fessura come lettera menzognera!// Non è indolore.// Dove sono adesso? E dove sei?// Credo…// traslocati nella metafora dell’infanzia.»
Sonia Vatteroni, i poeti credono, o meglio, s’illudono di poter arrestare il Tempo, questo io credo. In fisica, il tempo può essere definito come la distanza tra gli eventi calcolata nelle coordinate spaziotemporali quadridimensionali; “La teoria della relatività ristretta” di Albert Einstein ci spiega che il tempo non può essere compreso se non come una parte del cronotopo.

Il poeta mente: cerca l’Oblio ma questo sa che non è così; altrimenti perché scriverebbe? Il dialogo immaginario è stato usato da grandi scrittori ed io ho provato a dialogare con l’Oblio. Alla fine ognuno cercherà la propria anima ma, dice l’Oblio: “… tu sarai sopra uno sperone e fingerai di cercarmi.  Time over.”

7. In “Un quarto di secondo [poesie]” troviamo ben cinque sezioni, che possono essere lette in maniera indipendente; immagino siano state scritte in tempi diversi. Per quali esigenze, personali e non, sono venute alla luce?

Dare una cronologia non è facile; le poesie vengono spesso riviste, manipolate nel tempo. A volte no, sono tappe della vita, ma questo credo sia il privato e va lasciato lì.

8. Qual è la caratteristica precipua del tuo poetare, Sonia Vatteroni?

Credevo di non saper rispondere, ma dato che ho risposto alle domande, penso di poter osare: la curiosità: curiosità di imparare dagli altri e di conoscere fino a dove posso arrivare, mettendo l’asta sempre un po’ più avanti. E la condivisione: mi piace se altri abitano nelle mie poesie mentre le leggono, mi piacerebbe che qualcuna fosse amata, loro, non io. La manifattura.

9. “Un quarto di secondo [poesie]” accoglie diverse illustrazioni di Beppe Mecconi, che ha tradotto in immagini alcune tue poesie. Com’è nata la vostra collaborazione artistica?

Beppe è un magnifico disegnatore e tante altre cose. Due anni fa mi chiese di scrivere i testi per uno spettacolo “Orfeo ed Euridice” che abbiamo portato su diversi palchi e festival e ancora porteremo. Ora lavoriamo ad un altro su Shelley sempre con la collaborazione di eccellenti musicisti, cantanti e ballerini. Ma oltre a questo è l’amicizia nata da comune sentire la poesia delle cose che ci unisce.

10. Oggi come oggi, ha ancora senso scrivere poesie? Come ben sappiamo, i giovani leggono poco e le materie umanistiche, in una civiltà sempre più ipertecnologica, non sono tenute granché in considerazione.

Chiederlo a me è come chiedere al negoziante, la poesia è cambiata nella forma, ma la sostanza è sempre l’indicibile. Io amo scrivere anche per la musica e provo stupore quando sento i miei versi diventare canzoni. Giovani, non giovani, credo ci sia anche qualche preconcetto. Se ciò che offriamo è bello, e guarda , voglio proprio usare questo aggettivo semplice, parla a tutti. Se non parla, non ha nulla da dire.

11. Molti poeti moderni parlano sempre più di sé stessi, e sono sempre meno profeti, questa è la mia impressione. Qual è la tua opinione in merito?

Non ho autorità per dare lezioni, ma torniamo al punto: l’arte, in qualsiasi forma, deve mettere in secondo piano l’autore e in primo l’opera.. Lì sta il giudizio.

SONIA VATTERONI Nata a La Spezia, ha vissuto e studiato e insegnato a La Spezia e Firenze. Ha collaborato e fatto parte de “Il giardino dei ciliegi” a Firenze, pubblicando racconti su Cercatori di storie. Ha fatto parte di un seminario internazionale di scrittura creativa della New York University. Ha dato la voce a letture in Controradio (sede fiorentina). Ha pubblicato 3 libri di poesie: PONGASIE / SUPPONGA / MONADI. Autrice dei testi dello spettacolo teatrale musicale ORFEO ED EURIDICE.

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Un quarto di secondo – Sonia Vatteroni

Un quarto di secondoSonia Vatteroni – Introduzione: Marzia Margherita Dati Graham – Copertina e illustrazioni: Beppe Mecconi – Oltre Edizioni – Collana: Collezione di poesia – Prima edizione: maggio 2022 – Pagine: 208 – ISBN: 9791280075444 – Prezzo di copertina: 18,00 €



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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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