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Pier Paolo Pasolini è l'ultimo eretico
LINKinMOOVIES di mercoledì 22 giugno 2022
Quale aspetto della vita artistica, e non solo, di Pier Paolo Pasolini è ancora da indagare? Quale punto di vista sulla sua esistenza è utile porre in evidenza per poter comprendere la figura...

di Davide Parpinel
Quale aspetto della vita artistica, e non solo, di Pier Paolo Pasolini è ancora da indagare? Quale punto di vista sulla sua esistenza è utile porre in evidenza per poter comprendere la figura del poeta, regista e intellettuale? Francesco Cenetiempo, giornalista, uomo di cultura, esperto di cinema e di storia del Novecento, mette in risalto nel suo trattato Pier Paolo Pasolini. L’ultimo eretico come e perché Pasolini può considerarsi un eretico rispetto al mondo, all’Italia, al sistema culturale verso cui si confrontava e che ha sfidato per tutta la sua esistenza. Questo lo spiega Francesco Ranieri Martinotti nell’introduzione al volume affermando che questo carattere emerge dai tasselli di vita che l’autore ripercorre nel suo scritto, "tasselli di una vita complicata e sofferta di un intellettuale acuto e lungimirante che la società italiana ha perlopiù ignorato e respinto per troppo tempo e che ha trovato maggiore consenso in Paesi come la Francia" (p. 8). Il Presidente dell’ANAC, sempre nella pagine introduttive, aggiunge che oltre il tratto eretico, la vita di Pasolini si caratterizza anche per "il saper interpretare i segnali della realtà, nascosti e indecifrabili ai più, per proiettarli quasi profeticamente nel futuro" (p.8). Queste le coordinate d’accesso al libro di Cenetiempo. 

Il libro. Il libro è edito da Gammarò; la prima edizione è del 2022 nella collana Le bitte, e si compone di 149 pagine. Queste sono suddivise nell’Introduzione scritta da Martinotti a cui seguono sette capitoli (Lo strumento del reale; "Officina": una straordinaria esperienza culturale; “La rabbia” in versi di Pasolini e Guareschi; Il vangelo di Matteo secondo Pasolini; Teorema alla XXIX Mostra internazionale del cinema di Venezia; Epilogo; L’esecuzione) e l’Appendice suddivisa in Filmografia, Bibliografia di riferimento e Opere in volume. Il costo del libro è di 18 Euro. 

Tra censura e politica, tra realtà e racconto. Lo scritto di Cenetiempo si muove nella vita artistica di Pasolini tra cinema, letteratura, poesia, partendo dal passaggio che fece lo scrittore tra la forma scritta e la forma visiva in quanto il cinema dava al poeta un nuovo linguaggio per raccontare la sua passione per la vita, per la realtà che gli scorreva attorno. Questo passaggio si concretizza inizialmente in Accattone, per poi procedere con Mamma Roma, di cui Cenetiempo, e questo avviene per tutti i film di Pasolini citati, più che raccontarne la genesi, preferisce descriverne l’accoglienza nella società e nel mondo del cinema, ricordando i festival a cui le pellicole hanno partecipato, le proteste, le problematiche di censura, e l’accoglienza nella società, riportando, quando è necessario, alcuni passi dagli articoli di giornali. Queste testimonianze, a volte, si intrecciano con le parole dello stesso regista scritte in risposta ai procedimenti giudiziari che mettevano i suoi film fuori dalla distribuzione, come accadde per il segmento La ricotta all’interno del film Ro.Go.Pa.G. I ricordi sui processi e sulle azioni delle censura prendono molto spazio nella trattazione di Cenetiempo, perché necessari a descrivere come si articolava e spiegava l’interpretazione della realtà di Pasolini, troppo spesso incompresa. 

L’esperienza a capo della rivista “Officina” è un elemento importante per comprendere l’evoluzione intellettuale del poeta attraverso cui egli, insieme a Francesco Leonetti e Roberto Roversi, voleva polemizzare contro il disimpegnato novecentismo e contro il neorealismo, come ricorda l’autore del libro a pagina 25. A questa esperienza l’autore affianca anche il ricordo della produzione letteraria di Pasolini, le sue considerazioni sull’esclusione dei suoi libri dai principali premi letterari, per poi riprendere il filo del discorso cinematografico con La rabbia, la relativa contrapposizione con Giovannino Guareschi, e la volontà di Pasolini di realizzare un film inchiesta sul rapporto degli italiani con la sessualità. Successivamente, la trattazione di Cenetiempo prosegue con il desiderio dell’intellettuale di girare un film tratto dal Vangelo di Matteo sempre nel solco dell’indagine acuta della realtà a cui fece seguito la sua partecipazione alla rivista “Nuovi Argomenti”, l’ideazione e creazione di Uccellacci e uccellini, del mediometraggio La terra vista dalla Luna e dell’Edipo re, tutte opere analizzate e raccontate anche attraverso le parole del poeta. Poi arriva il ‘68 e Teorema, un’opera con la quale Pasolini voleva indagare il valore del sacro in una famiglia borghese e la vicenda che lo vide protagonista all’interno della complicata Mostra del Cinema del 1968. Nell’epilogo del libro, Cenetiempo racconta le finali esperienza cinematografiche di Pasolini, Il Decameron, I racconti di Canterbury e Il fiore delle Mille e una notte, fino a Salò e le 120 giornate di Sodoma, tutte poste sotto la lente d’ingrandimento del tema centrale del libro. L’esecuzione, infine, è più un capitolo di domande, di espressione di dubbi, di condivisione di narrazione impossibili e sbagliate sulla scomparsa del poeta che si conclude con il ricordo di Petrolio, lo Zibaldone di Pasolini, e la sua pericolosità intrinseca. 

L’appendice riporta un lungo elenco di film in cui Pasolini è intervenuto in qualità di regista, sceneggiatore, soggettista, in ordine cronologico dal 1954 de La donna del fiume di Mario Soldati, al 1975 di Salò. Per ognuno vengono proposti l’elenco del cast tecnico e la spiegazione della trama. La bibliografia di riferimento e la cronologia delle opere di Pasolini concludono il volume. Così articolata l’appendice risulta esaustiva perché completa quanto il libro propone in termini di curiosità e approfondimenti.

Ciò che emerge dalla lettura del libro Pier Paolo Pasolini. L’ultimo eretico è la definizione di Pasolini come un intellettuale che si è mosso artisticamente tra la parola scritta e l’immagine in movimento; in questa cornice l’azione saggistica di Cenetiempo non è né retorica, né utilizza figure già assimilate, ma sviluppa un racconto continuo di incastri e vicende. Il senso del dissenso che emerge dai virgolettati del regista, le sue battaglie, la sua perseveranza nel perseguire i suoi ideali e le sue linee di pensiero sono le colonne portanti del libro e della voglia di interpretare la realtà a lui appartenente, a cui si aggrappa la visione del mondo di Pasolini che cresce e si consolida mano a mano che il libro si snoda. In questa architettura di pensiero, le note a piè di pagina assolvono al compito di spiegare e sciogliere i quesiti che soggiungono in chi legge. Il trattato di Cenetiempo, concludendo, si legge con disinvoltura e facilità, senza interruzioni e si pone come un compendio completo e curato sulla definizione del pensiero e della visione futuribile di Pasolini, arricchendo così la letteratura a suo riguardo.



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di Davide Parpinel
Quale aspetto della vita artistica, e non solo, di Pier Paolo Pasolini è ancora da indagare? Quale punto di vista sulla sua esistenza è utile porre in evidenza per poter comprendere la figura del poeta, regista e intellettuale? Francesco Cenetiempo, giornalista, uomo di cultura, esperto di cinema e di storia del Novecento, mette in risalto nel suo trattato Pier Paolo Pasolini. L’ultimo eretico come e perché Pasolini può considerarsi un eretico rispetto al mondo, all’Italia, al sistema culturale verso cui si confrontava e che ha sfidato per tutta la sua esistenza. Questo lo spiega Francesco Ranieri Martinotti nell’introduzione al volume affermando che questo carattere emerge dai tasselli di vita che l’autore ripercorre nel suo scritto, "tasselli di una vita complicata e sofferta di un intellettuale acuto e lungimirante che la società italiana ha perlopiù ignorato e respinto per troppo tempo e che ha trovato maggiore consenso in Paesi come la Francia" (p. 8). Il Presidente dell’ANAC, sempre nella pagine introduttive, aggiunge che oltre il tratto eretico, la vita di Pasolini si caratterizza anche per "il saper interpretare i segnali della realtà, nascosti e indecifrabili ai più, per proiettarli quasi profeticamente nel futuro" (p.8). Queste le coordinate d’accesso al libro di Cenetiempo. 

Il libro. Il libro è edito da Gammarò; la prima edizione è del 2022 nella collana Le bitte, e si compone di 149 pagine. Queste sono suddivise nell’Introduzione scritta da Martinotti a cui seguono sette capitoli (Lo strumento del reale; "Officina": una straordinaria esperienza culturale; “La rabbia” in versi di Pasolini e Guareschi; Il vangelo di Matteo secondo Pasolini; Teorema alla XXIX Mostra internazionale del cinema di Venezia; Epilogo; L’esecuzione) e l’Appendice suddivisa in Filmografia, Bibliografia di riferimento e Opere in volume. Il costo del libro è di 18 Euro. 

Tra censura e politica, tra realtà e racconto. Lo scritto di Cenetiempo si muove nella vita artistica di Pasolini tra cinema, letteratura, poesia, partendo dal passaggio che fece lo scrittore tra la forma scritta e la forma visiva in quanto il cinema dava al poeta un nuovo linguaggio per raccontare la sua passione per la vita, per la realtà che gli scorreva attorno. Questo passaggio si concretizza inizialmente in Accattone, per poi procedere con Mamma Roma, di cui Cenetiempo, e questo avviene per tutti i film di Pasolini citati, più che raccontarne la genesi, preferisce descriverne l’accoglienza nella società e nel mondo del cinema, ricordando i festival a cui le pellicole hanno partecipato, le proteste, le problematiche di censura, e l’accoglienza nella società, riportando, quando è necessario, alcuni passi dagli articoli di giornali. Queste testimonianze, a volte, si intrecciano con le parole dello stesso regista scritte in risposta ai procedimenti giudiziari che mettevano i suoi film fuori dalla distribuzione, come accadde per il segmento La ricotta all’interno del film Ro.Go.Pa.G. I ricordi sui processi e sulle azioni delle censura prendono molto spazio nella trattazione di Cenetiempo, perché necessari a descrivere come si articolava e spiegava l’interpretazione della realtà di Pasolini, troppo spesso incompresa. 

L’esperienza a capo della rivista “Officina” è un elemento importante per comprendere l’evoluzione intellettuale del poeta attraverso cui egli, insieme a Francesco Leonetti e Roberto Roversi, voleva polemizzare contro il disimpegnato novecentismo e contro il neorealismo, come ricorda l’autore del libro a pagina 25. A questa esperienza l’autore affianca anche il ricordo della produzione letteraria di Pasolini, le sue considerazioni sull’esclusione dei suoi libri dai principali premi letterari, per poi riprendere il filo del discorso cinematografico con La rabbia, la relativa contrapposizione con Giovannino Guareschi, e la volontà di Pasolini di realizzare un film inchiesta sul rapporto degli italiani con la sessualità. Successivamente, la trattazione di Cenetiempo prosegue con il desiderio dell’intellettuale di girare un film tratto dal Vangelo di Matteo sempre nel solco dell’indagine acuta della realtà a cui fece seguito la sua partecipazione alla rivista “Nuovi Argomenti”, l’ideazione e creazione di Uccellacci e uccellini, del mediometraggio La terra vista dalla Luna e dell’Edipo re, tutte opere analizzate e raccontate anche attraverso le parole del poeta. Poi arriva il ‘68 e Teorema, un’opera con la quale Pasolini voleva indagare il valore del sacro in una famiglia borghese e la vicenda che lo vide protagonista all’interno della complicata Mostra del Cinema del 1968. Nell’epilogo del libro, Cenetiempo racconta le finali esperienza cinematografiche di Pasolini, Il Decameron, I racconti di Canterbury e Il fiore delle Mille e una notte, fino a Salò e le 120 giornate di Sodoma, tutte poste sotto la lente d’ingrandimento del tema centrale del libro. L’esecuzione, infine, è più un capitolo di domande, di espressione di dubbi, di condivisione di narrazione impossibili e sbagliate sulla scomparsa del poeta che si conclude con il ricordo di Petrolio, lo Zibaldone di Pasolini, e la sua pericolosità intrinseca. 

L’appendice riporta un lungo elenco di film in cui Pasolini è intervenuto in qualità di regista, sceneggiatore, soggettista, in ordine cronologico dal 1954 de La donna del fiume di Mario Soldati, al 1975 di Salò. Per ognuno vengono proposti l’elenco del cast tecnico e la spiegazione della trama. La bibliografia di riferimento e la cronologia delle opere di Pasolini concludono il volume. Così articolata l’appendice risulta esaustiva perché completa quanto il libro propone in termini di curiosità e approfondimenti.

Ciò che emerge dalla lettura del libro Pier Paolo Pasolini. L’ultimo eretico è la definizione di Pasolini come un intellettuale che si è mosso artisticamente tra la parola scritta e l’immagine in movimento; in questa cornice l’azione saggistica di Cenetiempo non è né retorica, né utilizza figure già assimilate, ma sviluppa un racconto continuo di incastri e vicende. Il senso del dissenso che emerge dai virgolettati del regista, le sue battaglie, la sua perseveranza nel perseguire i suoi ideali e le sue linee di pensiero sono le colonne portanti del libro e della voglia di interpretare la realtà a lui appartenente, a cui si aggrappa la visione del mondo di Pasolini che cresce e si consolida mano a mano che il libro si snoda. In questa architettura di pensiero, le note a piè di pagina assolvono al compito di spiegare e sciogliere i quesiti che soggiungono in chi legge. Il trattato di Cenetiempo, concludendo, si legge con disinvoltura e facilità, senza interruzioni e si pone come un compendio completo e curato sulla definizione del pensiero e della visione futuribile di Pasolini, arricchendo così la letteratura a suo riguardo.



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OGT newspaper
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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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