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«Pier Paolo Pasolini. L’ultimo eretico» di Francesco Cenetiempo
Modulazioni Temporali di domenica 10 luglio 2022
Nel centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini, “Pier Paolo Pasolini. L’ultimo eretico” (Gammarň Edizioni, 2022, euro 18) di Francesco Cenetiempo č una nuova pubblicazione che ripercorre la vita artistica del poeta e regista, restituendone il carattere di attento scrutatore della realtŕ. Un viaggio il suo, alla scoperta del mondo della celluloide...

di Federica Scardino

“Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero” (Che cos’è questo golpe?).

Nel centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini, “Pier Paolo Pasolini. L’ultimo eretico” (Gammarò Edizioni, 2022, euro 18) di Francesco Cenetiempo è una nuova pubblicazione che ripercorre la vita artistica del poeta e regista, restituendone il carattere di attento scrutatore della realtà. Un viaggio il suo, alla scoperta del mondo della celluloide. Già affermato in quello delle lettere, Pier Paolo Pasolini, intellettuale tra i più energici ed eclettici nello scenario culturale dell’Italia del secondo dopoguerra. Sempre scevro dal conformismo imperante nell’Italia del secondo dopoguerra e anacronisticamente ancorata ai paradigmi arcaici e borghesi, il Pasolini eretico era un intellettuale avverso alle etichette. Egli ha lanciato un grido forte e disperato contro il consumismo, aborrendo l’omologazione di massa degli italiani che vedeva impotente scivolare verso la perdita definitiva della loro identità rurale. Il suo è stato uno sguardo intransigente nei confronti della società contemporanea che, in quegli anni, usciva dal benessere del boom economico per affondare nel piombo di quegli anni sanguinari delle stragi.

Francesco Cenetiempo, giornalista, uomo di cultura, esperto di cinema e di storia del Novecento, racconta con il linguaggio dell’esperienza, in che modo Pasolini può considerarsi un eretico rispetto al mondo, all’Italia, al sistema culturale verso cui si confrontava e che ha sfidato per tutta la sua vita. Il cinema diede al poeta un nuovo strumento per raccontare la sua passione per la vita, per provocare la realtà ipocrita che gli scorreva attorno. Censurato, assolto, censurato di nuovo, denunciato. Tra politica, realtà e racconto Cenetiempo ci racconta la vita artistica di Pasolini nel cinema, nella letteratura e nella poesia. Dagli esordi cinematografici con la regia di Accattone, per poi procedere con Mamma Roma, il segmento La ricotta all’interno del film Ro.Go.Pa.G e via dicendo; Cenetiempo scrive dell’impatto che queste opere ebbero nella società e nel mondo del cinema, ricordando i festival a cui le pellicole hanno partecipato, le proteste, le problematiche di censura, e l’accoglienza nella società e riportando, quando è necessario, alcuni passi dagli articoli di giornali. I ricordi sui processi e sulle azioni delle censura prendono molto spazio nella trattazione di Cenetiempo, perché necessari a descrivere come si articolava e spiegava l’interpretazione della realtà di Pasolini, troppo spesso incompresa.

L’attività saggistica di Cenetiempo non è né ampollosa né ripercorre sentieri già battuti, ma approfondisce un racconto fatto di ispirazione, opere, ma anche di vicende e reazioni. Il senso del dissenso del poeta prima e regista poi, le sue battaglie contro l’ipocrisia della classe politica, la sua perseveranza nel perseguire i suoi ideali e le sue linee di pensiero sulla deriva della società sono ciò che fa di questo libro una lucida fotografia della visione del mondo di Pasolini e della sua voglia di interpretare la sua realtà in una determinazione che cresce e si consolida lungo tutta la narrazione. Il testo ricostruisce sincronicamente la sua tormentata vita di analista, crudo e sincero fino al suo assassinio. L’appendice riporta un lungo elenco di film in cui Pasolini è intervenuto in qualità di regista, sceneggiatore, soggettista, in ordine cronologico dal 1954 de La donna del fiume di Mario Soldati, al 1975 di Salò. Per ognuno vengono proposti l’elenco del cast tecnico e la spiegazione della trama. La bibliografia di riferimento e la cronologia delle opere di Pasolini concludono il volume. Così articolata l’appendice risulta esaustiva perché completa quanto il libro propone in termini di curiosità e approfondimenti. Il saggio di Cenetiempo, scorre con chiarezza e facilità, senza soste e si pone come un riepilogo completo e curato sul pensiero e l’arte pasoliniana, arricchendo così la letteratura a suo riguardo.



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Modulazioni Temporali - domenica 10 luglio 2022
Nel centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini, “Pier Paolo Pasolini. L’ultimo eretico” (Gammarň Edizioni, 2022, euro 18) di Francesco Cenetiempo č una nuova pubblicazione che ripercorre la vita artistica del poeta e regista, restituendone il carattere di attento scrutatore della realtŕ. Un viaggio il suo, alla scoperta del mondo della celluloide...

di Federica Scardino

“Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero” (Che cos’è questo golpe?).

Nel centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini, “Pier Paolo Pasolini. L’ultimo eretico” (Gammarò Edizioni, 2022, euro 18) di Francesco Cenetiempo è una nuova pubblicazione che ripercorre la vita artistica del poeta e regista, restituendone il carattere di attento scrutatore della realtà. Un viaggio il suo, alla scoperta del mondo della celluloide. Già affermato in quello delle lettere, Pier Paolo Pasolini, intellettuale tra i più energici ed eclettici nello scenario culturale dell’Italia del secondo dopoguerra. Sempre scevro dal conformismo imperante nell’Italia del secondo dopoguerra e anacronisticamente ancorata ai paradigmi arcaici e borghesi, il Pasolini eretico era un intellettuale avverso alle etichette. Egli ha lanciato un grido forte e disperato contro il consumismo, aborrendo l’omologazione di massa degli italiani che vedeva impotente scivolare verso la perdita definitiva della loro identità rurale. Il suo è stato uno sguardo intransigente nei confronti della società contemporanea che, in quegli anni, usciva dal benessere del boom economico per affondare nel piombo di quegli anni sanguinari delle stragi.

Francesco Cenetiempo, giornalista, uomo di cultura, esperto di cinema e di storia del Novecento, racconta con il linguaggio dell’esperienza, in che modo Pasolini può considerarsi un eretico rispetto al mondo, all’Italia, al sistema culturale verso cui si confrontava e che ha sfidato per tutta la sua vita. Il cinema diede al poeta un nuovo strumento per raccontare la sua passione per la vita, per provocare la realtà ipocrita che gli scorreva attorno. Censurato, assolto, censurato di nuovo, denunciato. Tra politica, realtà e racconto Cenetiempo ci racconta la vita artistica di Pasolini nel cinema, nella letteratura e nella poesia. Dagli esordi cinematografici con la regia di Accattone, per poi procedere con Mamma Roma, il segmento La ricotta all’interno del film Ro.Go.Pa.G e via dicendo; Cenetiempo scrive dell’impatto che queste opere ebbero nella società e nel mondo del cinema, ricordando i festival a cui le pellicole hanno partecipato, le proteste, le problematiche di censura, e l’accoglienza nella società e riportando, quando è necessario, alcuni passi dagli articoli di giornali. I ricordi sui processi e sulle azioni delle censura prendono molto spazio nella trattazione di Cenetiempo, perché necessari a descrivere come si articolava e spiegava l’interpretazione della realtà di Pasolini, troppo spesso incompresa.

L’attività saggistica di Cenetiempo non è né ampollosa né ripercorre sentieri già battuti, ma approfondisce un racconto fatto di ispirazione, opere, ma anche di vicende e reazioni. Il senso del dissenso del poeta prima e regista poi, le sue battaglie contro l’ipocrisia della classe politica, la sua perseveranza nel perseguire i suoi ideali e le sue linee di pensiero sulla deriva della società sono ciò che fa di questo libro una lucida fotografia della visione del mondo di Pasolini e della sua voglia di interpretare la sua realtà in una determinazione che cresce e si consolida lungo tutta la narrazione. Il testo ricostruisce sincronicamente la sua tormentata vita di analista, crudo e sincero fino al suo assassinio. L’appendice riporta un lungo elenco di film in cui Pasolini è intervenuto in qualità di regista, sceneggiatore, soggettista, in ordine cronologico dal 1954 de La donna del fiume di Mario Soldati, al 1975 di Salò. Per ognuno vengono proposti l’elenco del cast tecnico e la spiegazione della trama. La bibliografia di riferimento e la cronologia delle opere di Pasolini concludono il volume. Così articolata l’appendice risulta esaustiva perché completa quanto il libro propone in termini di curiosità e approfondimenti. Il saggio di Cenetiempo, scorre con chiarezza e facilità, senza soste e si pone come un riepilogo completo e curato sul pensiero e l’arte pasoliniana, arricchendo così la letteratura a suo riguardo.



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OGT newspaper
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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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