La sensibilità estetica è stata per Giuseppe Ungaretti non meno congeniale allo spirito che utile vena creativa alla composizione poetica. La combinazione di letteratura e correnti artistiche figurative ha costituito un amalgama in grado di fecondare un’espressività poetica che affonda le proprie radici nel dato esistenziale, ma senza mai perdere di vista il confronto e l’approfondimento con l’arte pittorica e scultorea. Le poesie di Ungaretti contengono innumerevoli immagini provenienti dal mondo dell’arte e dal paesaggio naturale, che egli osserva con uno sguardo costantemente orientato da una spiccata sensibilità estetica. E a resa sul piano poetico risente dell’influsso congiunto dell’equilibrio classico che gli proviene dall’osservazione delle forme classiche che la memoria del passato ci ha tramandato nelle composizioni artistiche e dallo sguardo innocente rivolto alla contemporaneità. Basti ricordare, a tale proposito, la prima stesura di Mattina: “M’illumino / d’immenso / con un breve / moto / di sguardo”. L’attenzione che Ungaretti esercita per tutta la sua esistenza nei confronti dell’arte predilige quella di Michelangelo, Bernini e Borromini. Ma i suoi versi rivelano affinità non di minore rilievo con la pittura di Masaccio, Piero della Francesca e soprattutto con Veemer, che lo affascina in modo particolare per quella comune concezione di una luce che illumina le tele di uno e i versi dell’altro con un requisito in grado non solo di illuminare ’aspetto fenomenico, ma di accendere anche quello metafisico o mistico. Ma non saranno meno influenti le amicizie e le frequentazioni intrattenute con i migliori pittori della prima metà del Novecento, da Picasso a Savinio, da Mogliani a De Chirico tra gli altri…
Avevamo conosciuto Carla Boroni – professoressa associata di Letteratura italiana Contemporanea presso la facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica di Brescia e Milano – attraverso i suoi numerosi studi i critici, due dei quali già dedicati alla vita e alla poetica di Giuseppe Ungaretti. Ora in questo nuovo testo ella, avvalendosi della notevole conoscenza del grande poeta del secolo scorso e di una arguta capacità di approfondimento critico, sposta i termini della discussione in un terreno su di un terreno fin qui poco battuto, se non superficialmente, dall’ingente messe di studi pubblicati nel corso degli anni. Ovvero, quello dell’influenza esercitata sulla poesia ungarettiana dal pensiero visivo e dall’arte figurativa. Riuscire a mettere in luce e comprendere la natura della confluenza di entrambe le componenti non costituisce per l’autrice del presente libro un vezzo, ma il grado di consapevolezza del valore che essa ha assunto nel definirsi dell’iter poetico di Ungaretti. Di tale connubio qui la Baroni si occupa con una scrittura che è senz’altro specialistica, ma fruibile nell’argomentare e avvincente nel consegnare al lettore pagine che si leggono con curiosità e piacevolezza. Il testo è corredato inoltre da una nota bibliografica esauriente e da costanti rimandi a testi poetici e a citazioni di scritti che il poeta ha dedicato, nella sua costante attenzione del fenomeno, alla critica d’arte. Non si può fare a meno di consigliare al lettore che ama Ungaretti, ma anche l’arte e la poesia a lasciarsi trasportare dalla lettura di questo libro.
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