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Maria Teresa Casella – L’ordine infranto
Contorni di noir di sabato 10 settembre 2022
Marta ha ventitré anni quando per caso scopre di essere stata adottata, quando la sua vita subisce una svolta che mai avrebbe pensato di dover affrontare. L’ordine della sua vita č infranto...

di Cewcilia Di Lorenzo
Marta ha ventitré anni quando per caso scopre di essere stata adottata, quando la sua vita subisce una svolta che mai avrebbe pensato di dover affrontare. L’ordine della sua vita è infranto. Niente sarà come prima. Il terreno cede sotto ai piedi, le radici non trovano più il loro ancoraggio nella terra, il cuore si infrange in mille pezzi. A ventitré anni deve fare i conti con una realtà devastante. Non ha più sicurezze, è allo sbando.
“Per tutti i miei ventitré anni ero vissuta in un imbroglio concertato a mia insaputa, confidando nel sorriso di chi mi teneva per mano fin da quando ero bambina. La scoperta cambiò ogni cosa. Da lì la fuga, la strada ed il rifiuto, andata e ritorno dall’inferno, fino alle luci di quel campo nomadi.”

È una studentessa di medicina al quarto anno, ha una famiglia che crede da sempre sia la sua famiglia naturale e ora non le resta altra scelta che fuggire, raccogliere i pezzi e fuggire per capire, per chiedersi perché i suoi genitori non le hanno mai detto niente.
Fuggire, cominciare a vivere in macchina e poi per strada.
“Era estate quando affrontai la Strada.
Non fu una scelta consapevole, non avevo le idee chiare. Sapevo solo di voler ricominciare da zero, e di non poterlo fare tornando in famiglia. Negli anni passati per compiacere i miei genitori ero diventata altro da me stessa. Poi la rabbia mi aveva travolta, e mi aveva ancora cambiata. Dovevo imparare a conoscermi, e dovevo farlo da donna libera. Affamata, disperata e sudicia, ma libera.”

Ci sono volte in cui il senso di libertà grida così forte da stordirci e costringe a fare, ad agire, senza guardare intorno a noi, guardando solo noi. Libera di vivere un’altra vita, difficile, ma l’unica possibile in quel momento per Marta. Una vita lontana da casa sua per ritrovarsi, una ricerca di se stessa attraverso un percorso faticoso, ogni gesto richiede uno sforzo, chiedere l’elemosina, cercare un angolo dove poter dormire, cercare il cibo, sopravvivere.
E dalla strada entrare in contatto, in modo rocambolesco, con delle ragazze rom e da lì arrivare a proseguire il nuovo corso vivendo in un campo rom. Fare amicizia in particolare con una di quelle ragazze, Zaclita, seguirla e vivere una vita da nomade. Ancora più ai margini, ancora più lontana dalla sua vecchia vita, ancora più decisa ad andare sempre più a fondo, per vedere fino a che punto si possa arrivare a toccarlo, quel fondo.
“Arrivava l’autunno, ed ero ancora al campo rom.
Ormai mi sentivo in dovere di restare, e non mi stavo costruendo un alibi: ero parte attiva nel contesto. Mentre curavo come meglio potevo malanni di ogni genere, acquistavo credibilità nel clan degli Husovic e imparavo a fronteggiare gli inevitabili disagi della mia nuova vita.”

La sporcizia, le malattie, i furti, l’elemosina, il degrado, il freddo, una vita così lontana dalla nostra cultura. Ma ora per Marta tutto ciò rappresenta la sua vita, lo spazio in cui ha deciso di stravolgerla ancora quella sua vita disgraziata. Tutto ciò diventa il suo quotidiano, il suo respiro, il suo subire sulla propria pelle il disagio.
Ma accadono degli avvenimenti che ancora una volta la porteranno a decidere cosa farne della sua vita, avvenimenti che le faranno ritrovare una forza diversa, la forza che arriva quando quel fondo si è toccato, oltre significherebbe solo la morte. Bisogna risalire anche se feriti, feriti nel profondo, cicatrici, quelle fisiche e quelle che vanno a segnare la nostra anima, i nostri luoghi più reconditi.
“Infranto l’ordine della mia vita, tentai per un certo tempo di ripristinarlo. Non mi riuscì. A quell’ordine dovetti rinunciare e allora conobbi la mia forza, scoprendomi più solida di quanto avessi immaginato.”
La forza che non immaginiamo di avere, se non quando tutto sembra perduto, se non quando le ferite sono così profonde da sperare quasi di morire, ma è quel quasi a salvarci, a farci lottare per tornare in superficie.

Vi invito a leggere “L’ordine infranto” di Maria Teresa Casella non solo per scoprire cosa farà Marta nel momento in cui tocca il fondo, ma anche perché vi aspetta una lettura intensa, una storia raccontata tutta in prima persona e questo non fa che accentuare ancora di più l’intensità di tutta la vicenda.
Mi sono chiesta a fine lettura cosa avrei fatto io se avessi scoperto quello che ha scoperto Marta. La riposta è che non lo so. Un conto è leggere certe storie, un conto è viverle sulla propria pelle. E decidere cosa fare. Lasciarsi trasportare dall’onda emotiva facendosi travolgere dagli eventi, fuggire per cercarsi o cercarsi restando dove si è? Non ne ho idea. Quello che so è che la vicenda di Marta mi ha colpita, mi ha fatto riflettere su come la vita di ognuno possa cambiare, su come si possano lasciare andare i propri punti fermi e ritrovarsi ad ancorarsi in un contesto a noi estraneo, lontano dal punto di vista culturale ma dove possiamo trovare alcune affinità che non avremmo mai immaginato. E poi decidere se continuare a seguire il nuovo corso o se andare a ricercare la vecchia via lasciata così dolorosamente.



leggi l'articolo integrale su Contorni di noir
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Marta ha ventitré anni quando per caso scopre di essere stata adottata, quando la sua vita subisce una svolta che mai avrebbe pensato di dover affrontare. L’ordine della sua vita č infranto...

di Cewcilia Di Lorenzo
Marta ha ventitré anni quando per caso scopre di essere stata adottata, quando la sua vita subisce una svolta che mai avrebbe pensato di dover affrontare. L’ordine della sua vita è infranto. Niente sarà come prima. Il terreno cede sotto ai piedi, le radici non trovano più il loro ancoraggio nella terra, il cuore si infrange in mille pezzi. A ventitré anni deve fare i conti con una realtà devastante. Non ha più sicurezze, è allo sbando.
“Per tutti i miei ventitré anni ero vissuta in un imbroglio concertato a mia insaputa, confidando nel sorriso di chi mi teneva per mano fin da quando ero bambina. La scoperta cambiò ogni cosa. Da lì la fuga, la strada ed il rifiuto, andata e ritorno dall’inferno, fino alle luci di quel campo nomadi.”

È una studentessa di medicina al quarto anno, ha una famiglia che crede da sempre sia la sua famiglia naturale e ora non le resta altra scelta che fuggire, raccogliere i pezzi e fuggire per capire, per chiedersi perché i suoi genitori non le hanno mai detto niente.
Fuggire, cominciare a vivere in macchina e poi per strada.
“Era estate quando affrontai la Strada.
Non fu una scelta consapevole, non avevo le idee chiare. Sapevo solo di voler ricominciare da zero, e di non poterlo fare tornando in famiglia. Negli anni passati per compiacere i miei genitori ero diventata altro da me stessa. Poi la rabbia mi aveva travolta, e mi aveva ancora cambiata. Dovevo imparare a conoscermi, e dovevo farlo da donna libera. Affamata, disperata e sudicia, ma libera.”

Ci sono volte in cui il senso di libertà grida così forte da stordirci e costringe a fare, ad agire, senza guardare intorno a noi, guardando solo noi. Libera di vivere un’altra vita, difficile, ma l’unica possibile in quel momento per Marta. Una vita lontana da casa sua per ritrovarsi, una ricerca di se stessa attraverso un percorso faticoso, ogni gesto richiede uno sforzo, chiedere l’elemosina, cercare un angolo dove poter dormire, cercare il cibo, sopravvivere.
E dalla strada entrare in contatto, in modo rocambolesco, con delle ragazze rom e da lì arrivare a proseguire il nuovo corso vivendo in un campo rom. Fare amicizia in particolare con una di quelle ragazze, Zaclita, seguirla e vivere una vita da nomade. Ancora più ai margini, ancora più lontana dalla sua vecchia vita, ancora più decisa ad andare sempre più a fondo, per vedere fino a che punto si possa arrivare a toccarlo, quel fondo.
“Arrivava l’autunno, ed ero ancora al campo rom.
Ormai mi sentivo in dovere di restare, e non mi stavo costruendo un alibi: ero parte attiva nel contesto. Mentre curavo come meglio potevo malanni di ogni genere, acquistavo credibilità nel clan degli Husovic e imparavo a fronteggiare gli inevitabili disagi della mia nuova vita.”

La sporcizia, le malattie, i furti, l’elemosina, il degrado, il freddo, una vita così lontana dalla nostra cultura. Ma ora per Marta tutto ciò rappresenta la sua vita, lo spazio in cui ha deciso di stravolgerla ancora quella sua vita disgraziata. Tutto ciò diventa il suo quotidiano, il suo respiro, il suo subire sulla propria pelle il disagio.
Ma accadono degli avvenimenti che ancora una volta la porteranno a decidere cosa farne della sua vita, avvenimenti che le faranno ritrovare una forza diversa, la forza che arriva quando quel fondo si è toccato, oltre significherebbe solo la morte. Bisogna risalire anche se feriti, feriti nel profondo, cicatrici, quelle fisiche e quelle che vanno a segnare la nostra anima, i nostri luoghi più reconditi.
“Infranto l’ordine della mia vita, tentai per un certo tempo di ripristinarlo. Non mi riuscì. A quell’ordine dovetti rinunciare e allora conobbi la mia forza, scoprendomi più solida di quanto avessi immaginato.”
La forza che non immaginiamo di avere, se non quando tutto sembra perduto, se non quando le ferite sono così profonde da sperare quasi di morire, ma è quel quasi a salvarci, a farci lottare per tornare in superficie.

Vi invito a leggere “L’ordine infranto” di Maria Teresa Casella non solo per scoprire cosa farà Marta nel momento in cui tocca il fondo, ma anche perché vi aspetta una lettura intensa, una storia raccontata tutta in prima persona e questo non fa che accentuare ancora di più l’intensità di tutta la vicenda.
Mi sono chiesta a fine lettura cosa avrei fatto io se avessi scoperto quello che ha scoperto Marta. La riposta è che non lo so. Un conto è leggere certe storie, un conto è viverle sulla propria pelle. E decidere cosa fare. Lasciarsi trasportare dall’onda emotiva facendosi travolgere dagli eventi, fuggire per cercarsi o cercarsi restando dove si è? Non ne ho idea. Quello che so è che la vicenda di Marta mi ha colpita, mi ha fatto riflettere su come la vita di ognuno possa cambiare, su come si possano lasciare andare i propri punti fermi e ritrovarsi ad ancorarsi in un contesto a noi estraneo, lontano dal punto di vista culturale ma dove possiamo trovare alcune affinità che non avremmo mai immaginato. E poi decidere se continuare a seguire il nuovo corso o se andare a ricercare la vecchia via lasciata così dolorosamente.



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