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«Corrispondenze mediterranee - Viaggio nel sale e nel vento» di Ilaria Guidantoni
ALLEGRACOMBRICCOLA.NET di venerdě 10 luglio 2015


Presso la Mediateca di Gualdo Tadino, il 3 ottobre 2015, alle ore 18.00, con il patrocinio del Museo Regionale dell’Emigrazione Pietro Conti, Ilaria Guidantoni presenterà il suo libro Corrispondenze mediterranee. Viaggio nel sale e nel vento, pubblicato da Oltre Edizioni per la collana Letture del mondo, diretta da Elisa Amadori e Diego Zandel.
L’incontro sarà arricchito da proiezioni di video con frammenti di letture ad opera del regista Filippo Gili e da immagini selezionate dall’autrice per un viaggio virtuale negli scenari che fanno da sfondo al romanzo.

Il libro ha la forma di un romanzo, una sorta di diario intimo. Il libro racconta un viaggio nel Mediterraneo, nello spazio e nel tempo, pur essendo la vicenda contemporanea e prendendo avvio all’indomani delle rivolte arabe, attraverso paesi e genti diverse e si snoda come un percorso iniziatico: quello di una donna francese, protagonista del libro e voce narrante in presa diretta, alla ricerca di un sé rimasto per troppo tempo inascoltato, confuso e taciuto nel ritmo frenetico della vita.
Il cammino di Eloïse diventa metafora dell’esistenza come nomadismo, della ricerca collettiva del senso della vita, dell’Europa che ritrova se stessa solo grazie alle corrispondenze mediterranee della sponda sud del mare nostrum.
In pochi minuti la sua vita di donna manager a Lione viene scompaginate e nello stesso tempo si spalancano le opportunità dell’altrove. Il viaggio ci porta da Lione a Marsiglia, la città più meticcia d’Europa, a spasso per il Nord Africa, dall’Algeria, al Marocco, alla Tunisia rivelandoci come la conoscenza e l’incontro con le vite degli altri siano il dono più originale della quotidianità. Eloïse passa da essere ascoltatrice spaesata a “guida” in un mondo più vicino di quanto sembri, smentendo luoghi comuni e cercando le origini delle parole e delle cose familiari, scoprendo storie nella storia. Il Maghreb le appare nel tempo, in particolare, meno francese di quanto creda, più composito e contraddittorio rispetto allo sguardo ingenuo e presuntuoso di chi si affaccia dal nord senza sporcarsi i piedi nella polvere; e soprattutto molto vicino e intrecciato con il destino europeo, dalla lingua al cibo. La sua peregrinazione ci racconta come il Mediterraneo sia un continente a sé nel quale tra le due rive c’è un sistema stretto di corrispondenza.
Il libro racchiude storie nella storia, dai Gnaowa, ai Regraga in Marocco; al mondo ebraico tunisino, a quello degli Italiani quando l’emigrazione andava in senso inverso e soprattutto la storia inedita della Famiglia Gallico tra la Francia, l’Italia e la Tunisia. E ancora un grande spazio è lasciato al ruolo centrale del cibo e della cucina che raccontano l’intimità e la quotidianità di un luogo e della famiglia.
La storia della protagonista, il suo incontro con Filippo e con altri uomini, per lo più “nomadi” – legati al mondo degli amaziġ (berberi) diventa un monito per la Francia per la Francia a trovare il coraggio di superare il dubbio cartesiano nel dubbio sentimentale e per l’Italia a recuperare la consapevolezza della propria storia come un’opportunità.
Il viaggio ci lascia con un finale aperto, anche se Eloïse sceglie di vivere a Tunisi, con l’idea che ogni meta non sia che una sosta per riflettere e rimettersi in discussione con la domanda sulla fragilità personale e il bisogno degli altri per essere felici.
In quarta di copertina l’inizio del libro: «”Se oggi mi chiedessi da dove vengo, Filippo, ti direi che sono mediterranea.” Nessun vezzo intellettualistico né vena romantica. Mi sento una donna mangiata dal sale che da troppo tempo guarda le frontiere solo dal sud. Le ho guardate così a lungo che quelle barriere sono diventate il mio orizzonte, fluido. Disorientata, mi sono persa nel blues della vita, nello sguardo dell’altro e soprattutto negli occhi dei bambini. […]
Rue de la Croix, civico 12, il mio numero preferito, nella città vecchia di Lione, vicino la zona dei murales. Da lì è partito il mio viaggio senza ritorno verso il sud, verso quello che credevo la terra del “sole dei morenti” mentre è diventata un’alba nuova.»

Ufficio stampa Oltre Edizioni: press@oltre.it

Ilaria Guidantoni

Giornalista, blogger e scrittrice, si occupa di temi legati alla cultura del Mediterraneo soprattutto della sponda sud e del mondo arabo: dialogo tra le religioni, movimenti femminili e femministi; rilettura della storia e dei linguaggi mediterranei. Fiorentina di nascita, vive e lavora tra Roma, Milano, la Toscana e Tunisi. Studiosa del Mediterraneo e della cultura araba.

Laureatasi in Filosofia Teoretica all’Università Cattolica di Milano sul filosofo ebreo russo naturalizzato francese, Wladimir Jankélévitch, un Corso di Perfezionamento in Bioetica al Policlinico Gemelli di Roma, si è interessata di problemi legati alla corporeità, disagi e affettivi e disturbi del comportamento alimentare; e di tradizioni alimentari, saperi e sapori nel Mediterraneo (è sommelier A.I.S.).

E’ direttore del quotidiano culturale on line Saltinaria.it.

Ha maturato un’esperienza di indagine e consulenza nello sviluppo del territorio in ambito di consulenza strategica, parlamentare e di giornalismo politico economico. Già consulente di aziende, istituzioni, spa pubbliche, con una lunga collaborazione con Tecniche Nuove Editore, Il Sole 24 Ore e la direzione di alcune riviste.

Ha pubblicato il saggio Vite sicure. Viaggio tra strade e parole (Edizioni della Sera, marzo 2010); la raccolta di poesie e racconti Prima che sia Buio, (Colosseo Grafica Editoriale, novembre 2010); l’instant book I giorni del gelsomino (P&I Edizioni, febbraio 2011); il romanzo verità Tunisi, taxi di sola andata (NO REPLY Editore, marzo 2012) e Chiacchiere, datteri e thé. Tunisi, viaggio in una società che cambia (Albeggi Edizioni – REvolution, 14 gennaio 2013). Ha pubblicato il racconto “Chéhérazade non abita qui” nel libro collettivo uscito il 25 novembre 2014 contro la violenza sulle donne, Chiamarlo amore non si può (Casa Editrice Mammeonline). Ha collaborato con il Dizionario Enciclopedico delle Migrazioni Italiane nel Mondo (SERItaliAteneo, 2014). Per Natale 2014 è uscito il racconto “Mi chiamavano salice piangente” edito da Mammeonline. A gennaio 2015 sono usciti Marsiglia-Algeri Viaggio al chiaro di luna (Albeggi Edizioni) e Il potere delle donne arabe (Mimesis, editore); a maggio il romanzo Corrispondenze mediterranee, viaggio nel sale e nel vento (Oltre Edizioni). Sta lavorando ad un libro su Firenze e alla traduzione dal francese di un inedito del poeta franco-algerino Jean Sénac per Oltre Edizioni. Ha partecipato in rappresentanza dell’Italia a Tunisi al I Forum internazionale sulle identità multiple nell’area dell’Euro-Maghreb organizzato dalla Commissione europea nel 2013. Ha ricevuto il riconoscimento della Giuria internazionale del premio per i Diritti Umani 2014, XVI edizione Salento porta d’Oriente, Omaggio a Nelson Mandela.

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Presso la Mediateca di Gualdo Tadino, il 3 ottobre 2015, alle ore 18.00, con il patrocinio del Museo Regionale dell’Emigrazione Pietro Conti, Ilaria Guidantoni presenterà il suo libro Corrispondenze mediterranee. Viaggio nel sale e nel vento, pubblicato da Oltre Edizioni per la collana Letture del mondo, diretta da Elisa Amadori e Diego Zandel.
L’incontro sarà arricchito da proiezioni di video con frammenti di letture ad opera del regista Filippo Gili e da immagini selezionate dall’autrice per un viaggio virtuale negli scenari che fanno da sfondo al romanzo.

Il libro ha la forma di un romanzo, una sorta di diario intimo. Il libro racconta un viaggio nel Mediterraneo, nello spazio e nel tempo, pur essendo la vicenda contemporanea e prendendo avvio all’indomani delle rivolte arabe, attraverso paesi e genti diverse e si snoda come un percorso iniziatico: quello di una donna francese, protagonista del libro e voce narrante in presa diretta, alla ricerca di un sé rimasto per troppo tempo inascoltato, confuso e taciuto nel ritmo frenetico della vita.
Il cammino di Eloïse diventa metafora dell’esistenza come nomadismo, della ricerca collettiva del senso della vita, dell’Europa che ritrova se stessa solo grazie alle corrispondenze mediterranee della sponda sud del mare nostrum.
In pochi minuti la sua vita di donna manager a Lione viene scompaginate e nello stesso tempo si spalancano le opportunità dell’altrove. Il viaggio ci porta da Lione a Marsiglia, la città più meticcia d’Europa, a spasso per il Nord Africa, dall’Algeria, al Marocco, alla Tunisia rivelandoci come la conoscenza e l’incontro con le vite degli altri siano il dono più originale della quotidianità. Eloïse passa da essere ascoltatrice spaesata a “guida” in un mondo più vicino di quanto sembri, smentendo luoghi comuni e cercando le origini delle parole e delle cose familiari, scoprendo storie nella storia. Il Maghreb le appare nel tempo, in particolare, meno francese di quanto creda, più composito e contraddittorio rispetto allo sguardo ingenuo e presuntuoso di chi si affaccia dal nord senza sporcarsi i piedi nella polvere; e soprattutto molto vicino e intrecciato con il destino europeo, dalla lingua al cibo. La sua peregrinazione ci racconta come il Mediterraneo sia un continente a sé nel quale tra le due rive c’è un sistema stretto di corrispondenza.
Il libro racchiude storie nella storia, dai Gnaowa, ai Regraga in Marocco; al mondo ebraico tunisino, a quello degli Italiani quando l’emigrazione andava in senso inverso e soprattutto la storia inedita della Famiglia Gallico tra la Francia, l’Italia e la Tunisia. E ancora un grande spazio è lasciato al ruolo centrale del cibo e della cucina che raccontano l’intimità e la quotidianità di un luogo e della famiglia.
La storia della protagonista, il suo incontro con Filippo e con altri uomini, per lo più “nomadi” – legati al mondo degli amaziġ (berberi) diventa un monito per la Francia per la Francia a trovare il coraggio di superare il dubbio cartesiano nel dubbio sentimentale e per l’Italia a recuperare la consapevolezza della propria storia come un’opportunità.
Il viaggio ci lascia con un finale aperto, anche se Eloïse sceglie di vivere a Tunisi, con l’idea che ogni meta non sia che una sosta per riflettere e rimettersi in discussione con la domanda sulla fragilità personale e il bisogno degli altri per essere felici.
In quarta di copertina l’inizio del libro: «”Se oggi mi chiedessi da dove vengo, Filippo, ti direi che sono mediterranea.” Nessun vezzo intellettualistico né vena romantica. Mi sento una donna mangiata dal sale che da troppo tempo guarda le frontiere solo dal sud. Le ho guardate così a lungo che quelle barriere sono diventate il mio orizzonte, fluido. Disorientata, mi sono persa nel blues della vita, nello sguardo dell’altro e soprattutto negli occhi dei bambini. […]
Rue de la Croix, civico 12, il mio numero preferito, nella città vecchia di Lione, vicino la zona dei murales. Da lì è partito il mio viaggio senza ritorno verso il sud, verso quello che credevo la terra del “sole dei morenti” mentre è diventata un’alba nuova.»

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Ilaria Guidantoni

Giornalista, blogger e scrittrice, si occupa di temi legati alla cultura del Mediterraneo soprattutto della sponda sud e del mondo arabo: dialogo tra le religioni, movimenti femminili e femministi; rilettura della storia e dei linguaggi mediterranei. Fiorentina di nascita, vive e lavora tra Roma, Milano, la Toscana e Tunisi. Studiosa del Mediterraneo e della cultura araba.

Laureatasi in Filosofia Teoretica all’Università Cattolica di Milano sul filosofo ebreo russo naturalizzato francese, Wladimir Jankélévitch, un Corso di Perfezionamento in Bioetica al Policlinico Gemelli di Roma, si è interessata di problemi legati alla corporeità, disagi e affettivi e disturbi del comportamento alimentare; e di tradizioni alimentari, saperi e sapori nel Mediterraneo (è sommelier A.I.S.).

E’ direttore del quotidiano culturale on line Saltinaria.it.

Ha maturato un’esperienza di indagine e consulenza nello sviluppo del territorio in ambito di consulenza strategica, parlamentare e di giornalismo politico economico. Già consulente di aziende, istituzioni, spa pubbliche, con una lunga collaborazione con Tecniche Nuove Editore, Il Sole 24 Ore e la direzione di alcune riviste.

Ha pubblicato il saggio Vite sicure. Viaggio tra strade e parole (Edizioni della Sera, marzo 2010); la raccolta di poesie e racconti Prima che sia Buio, (Colosseo Grafica Editoriale, novembre 2010); l’instant book I giorni del gelsomino (P&I Edizioni, febbraio 2011); il romanzo verità Tunisi, taxi di sola andata (NO REPLY Editore, marzo 2012) e Chiacchiere, datteri e thé. Tunisi, viaggio in una società che cambia (Albeggi Edizioni – REvolution, 14 gennaio 2013). Ha pubblicato il racconto “Chéhérazade non abita qui” nel libro collettivo uscito il 25 novembre 2014 contro la violenza sulle donne, Chiamarlo amore non si può (Casa Editrice Mammeonline). Ha collaborato con il Dizionario Enciclopedico delle Migrazioni Italiane nel Mondo (SERItaliAteneo, 2014). Per Natale 2014 è uscito il racconto “Mi chiamavano salice piangente” edito da Mammeonline. A gennaio 2015 sono usciti Marsiglia-Algeri Viaggio al chiaro di luna (Albeggi Edizioni) e Il potere delle donne arabe (Mimesis, editore); a maggio il romanzo Corrispondenze mediterranee, viaggio nel sale e nel vento (Oltre Edizioni). Sta lavorando ad un libro su Firenze e alla traduzione dal francese di un inedito del poeta franco-algerino Jean Sénac per Oltre Edizioni. Ha partecipato in rappresentanza dell’Italia a Tunisi al I Forum internazionale sulle identità multiple nell’area dell’Euro-Maghreb organizzato dalla Commissione europea nel 2013. Ha ricevuto il riconoscimento della Giuria internazionale del premio per i Diritti Umani 2014, XVI edizione Salento porta d’Oriente, Omaggio a Nelson Mandela.

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OGT newspaper
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02/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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