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sabato 8 ottobre 2022
Con L’ombra č del fiume, ultimo libro scritto da Vincenzo Gueglio prima di lasciarci, si chiude un cerchio aperto nel 1987 quando venne pubblicato il suo romanzo d’esordio

di CorNaz
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Con L’ombra è del fiume, ultimo libro scritto da Vincenzo Gueglio prima di lasciarci, si chiude un cerchio aperto nel 1987 quando venne pubblicato il suo romanzo d’esordio

 

Con L’ombra è del fiume, ultimo libro scritto da Vincenzo Gueglio prima di lasciarci, si chiude un cerchio aperto nel 1987 quando venne pubblicato il suo romanzo d’esordio Il privilegio di Fernand Gachet. Un cerchio esteso dunque trentacinque anni nei quali Gueglio ha compiuto un percorso letterario più che mai laborioso e multiforme, passato dalla saggistica storica, come nei volumi dedicati a Seneca e a Lorenzino dei Medici, a quella letteraria realizzata nelle pagine che hanno tracciato fondamentali ritratti di Giacomo Leopardi e di Carlo Bo, passato dalle traduzioni come quella dei Viaggi di Grulliver di Jonathan Swift ai libri sulle storie meno note della Sestri Levante nelle Biografie non autorizzate, dai testi teatrali come quello ispiratogli da Cristoforo Colombo e fino alle fiabe di Tojo Tejo e il mistero dei Lele Fantino. Multiforme ingegno si potrebbe allora definire quello di Vincenzo Gueglio, ma un tratto comune hanno quasi tutte queste pagine ed è appunto il tratto comune che unisce il suo libro d’esordio a quello del commiato che troppo sbrigativamente definiremmo romanzi; certo in essi si raccontano storie e s’incontrano personaggi, ma tutto ciò ha una funzione simbolica e concorre ed esporre la sua visione filosofica della vita: una visione aspra e dolente, sulla quale tuttavia, a stemperarne i toni, aleggia quella bonaria ironia propria del suo inconfondibile personaggio.

Vincenzo Gueglio (Sestri Levante 1946-2022) ha pubblicato i seguenti romanzi: Il privilegio di Fernand Gachet, Savona, Sabatelli, 1987 (premio Tigullio 1985 per l’inedito); Dieci toni di grigio, Milano, Greco & Greco, 1993; Mario!, ivi, 1994 (menzione speciale della giuria al Premio Pavese 1995); La risultante, ivi, 1994; Il demiurgo, ivi, 2000; Sogni, ivi, 2000; Mario! nuova edizione illustrata: Genova, F. Frilli, 2004; Tempo di esistere (in collaborazione con E. Rovegno), Gammarò, 2006; Da un bosco in cima al mare (in collaborazione con Rudi Ciuffardi), Gammarò, 2006; Italo Zetti. I colori del mare e il segreto dell’Isola, Gammarò 2013; Cuori da un altro mondo. Il dramma di Cristoforo Colombo, Gammarò 2013; Biografie non autorizzate. Per una geografia dell’anima. Lineamenti di antropologia delle rovine, Gammarò 2017; Giacomo l’immoralista. Sull’orlo del nulla. Leopardi e la mezza filosofia (in collaborazione con Emanuela Gueglio), Gammarò 2019; Carlo Bo agonista, Gammarò 2020.

Come critico/traduttore ha curato, fra le altre, edizioni di: I viaggi di Gulliver, di Jonathan Swift, Classici Frassinelli, Milano 1999 e Gammarò 2019; Mazzini, di Francesco De Sanctis, Genova, Fratelli Frilli, 2005; I sistemi e la democrazia. Pensieri, di Giuseppe Mazzini, con una Appendice su La religione di Mazzini, Milano, Greco & Greco 2005; Verso la cuna del mondo, di Guido Gozzano, ivi, 2007; Lorenzino e l’apologia del tirannicidio, con documenti e testimonianze sull’uccisione di Alessandro de’ Medici e sull’esecuzione del «Bruto toscano» da parte dei sicari di Carlo V e Cosimo de’ Medici, Gammarò 2021.

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sabato 8 ottobre 2022
In libreria “L’ombra č del fiume” di Vincenzo Gueglio
Con L’ombra č del fiume, ultimo libro scritto da Vincenzo Gueglio prima di lasciarci, si chiude un cerchio aperto nel 1987 quando venne pubblicato il suo romanzo d’esordio

di CorNaz
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Con L’ombra è del fiume, ultimo libro scritto da Vincenzo Gueglio prima di lasciarci, si chiude un cerchio aperto nel 1987 quando venne pubblicato il suo romanzo d’esordio

 

Con L’ombra è del fiume, ultimo libro scritto da Vincenzo Gueglio prima di lasciarci, si chiude un cerchio aperto nel 1987 quando venne pubblicato il suo romanzo d’esordio Il privilegio di Fernand Gachet. Un cerchio esteso dunque trentacinque anni nei quali Gueglio ha compiuto un percorso letterario più che mai laborioso e multiforme, passato dalla saggistica storica, come nei volumi dedicati a Seneca e a Lorenzino dei Medici, a quella letteraria realizzata nelle pagine che hanno tracciato fondamentali ritratti di Giacomo Leopardi e di Carlo Bo, passato dalle traduzioni come quella dei Viaggi di Grulliver di Jonathan Swift ai libri sulle storie meno note della Sestri Levante nelle Biografie non autorizzate, dai testi teatrali come quello ispiratogli da Cristoforo Colombo e fino alle fiabe di Tojo Tejo e il mistero dei Lele Fantino. Multiforme ingegno si potrebbe allora definire quello di Vincenzo Gueglio, ma un tratto comune hanno quasi tutte queste pagine ed è appunto il tratto comune che unisce il suo libro d’esordio a quello del commiato che troppo sbrigativamente definiremmo romanzi; certo in essi si raccontano storie e s’incontrano personaggi, ma tutto ciò ha una funzione simbolica e concorre ed esporre la sua visione filosofica della vita: una visione aspra e dolente, sulla quale tuttavia, a stemperarne i toni, aleggia quella bonaria ironia propria del suo inconfondibile personaggio.

Vincenzo Gueglio (Sestri Levante 1946-2022) ha pubblicato i seguenti romanzi: Il privilegio di Fernand Gachet, Savona, Sabatelli, 1987 (premio Tigullio 1985 per l’inedito); Dieci toni di grigio, Milano, Greco & Greco, 1993; Mario!, ivi, 1994 (menzione speciale della giuria al Premio Pavese 1995); La risultante, ivi, 1994; Il demiurgo, ivi, 2000; Sogni, ivi, 2000; Mario! nuova edizione illustrata: Genova, F. Frilli, 2004; Tempo di esistere (in collaborazione con E. Rovegno), Gammarò, 2006; Da un bosco in cima al mare (in collaborazione con Rudi Ciuffardi), Gammarò, 2006; Italo Zetti. I colori del mare e il segreto dell’Isola, Gammarò 2013; Cuori da un altro mondo. Il dramma di Cristoforo Colombo, Gammarò 2013; Biografie non autorizzate. Per una geografia dell’anima. Lineamenti di antropologia delle rovine, Gammarò 2017; Giacomo l’immoralista. Sull’orlo del nulla. Leopardi e la mezza filosofia (in collaborazione con Emanuela Gueglio), Gammarò 2019; Carlo Bo agonista, Gammarò 2020.

Come critico/traduttore ha curato, fra le altre, edizioni di: I viaggi di Gulliver, di Jonathan Swift, Classici Frassinelli, Milano 1999 e Gammarò 2019; Mazzini, di Francesco De Sanctis, Genova, Fratelli Frilli, 2005; I sistemi e la democrazia. Pensieri, di Giuseppe Mazzini, con una Appendice su La religione di Mazzini, Milano, Greco & Greco 2005; Verso la cuna del mondo, di Guido Gozzano, ivi, 2007; Lorenzino e l’apologia del tirannicidio, con documenti e testimonianze sull’uccisione di Alessandro de’ Medici e sull’esecuzione del «Bruto toscano» da parte dei sicari di Carlo V e Cosimo de’ Medici, Gammarò 2021.

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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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