È stato ambasciatore della Repubblica di Croazia in Italia dal 2012 al 2017 Damir Grubisa, autore del brillante Diario Diplomatico. Un fiumano a Roma (Gammarò Edizioni, Sestri Levante, 2022) e spesso in questo incarico ha dovuto fare da guida turistica ai politici di Zagabria in trasferta a Roma.
È una delle indiscrezioni che figurano tra le altre, insieme a osservazioni acute, note più o meno polemiche e tante curiosità, anche spiritose.
Damir Grubisa assicura di avere cominciato a scrivere a mandato già cessato e sostiene che il suo testo non rispetta una sequenza cronologica o tematica: non è nemmeno “molto serio, talvolta” dice.
Si tratta di frammenti di ricordi sparsi, impressioni, spigolature, pubblicate originariamente sul quotidiano La Voce del Popolo di Fiume, organo della comunità italiana in Istria, alla quale Grubisa appartiene per linea materna.
L’idea iniziale era di realizzarlo in costanza con l’attività di ambasciatore, ma il “no” del Ministero croato per gli affari esteri l’ha stoppata, sebbene avesse tentato di spiegare che anche Stendhal scriveva i saggi sull’Italia mentre era in missione a Roma, sotto l’impressione viva della storia, delle bellezze e del modo di vivere degli italiani. Il libro avrebbe potuto essere utile al pubblico croato per capire meglio e apprezzare di più l’Italia - Paese vicino e amico - uno dei cardini dell’unità europea.
Damir Grubisa è nato a Fiume-Rijeka nel 1946, da madre fiumana-italiana e padre di origini croate e slovene.
Politologo, ha insegnato scienze politiche negli atenei di Fiume e Zagabria, concludendo la carriera universitaria da professore aggiunto nell’American University di Roma. In quella diplomatica, ha diretto il Centro jugoslavo di cultura e informazione a New York ed è stato consigliere per i media della Delegazione jugoslava presso le Nazioni Unite, capo di Gabinetto del Ministro degli esteri prima per la Jugoslavia poi per la Croazia e infine ambasciatore in Italia, Malta, San Marino e presso la FAO.
In pensione dopo 48 anni di servizio pubblico, soprattutto nella Jugoslavia socialista di Tito prima della Croazia capitalista, è rimasto senza buonuscita. A Belgrado avevano perso le sue carte.
Traduttore dall’inglese e dall’italiano - tra gli altri di Umberto Eco, Giuliano Procacci, Maurizio Viroli, Giovanni Stelli - ha curato le opere scelte di Niccolò Machiavelli in croato (1985), tradotto Il Principe, scritto saggi sul pensiero politico del Rinascimento (Tommaso Moro, Erasmo da Rotterdam) e sulla politica italiana, tra i quali ricordiamo i volumi Il pensiero politico del Rinascimento italiano (2000) e Berlusconismo. Dossier politico italiano (2007).
Da ambasciatore si è ritrovato più volte, si diceva, ad accogliere la “marea di politici croati” che raggiungeva Roma per le riunioni di vari organismi europei, nella seconda decade del Duemila, quando la Croazia è riuscita a entrare nell’Unione, dopo sette anni di negoziato di accesso.
L’Ambasciata è diventata punto di riferimento per i turisti politici croati, che accorrevano letteralmente a queste manifestazioni. Dice di averne viste di tutti i colori: pochi venivano solo per l’appuntamento di turno, la maggioranza univa l’utile al dilettevole, tanto che l’ambasciatore non poteva sottrarsi al ruolo di cicerone per i ministri, sottosegretari, deputati, accompagnatori e accompagnatrici.
Alla Conferenza dei presidenti dei Parlamenti degli Stati UE, nel 2015, partecipava per la Germania il solo presidente del Bundestag, invece quello del Sabor croato, Josip Leko, raggiunse Roma con una delegazione di dodici persone, scortato da tre guardie del corpo, sebbene l’Italia garantisse piena sicurezza a tutti i partecipanti. Era l’unico ad avere appresso i pretoriani e quella croata risultava la delegazione più numerosa con un leader, due parlamentari e altri sei tra consiglieri, portavoce e portaborse. Anche la più silenziosa, perché il presidente Leko lesse il suo intervento, preconfezionato, senza poi intervenire nel dibattito. In compenso, si immerse con tutti gli altri nelle bellezze di Roma, dalla fontana di Trevi al Colosseo, non disdegnando le attrattive consumistiche e gastronomiche.
Altro episodio meritevole di menzione: l’extraterritorialità diplomatica dell’Ambasciata croata violata per necessità dai Vigili del fuoco e dai Carabinieri italiani, col permesso dell’ambasciatore, per una grossa perdita dell’impianto di riscaldamento della palazzina e dopo un’ostinata resistenza del personale della sede.
Nel diario si trovano spunti interessanti sulla diplomazia internazionale, sulle politiche estere, sulla differenza tra il servizio diplomatico per la ex Jugoslavia e per la democrazia croata, sulle burocrazie diplomatiche e sulla svolta della Croazia nell’UE.
Molto interessanti le pagine dedicate al “Giorno del Ricordo”, le foibe e l’esodo degli italiani nel secondo dopoguerra, tema divisivo tra Italia e Croazia.
Damir Grubisa si conferma sostenitore convinto del dialogo, negli incontri dal 2010 per arrivare a rispettare le memorie reciproche e costruire un futuro europeo.
Confessa di avere chiamato direttamente il presidente della Repubblica, per superare il parere contrario della ministra Pusic. Dandogli ragione, Ivo Josipović suggerì di aspettare finché questo tema scottante non fosse stato sdoganato da una sua imminente visita di Stato.
In quell’occasione riconobbe per la prima volta le sofferenze di entrambi popoli in un discorso ufficiale.
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