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Ilaria Guidantoni racconta la sua Firenze
EVENTICULTURALIMAGAZINE.COM di mercoled 16 dicembre 2015
«Viaggio di ritorno - Firenze si racconta» di Ilaria Guidantoni

Ci sono dei luoghi del cuore, posti in cui ritroviamo le nostre radici, le emozioni della nostra infanzia; luoghi in cui la nostra anima riscopre tutta la sua essenza. Questo è per Ilaria Guidantoni la “sua” Firenze; nata nella città culla del Rinascimento italiano, ma strappata troppo presto dal luogo natio, divisa, oggi, tra Roma e Milano, ma troppo spesso in viaggio, per lavoro, nel Mediterraneo.
Giornalista e scrittrice, Ilaria Guidantoni si occupa principalmente di Mediterraneo e cultura araba, di multiculturalismo e del dialogo interreligioso; tutte tematiche, queste, di strettissima attualità, tutte tematiche che la portano a viaggiare continuamente nel Mediterraneo, allontanandola troppo spesso dai suoi affetti.
E, forse, con questo libro, “Viaggio di ritorno – Firenze si racconta”, appena pubblicato per Oltre Edizioni, Ilaria Guidantoni si riconcilia con se stessa e con quella parte della sua vita che troppo presto è stata costretta ad abbandonare, riscoprendo e rivivendo la “sua” Firenze. Un viaggio simbolico, questo, che nasce da una forte richiesta: “Mi è stato chiesto, suggerito a dire il vero– ci rivela la Guidantoni – Questa sollecitazione è stata uno stimolo di riflessione e mi sono detta che dovevo, in qualche modo, un tributo alla mia culla dalla quale mi sono allontanata per vicende familiari e con molto dolore, ma alla quale devo molto e che poi ho in qualche modo trascurato. Dopo tanto peregrinare tra il Nord e il Mediterraneo ho avvertito la necessità di fermarmi e riprendere le fila del mio cammino, per studiare e approfondire quello che avevo vissuto, passando dalle emozioni”.
Una esigenza, la sua, che nasce da un bisogno dell’animo, da un desiderio di riconciliarsi con se stessa e con il suo passato, ma soprattutto, è anche un tributo ad una figura alla qualeIlaria Guidantoni è particolarmente legata; “la fonte di ispirazione è stata mia nonna materna – rivela la giornalista fiorentina – che mi ha insegnato l’arte del narrare, il valore della tradizione orale e della memoria che passa attraverso le esperienze registrate sulla pelle. E’ grazie a lei che ho potuto recuperare la Firenze che non ho conosciuto direttamente ma che ha fatto parte della mia formazione perché si è incisa nella storia della mia famiglia. Ho così cercato di raccontare con degli assaggi un secolo di storia, l’ultimo, con porte che si aprono sul passato lontano e sul futuro e finestre affacciate su scorci che non fossero i soliti noti”.
Perché, questo è il tema centrale di questo meraviglioso racconto: un cammino lungo un secolo, alla riscoperta di Firenze, mescolando ricordi e storie, intrecciando fatti storici e racconti, “un percorso musicale, letterario e soprattutto gastronomico, tra cibi caratteristici, luoghi d’incontro e l’immancabile mercato centrale; oltre che le feste e le ricorrenze per una filologia emozionale” tutta da vivere.
Un viaggio che ha inizio con la nascita di Vasco Pratolini, e che ripercorre le vicende che hanno visto Firenze protagonista, anche se un po’ in disparte, di un secolo, per ritrovarla, oggi, nuovamente al centro della scena nazionale. Una Firenze che ha vissuto mutamenti, cambiamenti, che ha subito, forse eccessivamente, il fascino di un passato glorioso ed unico, e per questo ha faticato a trovare nuovi spazi, in cui emergere.
“Non ho mai perso di vista la mia città – rivela Ilaria Guidantoni – anche se sono tornata a viverla più da vicino proprio grazie alla preparazione di questo libro e certamente mi ha giovato prendere la distanza non solo in un confronto campanilistico, tutto italiano, con Milano e Roma, che sono le città nelle quali rispettivamente ho studiato e risiedo e dove divido la maggior parte del mio tempo, ma di più ampio respiro con il Mediterraneo, per capire quanto la città medicea faccia parte dell’immaginario collettivo internazionale, da chi e perché sia più amata. Sicuramente negli ultimi anni Firenze ha cambiato marcia. Negli ultimi tempi finalmente ha ripreso a respirare con il desiderio di un’apertura perso da troppo tempo, cessando di essere solo una città dalla cultura cristallizzata nel passato per diventare scoperta di luoghi nuovi o riscoperta in modo nuovo”.
Perché Firenze è stata la culla della civiltà rinascimentale, la mamma della nostra lingua, patria di geni dell’arte, della cultura, della letteratura, della politica; il crocevia di un mondo nuovo che stava nascendo, al centro del palcoscenico, nazionale ed internazionale, e lo è rimasta finché è divenuta, per un breve periodo, Capitale del neonato Stato italiano. Dopodiché sembra essersi chiusa in se stessa, quasi a vivere con lo sguardo rivolto al suo passato, piuttosto che puntare a nuovi orizzonti, quasi beandosi di rimirarsi allo specchio, invece che mettersi in cammino alla ricerca di nuove mete.
“Certamente – afferma la giornalista fiorentina – anche se è una contraddizione, nel senso che guardando al passato dovrebbe recuperare il senso del fiorentino come cittadino del mondo, la storia ha un peso così determinante ma allo stesso tempo ha perso il dialogo con l’esterno che solo di recente ha saputo recuperare. In questo atteggiamento rispetto al passato ha inciso a mio parere anche la presenza importante, vitale e talora ingombrante, del turismo che ha Firenze, che cerca il passato più che il presente, mantenendo viva la tradizione ma imbrigliando la voglia di nuovo”.
E nella “sua” Firenze, Ilaria Guidantoni ritrova una parte di se stessa, un pezzetto della sua vita, riscopre l’essenza della sua anima; “la mia madeleine fiorentina è soprattutto il suo fiume con la sua corona di colline, così prossime, che sono quello che il mare rappresenta per chi è nato sulla costa. E’ soprattutto l’autunno, la mia stagione preferita, che Costa San Giorgio diviene la meta delle mie passeggiate. Non manco mai di tornare al Mercato Centrale, il luogo più francese di Firenze, e i luoghi più appartati come la Chiesa del Limbo, un vero gioiello; ma soprattutto desidero scoprire luoghi mai visti che rendano Firenze per me contemporanea e non solo uno scrigno di ricordi, come ad esempio Le Murate, ex carcere femminile recuperato dal Comune e oggi spazio multifunzionale, piazza di incontro con un caffè letterario”.
E così, “Viaggio di ritorno – Firenze si racconta”, diviene un prezioso racconto per chi ha voglia di scoprire o riscoprire tutta la bellezza della città medicea, ma, allo steso tempo, è il curioso “viaggio di ritorno, dopo essersi ‘persa’ nel Mediterraneo” della scrittrice fiorentina, e attraverso gli occhi di Ilaria, possiamo incontrare una Firenze forse più vera e più viva, la “sua” Firenze.

Manuela Pacelli

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«Viaggio di ritorno - Firenze si racconta» di Ilaria Guidantoni

Ci sono dei luoghi del cuore, posti in cui ritroviamo le nostre radici, le emozioni della nostra infanzia; luoghi in cui la nostra anima riscopre tutta la sua essenza. Questo è per Ilaria Guidantoni la “sua” Firenze; nata nella città culla del Rinascimento italiano, ma strappata troppo presto dal luogo natio, divisa, oggi, tra Roma e Milano, ma troppo spesso in viaggio, per lavoro, nel Mediterraneo.
Giornalista e scrittrice, Ilaria Guidantoni si occupa principalmente di Mediterraneo e cultura araba, di multiculturalismo e del dialogo interreligioso; tutte tematiche, queste, di strettissima attualità, tutte tematiche che la portano a viaggiare continuamente nel Mediterraneo, allontanandola troppo spesso dai suoi affetti.
E, forse, con questo libro, “Viaggio di ritorno – Firenze si racconta”, appena pubblicato per Oltre Edizioni, Ilaria Guidantoni si riconcilia con se stessa e con quella parte della sua vita che troppo presto è stata costretta ad abbandonare, riscoprendo e rivivendo la “sua” Firenze. Un viaggio simbolico, questo, che nasce da una forte richiesta: “Mi è stato chiesto, suggerito a dire il vero– ci rivela la Guidantoni – Questa sollecitazione è stata uno stimolo di riflessione e mi sono detta che dovevo, in qualche modo, un tributo alla mia culla dalla quale mi sono allontanata per vicende familiari e con molto dolore, ma alla quale devo molto e che poi ho in qualche modo trascurato. Dopo tanto peregrinare tra il Nord e il Mediterraneo ho avvertito la necessità di fermarmi e riprendere le fila del mio cammino, per studiare e approfondire quello che avevo vissuto, passando dalle emozioni”.
Una esigenza, la sua, che nasce da un bisogno dell’animo, da un desiderio di riconciliarsi con se stessa e con il suo passato, ma soprattutto, è anche un tributo ad una figura alla qualeIlaria Guidantoni è particolarmente legata; “la fonte di ispirazione è stata mia nonna materna – rivela la giornalista fiorentina – che mi ha insegnato l’arte del narrare, il valore della tradizione orale e della memoria che passa attraverso le esperienze registrate sulla pelle. E’ grazie a lei che ho potuto recuperare la Firenze che non ho conosciuto direttamente ma che ha fatto parte della mia formazione perché si è incisa nella storia della mia famiglia. Ho così cercato di raccontare con degli assaggi un secolo di storia, l’ultimo, con porte che si aprono sul passato lontano e sul futuro e finestre affacciate su scorci che non fossero i soliti noti”.
Perché, questo è il tema centrale di questo meraviglioso racconto: un cammino lungo un secolo, alla riscoperta di Firenze, mescolando ricordi e storie, intrecciando fatti storici e racconti, “un percorso musicale, letterario e soprattutto gastronomico, tra cibi caratteristici, luoghi d’incontro e l’immancabile mercato centrale; oltre che le feste e le ricorrenze per una filologia emozionale” tutta da vivere.
Un viaggio che ha inizio con la nascita di Vasco Pratolini, e che ripercorre le vicende che hanno visto Firenze protagonista, anche se un po’ in disparte, di un secolo, per ritrovarla, oggi, nuovamente al centro della scena nazionale. Una Firenze che ha vissuto mutamenti, cambiamenti, che ha subito, forse eccessivamente, il fascino di un passato glorioso ed unico, e per questo ha faticato a trovare nuovi spazi, in cui emergere.
“Non ho mai perso di vista la mia città – rivela Ilaria Guidantoni – anche se sono tornata a viverla più da vicino proprio grazie alla preparazione di questo libro e certamente mi ha giovato prendere la distanza non solo in un confronto campanilistico, tutto italiano, con Milano e Roma, che sono le città nelle quali rispettivamente ho studiato e risiedo e dove divido la maggior parte del mio tempo, ma di più ampio respiro con il Mediterraneo, per capire quanto la città medicea faccia parte dell’immaginario collettivo internazionale, da chi e perché sia più amata. Sicuramente negli ultimi anni Firenze ha cambiato marcia. Negli ultimi tempi finalmente ha ripreso a respirare con il desiderio di un’apertura perso da troppo tempo, cessando di essere solo una città dalla cultura cristallizzata nel passato per diventare scoperta di luoghi nuovi o riscoperta in modo nuovo”.
Perché Firenze è stata la culla della civiltà rinascimentale, la mamma della nostra lingua, patria di geni dell’arte, della cultura, della letteratura, della politica; il crocevia di un mondo nuovo che stava nascendo, al centro del palcoscenico, nazionale ed internazionale, e lo è rimasta finché è divenuta, per un breve periodo, Capitale del neonato Stato italiano. Dopodiché sembra essersi chiusa in se stessa, quasi a vivere con lo sguardo rivolto al suo passato, piuttosto che puntare a nuovi orizzonti, quasi beandosi di rimirarsi allo specchio, invece che mettersi in cammino alla ricerca di nuove mete.
“Certamente – afferma la giornalista fiorentina – anche se è una contraddizione, nel senso che guardando al passato dovrebbe recuperare il senso del fiorentino come cittadino del mondo, la storia ha un peso così determinante ma allo stesso tempo ha perso il dialogo con l’esterno che solo di recente ha saputo recuperare. In questo atteggiamento rispetto al passato ha inciso a mio parere anche la presenza importante, vitale e talora ingombrante, del turismo che ha Firenze, che cerca il passato più che il presente, mantenendo viva la tradizione ma imbrigliando la voglia di nuovo”.
E nella “sua” Firenze, Ilaria Guidantoni ritrova una parte di se stessa, un pezzetto della sua vita, riscopre l’essenza della sua anima; “la mia madeleine fiorentina è soprattutto il suo fiume con la sua corona di colline, così prossime, che sono quello che il mare rappresenta per chi è nato sulla costa. E’ soprattutto l’autunno, la mia stagione preferita, che Costa San Giorgio diviene la meta delle mie passeggiate. Non manco mai di tornare al Mercato Centrale, il luogo più francese di Firenze, e i luoghi più appartati come la Chiesa del Limbo, un vero gioiello; ma soprattutto desidero scoprire luoghi mai visti che rendano Firenze per me contemporanea e non solo uno scrigno di ricordi, come ad esempio Le Murate, ex carcere femminile recuperato dal Comune e oggi spazio multifunzionale, piazza di incontro con un caffè letterario”.
E così, “Viaggio di ritorno – Firenze si racconta”, diviene un prezioso racconto per chi ha voglia di scoprire o riscoprire tutta la bellezza della città medicea, ma, allo steso tempo, è il curioso “viaggio di ritorno, dopo essersi ‘persa’ nel Mediterraneo” della scrittrice fiorentina, e attraverso gli occhi di Ilaria, possiamo incontrare una Firenze forse più vera e più viva, la “sua” Firenze.

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OGT newspaper
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02/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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