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Primo piano 30 Ottobre 2022 Massimo Emanuelli racconta in due volumi i cent’anni della Radio pubblica italiana
https://www.fm-world.it/ di lunedģ 31 ottobre 2022
Sta per uscire in libreria (dal 3 novembre prossimo) un’opera in due volumi che costituisce un piccolo grande ‘evento’ e che non puņ non interessare da vicino i lettori di FM-world. Si tratta di ‘L’avventurosa storia della Radio pubblica italiana. Dall’Araldo Radiofonico a Radio Rai cent’anni di Radio’ di Massimo Emanuelli.

di Mauro Roffi

Sta per uscire in libreria (dal 3 novembre prossimo) un’opera in due volumi che costituisce un piccolo grande ‘evento’ e che non può non interessare da vicino i lettori di FM-world. Si tratta di ‘L’avventurosa storia della Radio pubblica italiana. Dall’Araldo Radiofonico a Radio Rai cent’anni di Radio’ di Massimo Emanuelli.

Dunque, sotto esame è l’intera storia della Radio pubblica in Italia, a partire da ben prima che la denominazione diventasse quella di Radio Rai. Quella di raccontare nei dettagli tutta questa storia è un’operazione formidabile, manco a dirlo, tanto che sono occorsi non uno ma ben due volumi. Questi, infatti, i numeri precisi dell’opera: vol. 1 – 638 pp.; vol. 2 – 616 pp. È disponibile un cofanetto per raccogliere il tutto. E, ancora, la prefazione è di un personaggio storico e notissimo di Radio Rai, Umberto Broccoli, e il libro (con i suoi due volumi) esce ad opera della Oltre Edizioni.

Detto che nel 2024 la Radio pubblica italiana festeggerà i suoi primi 100 anni, diciamo che la ricorrenza, ormai abbastanza vicina, costituisce un’occasione ideale per ripercorrere passo passo questa lunga e affascinante storia.

Il comunicato stampa d’occasione precisa che “una storia della Radio pubblica italiana dalle origini ad oggi non è mai stata scritta, eccezion fatta per la ‘Garzantina della Radio’, uscita nel 2003, che però è una sorta di dizionario totalmente diverso dall’impostazione di quest’opera e non è aggiornata agli ultimi anni”.

Nel libro si ripercorre dunque la quasi centenaria storia della Radio italiana attraverso i suoi conduttori, i programmi che ne hanno fatto la storia, le canzoni lanciate, i funzionari, gli effetti di questo mezzo sulla politica e sul costume italiano.

Scorrere gli argomenti alla base dei vari capitoli fa già venire l’acquolina in bocca. Si parte con la nascita della Radio in Italia, i primi divi della Radio (Maria Luisa Boncompagni, Nunzio Filogamo, Nicolò Carosio) e le prime trasmissioni popolari.

Poi, tocca alla Radio del dopoguerra, con il Giornale Radio, Radio sera, i Gazzettini regionali. E ancora: l’ideazione del Festival di Sanremo (che nasce come trasmissione radiofonica), la nascita di ‘Tutto il calcio minuto per minuto’, le trasmissioni sportive, i Radio documentari, il teatro in Radio, la nascita della filodiffusione e del Notturno italiano.

Ed eccoci a tempi relativamente più recenti. Con gli anni ’60, grazie ad alcuni dirigenti illuminati, la Radio vive una seconda gioventù. Tocca poi, negli anni ’70, alla riforma della Rai e alla nascita dei tre Gr.

Di seguito però ci sono la rottura del monopolio e la Rai che deve fronteggiare la nuova concorrenza della Radio ‘libere’ e lo fa con la nascita di Rai Stereo Uno, Rai Stereo Due e il successo di Rai Stereo Notte. Una nota a parte viene riservata a ‘Black out’ di Enrico Vaime e a ‘Fabio Fazio radiofonico’.

La parte successiva è denominata ‘La Radio nella seconda Repubblica’. Si parla fra l’altro del ripristino di un Gr ‘unificato’, di Michele Mirabella e Toni Garrani, di Andrea Vianello, Dario Salvatori, Carlo Massarini, Gianluca Nicoletti, dello stesso Umberto Broccoli, del ritorno in Radio di Enrica Bonaccorti, di Paolo Limiti e Maurizio Costanzo.

Per ‘La Radio del nuovo millennio’, ecco la moltiplicazione delle reti, con la nascita prima di Gr Parlamento e Isoradio e poi, più di recente, di tutti gli altri nuovi canali di Radio Rai. Non manca altresì, ovviamente, l’analisi di cento anni della Radio musicale (pubblica) e così restano negli occhi (e nelle orecchie) le immagini e i suoni che hanno caratterizzato le varie epoche.

In due volumi, il libro di Emanuelli (finora noto per l’attenzione certosina dedicata alle emittenti radiotelevisive locali e alla loro storia) dà la possibilità di conoscere cent’anni di storia della Radio pubblica italiana, prendendo in esame, come detto, le trasmissioni, i conduttori, i registi, gli autori e i dirigenti che ne hanno caratterizzato l’evoluzione in questo lungo periodo.



leggi l'articolo integrale su https://www.fm-world.it/
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Sta per uscire in libreria (dal 3 novembre prossimo) un’opera in due volumi che costituisce un piccolo grande ‘evento’ e che non puņ non interessare da vicino i lettori di FM-world. Si tratta di ‘L’avventurosa storia della Radio pubblica italiana. Dall’Araldo Radiofonico a Radio Rai cent’anni di Radio’ di Massimo Emanuelli.

di Mauro Roffi

Sta per uscire in libreria (dal 3 novembre prossimo) un’opera in due volumi che costituisce un piccolo grande ‘evento’ e che non può non interessare da vicino i lettori di FM-world. Si tratta di ‘L’avventurosa storia della Radio pubblica italiana. Dall’Araldo Radiofonico a Radio Rai cent’anni di Radio’ di Massimo Emanuelli.

Dunque, sotto esame è l’intera storia della Radio pubblica in Italia, a partire da ben prima che la denominazione diventasse quella di Radio Rai. Quella di raccontare nei dettagli tutta questa storia è un’operazione formidabile, manco a dirlo, tanto che sono occorsi non uno ma ben due volumi. Questi, infatti, i numeri precisi dell’opera: vol. 1 – 638 pp.; vol. 2 – 616 pp. È disponibile un cofanetto per raccogliere il tutto. E, ancora, la prefazione è di un personaggio storico e notissimo di Radio Rai, Umberto Broccoli, e il libro (con i suoi due volumi) esce ad opera della Oltre Edizioni.

Detto che nel 2024 la Radio pubblica italiana festeggerà i suoi primi 100 anni, diciamo che la ricorrenza, ormai abbastanza vicina, costituisce un’occasione ideale per ripercorrere passo passo questa lunga e affascinante storia.

Il comunicato stampa d’occasione precisa che “una storia della Radio pubblica italiana dalle origini ad oggi non è mai stata scritta, eccezion fatta per la ‘Garzantina della Radio’, uscita nel 2003, che però è una sorta di dizionario totalmente diverso dall’impostazione di quest’opera e non è aggiornata agli ultimi anni”.

Nel libro si ripercorre dunque la quasi centenaria storia della Radio italiana attraverso i suoi conduttori, i programmi che ne hanno fatto la storia, le canzoni lanciate, i funzionari, gli effetti di questo mezzo sulla politica e sul costume italiano.

Scorrere gli argomenti alla base dei vari capitoli fa già venire l’acquolina in bocca. Si parte con la nascita della Radio in Italia, i primi divi della Radio (Maria Luisa Boncompagni, Nunzio Filogamo, Nicolò Carosio) e le prime trasmissioni popolari.

Poi, tocca alla Radio del dopoguerra, con il Giornale Radio, Radio sera, i Gazzettini regionali. E ancora: l’ideazione del Festival di Sanremo (che nasce come trasmissione radiofonica), la nascita di ‘Tutto il calcio minuto per minuto’, le trasmissioni sportive, i Radio documentari, il teatro in Radio, la nascita della filodiffusione e del Notturno italiano.

Ed eccoci a tempi relativamente più recenti. Con gli anni ’60, grazie ad alcuni dirigenti illuminati, la Radio vive una seconda gioventù. Tocca poi, negli anni ’70, alla riforma della Rai e alla nascita dei tre Gr.

Di seguito però ci sono la rottura del monopolio e la Rai che deve fronteggiare la nuova concorrenza della Radio ‘libere’ e lo fa con la nascita di Rai Stereo Uno, Rai Stereo Due e il successo di Rai Stereo Notte. Una nota a parte viene riservata a ‘Black out’ di Enrico Vaime e a ‘Fabio Fazio radiofonico’.

La parte successiva è denominata ‘La Radio nella seconda Repubblica’. Si parla fra l’altro del ripristino di un Gr ‘unificato’, di Michele Mirabella e Toni Garrani, di Andrea Vianello, Dario Salvatori, Carlo Massarini, Gianluca Nicoletti, dello stesso Umberto Broccoli, del ritorno in Radio di Enrica Bonaccorti, di Paolo Limiti e Maurizio Costanzo.

Per ‘La Radio del nuovo millennio’, ecco la moltiplicazione delle reti, con la nascita prima di Gr Parlamento e Isoradio e poi, più di recente, di tutti gli altri nuovi canali di Radio Rai. Non manca altresì, ovviamente, l’analisi di cento anni della Radio musicale (pubblica) e così restano negli occhi (e nelle orecchie) le immagini e i suoni che hanno caratterizzato le varie epoche.

In due volumi, il libro di Emanuelli (finora noto per l’attenzione certosina dedicata alle emittenti radiotelevisive locali e alla loro storia) dà la possibilità di conoscere cent’anni di storia della Radio pubblica italiana, prendendo in esame, come detto, le trasmissioni, i conduttori, i registi, gli autori e i dirigenti che ne hanno caratterizzato l’evoluzione in questo lungo periodo.



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OGT newspaper
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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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