Hans lo aveva previsto. Una volta terminata la guerra, Scricciolo non sarebbe stato in condizione di inserirsi nel nuovo contesto sociale che si sarebbe formato. Lo aveva confidato a Leonora poco prima di venire fucilato, non senza raccomandarle di badare al giovane. Questi, dinanzi ad un mondo a cui sentiva di non poter appartenere, conduce vita appartata rinchiuso per oltre un anno nella casa segreta dell’anarchico. Poi, nel 1951, si costruisce una stalla in cui alleva dieci bovini e un laboratorio di falegnameria nel quale lavora giorno e notte per evadere le numerose commesse che gli vengono assegnate. Il denaro guadagnato potrebbe consentirgli di svolgere una vita più agiata e meno ritirata, ma egli investe tutti i proventi ricavati nell’ampliamento dell’allevamento e nella realizzazione di un caseificio. Ma la necessità di assumere dipendenti per aiutarlo e l’accumulo di ricchezza non rientrano in quello che era sempre stato il suo vero progetto: lavorare per costruire il socialismo nel cuore degli uomini. In tale condizione egli sente che le sue attività, al contrario, non fanno che incrementare lo sviluppo del capitalismo. Tenta, allora, di convincere alcuni agricoltori a costituire una cooperativa insieme con i quali poter costruire un frantoio. Il progetto di unire forze e risorse pur di sottrarsi alle dinamiche capitalistiche non viene accolto da nessuno di loro. Anzi, alcuni di essi temono che tale iniziativa sia stata architettata da Scricciolo per privarli dei loro beni. Il 23 aprile del 1961, giorno del suo trentaseiesimo compleanno, senza prendere con sé né una moneta né un abito, Scricciolo in preda alla delusione abbandona tutto, lascia Clara e il figlio Spartaco e se ne va via senza proferire alcuna parola...
L’ombra è del fiume è un intenso, sommesso e splendido romanzo che l’editore Gammarò pubblica purtroppo in concomitanza con l’improvvisa scomparsa dell’autore. Pertanto, il presente libro di Vincenzo Gueglio, nato a Sestri Levante nel 1946, esce di fatto postumo e va a costituire il degno coronamento dell’intensa attività letteraria di uno scrittore prolifico, autore di romanzi e fiabe, di biografie e saggi dedicati a personaggi e storia nazionale e locale. Anche le pagine di questo libro di commiato risultano pregne di quella genuina passione per la cultura e per l’impegno sociale e civile e che hanno animato l’attività di tutta la sua esistenza. Non si tratta in questo caso di un romanzo strutturato in maniera tradizionale, ma piuttosto di un libro nel quale la linearità del percorso narrativo tende di continuo a frammentarsi in rivoli di riflessione che consentono di scrutare di tra le pieghe e le incrinature della vicenda intima del protagonista. L’immagine di lui che Gueglio ci reca in dote tra le pagine del libro è quella di uomo avvolto in un’inconciliabile singolarità, disperso in una regione insolubile nella quale la purezza e l’ingenuità degli ideali e i riscontri amari di una realtà che spoglia il mondo da ogni sua tinta consolatoria. Il lettore incappa, dunque, in una storia intensa e sofferta, nella parabola di un uomo che osserva il mondo con la mesta doglianza di chi passa attraverso la vita pagando di persona un duro prezzo. La necessità di attenderne il riscatto è lì che scalpita, mentre pagina dopo pagina assiste ad un lento decorso di ripiegamenti disillusi che resterà impresso nella nostra memoria come un sigillo che porteremo a lungo dentro di noi.
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