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La regia televisiva soffocata dalle rigide regole dei format
Corriere.it di venerdģ 16 dicembre 2022
Il racconto di Vito Molinari che ha vissuto l’intera evoluzione della regia televisiva, dalle fasi pionieristiche alle sperimentazioni seriali

di Aldo Grasso
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di Aldo Grasso

Il racconto di Vito Molinari che ha vissuto l’intera evoluzione della regia televisiva, dalle fasi pionieristiche alle sperimentazioni seriali

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A chi ama la storia della televisione italiana mi permetto di consigliare un libro da poco uscito per le edizioni Gammarò: «La mia Rai» di Vito Molinari. Tanto per invogliare alla lettura, Molinari è il regista che ha diretto la trasmissione inaugurale della televisione italiana, il 3 gennaio del 1954 e che, nel corso degli anni, ha partecipato a oltre duemila produzioni dimostrando la singolare capacità di sapersi cimentarsi in tutti i generi, passando dal varietà al teatro di prosa, dal Festival di Sanremo alla commedia musicale. Colpisce nel titolo l’uso del possessivo. Come va letto? Con un’ombra di nostalgia come se Molinari non si riconoscesse più in questa Rai? No, decisamente no.

La sua Rai è quella che parte da «Scala reale» con Adriana Serra, a «Senza rete», dal Festival della canzone italiana, dal meraviglioso «Un, due tre» con Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello, da «La via del successo» con Walter Chiari, da «L’amico del giaguaro» con Gino Bramieri, Marisa Del Frate, Raffaele Pisu, dall’omaggio a Gilberto Govi, genovese come lui e arriva ad «Atelier» con Elsa Martinelli e Paola Pitagora (1986). Nel mezzo c’è la «Canzonissima» con Dario Fo e Franca Rame, l’esordio di Paolo Villaggio, un sorprendente numero di soubrettes: Elena Giusti, Monica Vitti, Delia Scala, Wanda Osiris, Sandra Mondaini, Marisa Del Frate, Loretta Goggi…Con il suo alto artigianato — che significa saper fare bene le cose, impegnarsi con coscienza professionale, dimostrare sempre uno spiccato senso del gusto —, Molinari ha vissuto l’intera evoluzione della regia televisiva, dalle fasi pionieristiche alle sperimentazioni seriali. E la sua qualità la si apprezza maggiormente oggi in un frangente storico in cui la regia televisiva è praticamente sparita, soffocata dalle rigide regole dei format e dalla sciatteria formale che attraversa quasi tutte le trasmissioni. Ogni pagina del libro gronda di ricordi.



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A chi ama la storia della televisione italiana mi permetto di consigliare un libro da poco uscito per le edizioni Gammarò: «La mia Rai» di Vito Molinari. Tanto per invogliare alla lettura, Molinari è il regista che ha diretto la trasmissione inaugurale della televisione italiana, il 3 gennaio del 1954 e che, nel corso degli anni, ha partecipato a oltre duemila produzioni dimostrando la singolare capacità di sapersi cimentarsi in tutti i generi, passando dal varietà al teatro di prosa, dal Festival di Sanremo alla commedia musicale. Colpisce nel titolo l’uso del possessivo. Come va letto? Con un’ombra di nostalgia come se Molinari non si riconoscesse più in questa Rai? No, decisamente no.

La sua Rai è quella che parte da «Scala reale» con Adriana Serra, a «Senza rete», dal Festival della canzone italiana, dal meraviglioso «Un, due tre» con Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello, da «La via del successo» con Walter Chiari, da «L’amico del giaguaro» con Gino Bramieri, Marisa Del Frate, Raffaele Pisu, dall’omaggio a Gilberto Govi, genovese come lui e arriva ad «Atelier» con Elsa Martinelli e Paola Pitagora (1986). Nel mezzo c’è la «Canzonissima» con Dario Fo e Franca Rame, l’esordio di Paolo Villaggio, un sorprendente numero di soubrettes: Elena Giusti, Monica Vitti, Delia Scala, Wanda Osiris, Sandra Mondaini, Marisa Del Frate, Loretta Goggi…Con il suo alto artigianato — che significa saper fare bene le cose, impegnarsi con coscienza professionale, dimostrare sempre uno spiccato senso del gusto —, Molinari ha vissuto l’intera evoluzione della regia televisiva, dalle fasi pionieristiche alle sperimentazioni seriali. E la sua qualità la si apprezza maggiormente oggi in un frangente storico in cui la regia televisiva è praticamente sparita, soffocata dalle rigide regole dei format e dalla sciatteria formale che attraversa quasi tutte le trasmissioni. Ogni pagina del libro gronda di ricordi.



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