Con noi ha anche pubblicato diversi libri [ vedi qui ]
Abbiamo catturato Diego Zandel al confine, mentre cercava di sfuggire al nostro interrogatorio. Da sempre interessato a quel che succede al confine orientale verso i Balcani, Zandel nasce nelle Marche, vicino un campo profughi, visto che la sua famiglia è in fuga dalla Iugoslavia di Tito. Lo abbiamo torchiato bene e ci ha detto tutto! O quasi…
Dove sei quando scrivi? Sia fisicamente che mentalmente
Fisicamente nel mio studio, lo giuro. Mentalmente nel luogo di cui scrivo. In questi giorni, alle prese con la stesura di un romanzo, sulla spiaggia di Termoli, in Molise, a un matrimonio serbo, tra musiche balcaniche e raffiche di kalashnikov in onore degli sposi. Di più mi appello al diritto di non rispondere.
Come scegli le tue vittime, e i tuoi assassini? Confessa!!
E’ sempre gente che ha a che fare con la storia del confine orientale, lungo i Balcani, fin giù in Grecia. La maggioranza dei miei assassini provengono da lì, così le vittime… ma non è detto. Nel mio nuovo romanzo “Eredità colpevole” in uscita a febbraio con Voland, le vittime sono un giudice romano, degli autonomisti fiumani, triestini dal passato di spie… gli assassini non ve lo dico, non sono un infame!
Qual é il tuo modus operandi?
C’è sempre un conflitto da cui nasce la storia che si fa trama di vita, anzi di vite… cerco sempre di arrivare alla verità, lo giuro, impegno i miei protagonisti, in cui mi riconosco un po’… e qualche volta vanno per conto loro, si prendono la briglia più che io lasciarla a loro, ‘sti farabutti!
Chi sono i tuoi complici?
Mia moglie Alessandra in primis. Spesso, nel raccontarle quello che combino, mi dà delle dritte, e poi alcuni complici eccellenti… per ”Eredità colpevole” addirittura Giancarlo De Cataldo, che mi ha dato le carte relative a un criminale, capo della polizia politica di Tito a Fiume, accusato di omicidio continuato, che però l’ha fatta franca…troppe protezioni politiche…
Che rapporti hai con i tuoi lettori e le tue lettrici? Avanti, parla!
Buono, buono… nessuno mi è venuto mai contro… sanno che non li tradirò mai. Come me amano l’avventura, il mistero, gli angoli bui della grande storia, in particolare quella del confine orientale fin giù nei Balcani fino alla Grecia e oltre.
Che messaggio vuoi dare con le tue opere?
Confessa!
Nessuno, lo giuro, almeno consapevolmente…
mi limito a pensare e ad agire seguendo solo i miei interessi personali… che sono poi quelli nati dalla mia storia… figlio di esuli fiumani, sono nato in un campo profughi delle Marche già campo di concentramento dalla prima guerra mondiale, e poi ho trascorso quasi tutta la mia vita al Villaggio Giuliano-dalmata di Roma, altro centro raccolta profughi… ma c’è di mezzo anche un’isola greca per via di un lontano matrimonio… un’isola del Dodecaneso precisamente, teatro di guerra, terra di confine come quella della mia famiglia al nord, isola appartenuta prima all’impero ottomano, poi all’Italia, poi occupata dai tedeschi, quindi dagli inglesi… ora isola greca a tutti gli effetti… il messaggio che voglio dare, mi chiedete? Confermo, nessuno. Piuttosto quello che voglio è portare la testimonianza di un uomo di frontiera quale sono…lo stesso muro del campo profughi dove sono nato e cresciuto era una frontiera… di qua del muro noi, di là tutti gli altri che ci consideravano diversi, stranieri pur essendo italiani. La frontiera: una condizione di conflitti, di guerre, di dittature, di fughe, di occupazioni… in centanni Fiume è passata dall’essere austroungarica a italiana, poi zona di operazioni dell’Adriatisches küstenland, poi jugoslava, adesso croata…ce n’è davanzo per scrivere dei romanzi e il mio impegno, lo giuro davanti a voi, è quello di renderli belli e avvincenti.
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