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Nota di lettura a *Carne e sangue*
almapoesia.it di giovedì 16 febbraio 2023
Carne e Sangue è l’ultima raccolta di poesie di Nicola Manicardi, pubblicata per OLTREEdizioni nel 2021. La silloge si divide in sei sezioni, Modena è la città...

di Elena Verzì

Carne e Sangue è l’ultima raccolta di poesie di Nicola Manicardi, pubblicata per OLTREEdizioni nel 2021. La silloge si divide in sei sezioni, Modena è la città protagonista e sfondo dei ricordi e delle riflessioni di Manicardi. L’autore si sofferma sugli abitanti della sua cittadina, su Martina «il dipinto più bello» e sugli elementi della natura (gli aironi, i corsi d’acqua, i fiori e i merli). L’io poetico si espande, andando incontro a vari personaggi, molti versi sono rivolti al cane Sancho, amico e confidente, compagno di viaggio con cui attraversa le vie della città. Lo sguardo di Manicardi non ha alcuna intenzione di nascondere il sentimento di nostalgia che ripercorre tutta l’opera come in questa poesia:

 

 

«Ora che sono qui affacciato a sud est

 

senza nessuna insegna Modena

 

proverò a incontrare il poeta Ritsos.

 

Lo vedo è qui di fronte sull’altra sponda dell’Adriatico.

 

Vorrei capire da che verso si legge il mare

 

o se esiste un verso che faccia rima con tornare.

 

Nella sua poesia Vecchie mi sono imbattuto ieri sera

 

lo stesso fazzoletto nero sulla testa

 

e la sedia fuori ad aspettare i figli

 

che non torneranno.»

 

 

Gli episodi raccontati si alternano tra un’accezione sensuale e drammatica dei vicoli del centro modenese e dei campi. Ricorrente è l’idea della noia: «Un chilometro e duecento metri di noia / è la lunghezza della strada / dove finisce il centro abitato..», «Quando esco con Sancho / gli descrivo il nulla / perché il tutto ha una linea retta / e il dubbio è l’unica grande voce / che ci assiste». Non vengono risparmiati pensieri sui poeti e sulla poesia, sono presenti Brodskij, Ritsos, Celan; si scrive «per tacere gli assilli [..] / e per dare un nome alle sconfitte». Nicola Vacca nella prefazione all’opera dice che «come la poesia di Paul Celan, quella di Nicola Manicardi ha tempo e non ha tempo» e «che i poeti sono gli ultimi custodi delle solitudini». Carne e Sangue è un «cancello aperto», un viaggio intenso e vero come lo sono gli uomini che vivono nelle «distanze brevi» e che sognano un luogo che li possa amare con «l’occhio / che vada bene a entrambi: / uno per la vista / l’altro per il cuore».

 

 
 
 
 

 

Sancho,

 

non possiamo stare ancora fermi

 

ad aspettare di immaginarci

 

ciò che potrebbe accadere.

 

In questa ultima via

 

prima che iniziano i campi

 

non c’è senso che dica il vero

 

si cammina in un monotono come corde sole.

 

Tu sbatti e io mi slogo

 

di errori e ci ricasco.

 

Eppure la via è tutta diritta

 

come la metafora più semplice

 

lo sarebbe alla vita.

 

È questo che ti sto ricordando

 

non immaginiamo

 

più del nostro pane quotidiano

 

perché qui nulla potrebbe accadere

 

se non trovare per sbaglio:

 

un cucciolo di merla

 

una striscia di sangue

 

che non sia lotta tra gatti

 

o la grandinata di luglio in pieno sole.

 

 

*

 

 

Sono uscito dal capillare di miserie

 

davanti a Porta Bologna

 

inghiottito da una grande bocca.

 

Tutta l’incuranza era concentrata lì.

 

Rimbalzato tra gengive di marmo

 

e piccoli boli parlanti.

 

Ero tra il terzo molare inferiore e la lingua

 

lunga che taglia il centro.

 

Non c’è ponte che sorregge le due arcate

 

solo una facciata ripulita dallo smog e

 

un misto di etnie che prega a modo suo.

 

Nel locale (così si chiama)

 

una giovane canta country emiliano

 

dice che da domani sarà a Sarzana per sempre.

 

Questo “per sempre” mi ha bloccato.

 

Il dunque aveva sfidato la sorte

 

e la miseria era cristallizzata

 

nella cripta del passato.

 

Forse per lei.

 

Io continuai a camminare nel buio afono

 

tra la trachea e via Carteria.

 

La via degli Artisti, così la chiamano.

 

Lei non si volta, io proseguo tra

 

gli apparecchi fissi di serrande chiuse

 

e una vita persa da chissà.

 

La bocca è enorme e io mi sento:

 

un minatore che cerca di rompere la carie

 

o forse sono io diventato accumulo

 

marcio fermo al divieto d’accesso.

 

 

*

 

 

Il tuo letto è comodo, Martina.

 

I peluche li ho lasciati sulla mensola in fila

 

Scusa se non ricordo i nomi

 

ma ora ne ho troppi e pochi volti.

 

Mi ricordi perché nel tuo disegno

 

la mia testa sembrava un contenitore?

 

Avevi già previsto chi dovevo diventare.

 

È strano come dai cerchi che facevo in aria

 

poi sia diventato un cubo.

 

Cosa sono gli angoli per te?

 

Sei ancora alla mezzaluna?

 

Io sono un cartone sotto l’intemperia

 

e tu, il dipinto più bello.

 

 

*

 

 

Sancho sei felice o fingitore

 

 

Di vedere non puoi

 

ma fingi di sapere l’ora.

 

Tu mi porti e mi riaccompagni

 

scodinzoli e giochi

 

facendomi credere che...

 

Non so se sei felice o fingitor

 

non puoi essere pastore dei resti di Corrado

 

lui veglia l’immobile.

 

 

Segui ancora a scrivere Poesie?

 

 
 
 
 

Nicola Manicardi è nato a Modena dove risiede e lavora in ambito sanitario. Appassionato di letteratura, in particolare modo di poesia, ha pubblicato nel 2015, per la casa editrice Rupe Mutevole di Parma diretta da Enrico Nascimbeni, il suo primo volume intitolato “Periplo”. Successivamente alcuni suoi testi sono stati inseriti in una antologia dedicata al mito di Marilyn Monroe intitolata “Umana troppo umana”, curata da Alessandro Fo e Fabrizio Cavallaro ed edita da Aragno nel 2016. Nel 2018 ha pubblicato il suo secondo volume di poesia intitolato “Non so”, per la casa editrice “I Quaderni del Bardo” di Stefano Donno collana Zeta diretta da Nicola Vacca. Alcune sue poesie sono state tradotte in greco, spagnolo, rumeno, russo e francese e inserite in alcune riviste nazionali e internazionali. Nel giugno 2020 esce una nuova raccolta di poesie dal titolo “Umiltà degli Scarti” Collana Agorà diretta da Nicola Vacca per l’Argolibro editore.



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Carne e Sangue è l’ultima raccolta di poesie di Nicola Manicardi, pubblicata per OLTREEdizioni nel 2021. La silloge si divide in sei sezioni, Modena è la città...

di Elena Verzì

Carne e Sangue è l’ultima raccolta di poesie di Nicola Manicardi, pubblicata per OLTREEdizioni nel 2021. La silloge si divide in sei sezioni, Modena è la città protagonista e sfondo dei ricordi e delle riflessioni di Manicardi. L’autore si sofferma sugli abitanti della sua cittadina, su Martina «il dipinto più bello» e sugli elementi della natura (gli aironi, i corsi d’acqua, i fiori e i merli). L’io poetico si espande, andando incontro a vari personaggi, molti versi sono rivolti al cane Sancho, amico e confidente, compagno di viaggio con cui attraversa le vie della città. Lo sguardo di Manicardi non ha alcuna intenzione di nascondere il sentimento di nostalgia che ripercorre tutta l’opera come in questa poesia:

 

 

«Ora che sono qui affacciato a sud est

 

senza nessuna insegna Modena

 

proverò a incontrare il poeta Ritsos.

 

Lo vedo è qui di fronte sull’altra sponda dell’Adriatico.

 

Vorrei capire da che verso si legge il mare

 

o se esiste un verso che faccia rima con tornare.

 

Nella sua poesia Vecchie mi sono imbattuto ieri sera

 

lo stesso fazzoletto nero sulla testa

 

e la sedia fuori ad aspettare i figli

 

che non torneranno.»

 

 

Gli episodi raccontati si alternano tra un’accezione sensuale e drammatica dei vicoli del centro modenese e dei campi. Ricorrente è l’idea della noia: «Un chilometro e duecento metri di noia / è la lunghezza della strada / dove finisce il centro abitato..», «Quando esco con Sancho / gli descrivo il nulla / perché il tutto ha una linea retta / e il dubbio è l’unica grande voce / che ci assiste». Non vengono risparmiati pensieri sui poeti e sulla poesia, sono presenti Brodskij, Ritsos, Celan; si scrive «per tacere gli assilli [..] / e per dare un nome alle sconfitte». Nicola Vacca nella prefazione all’opera dice che «come la poesia di Paul Celan, quella di Nicola Manicardi ha tempo e non ha tempo» e «che i poeti sono gli ultimi custodi delle solitudini». Carne e Sangue è un «cancello aperto», un viaggio intenso e vero come lo sono gli uomini che vivono nelle «distanze brevi» e che sognano un luogo che li possa amare con «l’occhio / che vada bene a entrambi: / uno per la vista / l’altro per il cuore».

 

 
 
 
 

 

Sancho,

 

non possiamo stare ancora fermi

 

ad aspettare di immaginarci

 

ciò che potrebbe accadere.

 

In questa ultima via

 

prima che iniziano i campi

 

non c’è senso che dica il vero

 

si cammina in un monotono come corde sole.

 

Tu sbatti e io mi slogo

 

di errori e ci ricasco.

 

Eppure la via è tutta diritta

 

come la metafora più semplice

 

lo sarebbe alla vita.

 

È questo che ti sto ricordando

 

non immaginiamo

 

più del nostro pane quotidiano

 

perché qui nulla potrebbe accadere

 

se non trovare per sbaglio:

 

un cucciolo di merla

 

una striscia di sangue

 

che non sia lotta tra gatti

 

o la grandinata di luglio in pieno sole.

 

 

*

 

 

Sono uscito dal capillare di miserie

 

davanti a Porta Bologna

 

inghiottito da una grande bocca.

 

Tutta l’incuranza era concentrata lì.

 

Rimbalzato tra gengive di marmo

 

e piccoli boli parlanti.

 

Ero tra il terzo molare inferiore e la lingua

 

lunga che taglia il centro.

 

Non c’è ponte che sorregge le due arcate

 

solo una facciata ripulita dallo smog e

 

un misto di etnie che prega a modo suo.

 

Nel locale (così si chiama)

 

una giovane canta country emiliano

 

dice che da domani sarà a Sarzana per sempre.

 

Questo “per sempre” mi ha bloccato.

 

Il dunque aveva sfidato la sorte

 

e la miseria era cristallizzata

 

nella cripta del passato.

 

Forse per lei.

 

Io continuai a camminare nel buio afono

 

tra la trachea e via Carteria.

 

La via degli Artisti, così la chiamano.

 

Lei non si volta, io proseguo tra

 

gli apparecchi fissi di serrande chiuse

 

e una vita persa da chissà.

 

La bocca è enorme e io mi sento:

 

un minatore che cerca di rompere la carie

 

o forse sono io diventato accumulo

 

marcio fermo al divieto d’accesso.

 

 

*

 

 

Il tuo letto è comodo, Martina.

 

I peluche li ho lasciati sulla mensola in fila

 

Scusa se non ricordo i nomi

 

ma ora ne ho troppi e pochi volti.

 

Mi ricordi perché nel tuo disegno

 

la mia testa sembrava un contenitore?

 

Avevi già previsto chi dovevo diventare.

 

È strano come dai cerchi che facevo in aria

 

poi sia diventato un cubo.

 

Cosa sono gli angoli per te?

 

Sei ancora alla mezzaluna?

 

Io sono un cartone sotto l’intemperia

 

e tu, il dipinto più bello.

 

 

*

 

 

Sancho sei felice o fingitore

 

 

Di vedere non puoi

 

ma fingi di sapere l’ora.

 

Tu mi porti e mi riaccompagni

 

scodinzoli e giochi

 

facendomi credere che...

 

Non so se sei felice o fingitor

 

non puoi essere pastore dei resti di Corrado

 

lui veglia l’immobile.

 

 

Segui ancora a scrivere Poesie?

 

 
 
 
 

Nicola Manicardi è nato a Modena dove risiede e lavora in ambito sanitario. Appassionato di letteratura, in particolare modo di poesia, ha pubblicato nel 2015, per la casa editrice Rupe Mutevole di Parma diretta da Enrico Nascimbeni, il suo primo volume intitolato “Periplo”. Successivamente alcuni suoi testi sono stati inseriti in una antologia dedicata al mito di Marilyn Monroe intitolata “Umana troppo umana”, curata da Alessandro Fo e Fabrizio Cavallaro ed edita da Aragno nel 2016. Nel 2018 ha pubblicato il suo secondo volume di poesia intitolato “Non so”, per la casa editrice “I Quaderni del Bardo” di Stefano Donno collana Zeta diretta da Nicola Vacca. Alcune sue poesie sono state tradotte in greco, spagnolo, rumeno, russo e francese e inserite in alcune riviste nazionali e internazionali. Nel giugno 2020 esce una nuova raccolta di poesie dal titolo “Umiltà degli Scarti” Collana Agorà diretta da Nicola Vacca per l’Argolibro editore.



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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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