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Finis Terrae, la presentazione del libro di Gian Luca Campagna a Latina Lido
ILCAFFE.TV di sabato 2 luglio 2016
«Finis Terrae - noir mediterraneo» di Gianluca Campagna

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Venerdì 1 luglio alle 19 presso la terrazza La Vela dell’Hotel Miramare a Latina Lido verrà presentato il libro Finis Terrae di Gian Luca Campagna. Domani il libro sarà tradotto anche nella lingua LIS per i non udenti. Sarà forse un caso ma da quando è uscito il romanzo Finis terrae di Gian Luca Campagna è tornato in auge anche il caso dell’omicidio Don Boschin, ufficialmente riaperto da qualche giorno dopo 21 anni di oblio. E già, perché il romanzo parte proprio da quell’omicidio sebbene poi se ne discosti fortemente e comincia a percorrere altre tracce narrative.
“Se si guarda al territorio di Latina con la lente d’ingrandimento si resta stupiti per due motivi: per la bellezza di un territorio che non s’è piegato alla volontà degli uomini e per l’incapacità degli uomini di non aver trasformato il territorio a loro uso e consumo. Quindi, da una parte hai una natura selvaggia che insiste sul lato mare e sui laghi palustri e dall’altra le storture e le contraddizioni urbane che non hanno concesso alla prima città del Lazio di vivere come fosse un’oasi felice”.
Domani venerdì 1 luglio verrà presentato sulla terrazza dell’Hotel Miramare di Latina lido questo romanzo che ha un titolo singolare, ‘Finis terrae’ (pp 470, euro 19, Oltre edizioni), dove il senso dello spazio è ‘delimitato’ dall’aspetto placido dei laghi salmastri e dall’infinito del mare, divisi da una lingua di terra, che forse ti fa capovolgere un territorio all’apparenza calmo ma che cova e sussulta di continuo. Ma non siamo a Latina e al Circeo, ma nell’ipotetica Villareale, che non è certo un non luogo, ma una cittadina di provincia, seppure immaginaria, compassata e borghese, selvaggia e ovattata, vigliacca e seducente, scossa da un delitto inquietante (un parroco trovato incaprettato), preceduto da un caso irrisolto (un bambino ucciso e seviziato 7 anni prima) e seguito da un’altra sparizione (un’affascinante ballerina di un night club).
Il romanzo verrà presentato da Pierluigi Felli, romanziere, e tradotto nella lingua LIS. Infatti,per la prima volta questo romanzo sarà segnato dall’interprete LIS (lingua italiana dei segni) Alessia Catalani, un’idea partita dalla sensibilità della blogger Stefania De Caro, che lavora da anni nel sociale e che ha reso possibile rendere partecipi di eventi letterari davvero tutti. La lingua dei segni è fondamentale per poter comunicare con una realtà che esiste e che vive purtroppo separata dal mondo degli udenti; i sordi sono una comunità attiva e presente ma che si scontra la maggior parte delle volte con limiti che rendono difficile qualsiasi comunicazione, la lingua dei segni è una lingua che veicola i propri significati attraverso un sistema di segni che è riconosciuto e codificato, utilizzato dalla maggioranza delle persone sorde. Questa lingua ha segni che sono soprattutto verbali ed espressioni che contengono aspetti non verbali. La blogger Stefania de Caro è convinta che attraverso la cultura e il sapere si possono trovare ponti di comunicazioni e infiniti modi di trasmettere la bellezza di quello che ci circonda.
Tornando alla trama, chi indaga in questi casi da matrioska se non un giornalista, probabile alter ego del narratore Campagna, giornalista nella vita reale? Ma non è il solo a cercare un volto all’assassino. Ci sono anche un gruppo di donne, illuse e tradite dai rispettivi fidanzati e mariti, e un ex portiere di calcio, scommettitore incallito. Del resto, è sufficiente sbirciare la quarta di copertina per restare intrigati da una trama che non sai se possa mai appartenere a un solo genere o invece a una fusione tra i vari generi: “Un parroco che sapeva troppo trovato incaprettato nella canonica del suo borgo, un comitato ambientalista che scava nei segreti di una discarica e di una centrale nucleare dismessa, una prostituta di un night sparita nel nulla, una squadra di calcio che perde per pagarsi lo stipendio, un cronista indolente che non sa come impiegare il proprio tempo, un gruppo di imprenditori che avvia una centrale a biomasse per dare futuro a se stessi, un gruppo di amiche sull'orlo di una crisi isterica per i tradimenti dei mariti, una commessa di una boutique che aspetta ancora il principe azzurro, un ex calciatore col vizio della cocaina, un faccendiere serbocroato che tratta puttane, calciatori, scommettitori come se fosse ancora un cecchino durante l'assedio di Sarajevo. E sullo sfondo lo Scirocco che avvolge una città, sospesa tra mare, laghi paludosi e macchia mediterranea, in una sorta di finis terrae”.
Questa la definizione che concede il giornalista e scrittore Diego Zandel sul romanzo di Campagna: "Il romanzo di Gian Luca Campagna si inserisce in quel filone d’inchiesta narrativa cominciato da Giancarlo De Cataldo e Massimo Carlotto. Ecomafie, compravendita del sesso, calcioscomesse, politica miope: prendendo spunto dalla realtà, osservando i fatti di cronaca con occhi tridimensionali e scavando nelle torbide passioni umane, fondendo con la propria abilità narrativa i fatti alla fantasia romanzata, ‘Finis terrae’ lancia l’autore come una delle nuove promesse del noir italiano, strizzando l’occhio a quello mediterraneo. Un romanzo che si legge tutto d’un fiato, maledicendo l’autore che ti costringe a fare le ore piccole per scoprire pezzo dopo pezzo, parola dopo parola, come una moderna sciarada, il nome dell’assassino. Ma, attenzione, come nella realtà, niente è come potrebbe apparire in un primo –e in un secondo- momento": così Diego Zandel, curatore della collana di narrativa dell'editrice Oltre.

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«Finis Terrae - noir mediterraneo» di Gianluca Campagna

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Venerdì 1 luglio alle 19 presso la terrazza La Vela dell’Hotel Miramare a Latina Lido verrà presentato il libro Finis Terrae di Gian Luca Campagna. Domani il libro sarà tradotto anche nella lingua LIS per i non udenti. Sarà forse un caso ma da quando è uscito il romanzo Finis terrae di Gian Luca Campagna è tornato in auge anche il caso dell’omicidio Don Boschin, ufficialmente riaperto da qualche giorno dopo 21 anni di oblio. E già, perché il romanzo parte proprio da quell’omicidio sebbene poi se ne discosti fortemente e comincia a percorrere altre tracce narrative.
“Se si guarda al territorio di Latina con la lente d’ingrandimento si resta stupiti per due motivi: per la bellezza di un territorio che non s’è piegato alla volontà degli uomini e per l’incapacità degli uomini di non aver trasformato il territorio a loro uso e consumo. Quindi, da una parte hai una natura selvaggia che insiste sul lato mare e sui laghi palustri e dall’altra le storture e le contraddizioni urbane che non hanno concesso alla prima città del Lazio di vivere come fosse un’oasi felice”.
Domani venerdì 1 luglio verrà presentato sulla terrazza dell’Hotel Miramare di Latina lido questo romanzo che ha un titolo singolare, ‘Finis terrae’ (pp 470, euro 19, Oltre edizioni), dove il senso dello spazio è ‘delimitato’ dall’aspetto placido dei laghi salmastri e dall’infinito del mare, divisi da una lingua di terra, che forse ti fa capovolgere un territorio all’apparenza calmo ma che cova e sussulta di continuo. Ma non siamo a Latina e al Circeo, ma nell’ipotetica Villareale, che non è certo un non luogo, ma una cittadina di provincia, seppure immaginaria, compassata e borghese, selvaggia e ovattata, vigliacca e seducente, scossa da un delitto inquietante (un parroco trovato incaprettato), preceduto da un caso irrisolto (un bambino ucciso e seviziato 7 anni prima) e seguito da un’altra sparizione (un’affascinante ballerina di un night club).
Il romanzo verrà presentato da Pierluigi Felli, romanziere, e tradotto nella lingua LIS. Infatti,per la prima volta questo romanzo sarà segnato dall’interprete LIS (lingua italiana dei segni) Alessia Catalani, un’idea partita dalla sensibilità della blogger Stefania De Caro, che lavora da anni nel sociale e che ha reso possibile rendere partecipi di eventi letterari davvero tutti. La lingua dei segni è fondamentale per poter comunicare con una realtà che esiste e che vive purtroppo separata dal mondo degli udenti; i sordi sono una comunità attiva e presente ma che si scontra la maggior parte delle volte con limiti che rendono difficile qualsiasi comunicazione, la lingua dei segni è una lingua che veicola i propri significati attraverso un sistema di segni che è riconosciuto e codificato, utilizzato dalla maggioranza delle persone sorde. Questa lingua ha segni che sono soprattutto verbali ed espressioni che contengono aspetti non verbali. La blogger Stefania de Caro è convinta che attraverso la cultura e il sapere si possono trovare ponti di comunicazioni e infiniti modi di trasmettere la bellezza di quello che ci circonda.
Tornando alla trama, chi indaga in questi casi da matrioska se non un giornalista, probabile alter ego del narratore Campagna, giornalista nella vita reale? Ma non è il solo a cercare un volto all’assassino. Ci sono anche un gruppo di donne, illuse e tradite dai rispettivi fidanzati e mariti, e un ex portiere di calcio, scommettitore incallito. Del resto, è sufficiente sbirciare la quarta di copertina per restare intrigati da una trama che non sai se possa mai appartenere a un solo genere o invece a una fusione tra i vari generi: “Un parroco che sapeva troppo trovato incaprettato nella canonica del suo borgo, un comitato ambientalista che scava nei segreti di una discarica e di una centrale nucleare dismessa, una prostituta di un night sparita nel nulla, una squadra di calcio che perde per pagarsi lo stipendio, un cronista indolente che non sa come impiegare il proprio tempo, un gruppo di imprenditori che avvia una centrale a biomasse per dare futuro a se stessi, un gruppo di amiche sull'orlo di una crisi isterica per i tradimenti dei mariti, una commessa di una boutique che aspetta ancora il principe azzurro, un ex calciatore col vizio della cocaina, un faccendiere serbocroato che tratta puttane, calciatori, scommettitori come se fosse ancora un cecchino durante l'assedio di Sarajevo. E sullo sfondo lo Scirocco che avvolge una città, sospesa tra mare, laghi paludosi e macchia mediterranea, in una sorta di finis terrae”.
Questa la definizione che concede il giornalista e scrittore Diego Zandel sul romanzo di Campagna: "Il romanzo di Gian Luca Campagna si inserisce in quel filone d’inchiesta narrativa cominciato da Giancarlo De Cataldo e Massimo Carlotto. Ecomafie, compravendita del sesso, calcioscomesse, politica miope: prendendo spunto dalla realtà, osservando i fatti di cronaca con occhi tridimensionali e scavando nelle torbide passioni umane, fondendo con la propria abilità narrativa i fatti alla fantasia romanzata, ‘Finis terrae’ lancia l’autore come una delle nuove promesse del noir italiano, strizzando l’occhio a quello mediterraneo. Un romanzo che si legge tutto d’un fiato, maledicendo l’autore che ti costringe a fare le ore piccole per scoprire pezzo dopo pezzo, parola dopo parola, come una moderna sciarada, il nome dell’assassino. Ma, attenzione, come nella realtà, niente è come potrebbe apparire in un primo –e in un secondo- momento": così Diego Zandel, curatore della collana di narrativa dell'editrice Oltre.

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OGT newspaper
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02/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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