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Le corti marziali di Sal
ARCHIVIOSTORICO di marted 17 gennaio 2017
Le corti marziali di Sal - I Tribunali militari della RSI tra repressione e controllo dellordine pubblico (1943-1945)» di Samuele Tieghi

IL LIBRO – Chi erano i giudici militari della Repubblica Sociale Italiana? Convinti fascisti, oppositori al regime o piuttosto rigidi burocrati indifferenti ai cambiamenti politici? Quale fu il loro destino dopo la Liberazione? Basandosi sulle sentenze e i fascicoli processuali rinvenuti presso i fondi dei Tribunali militari della RSI, il libro ricostruisce l'opera delle corti marziali, evidenziando il funzionamento della giustizia militare dopo l'8 settembre del 1943, quando tali tribunali giudicarono, spesso in modo sommario, soldati, civili accusati di reati comuni e militari, oppositori politici e partigiani.
Il volume analizza, inoltre, il dilagante fenomeno delle diserzioni nella RSI, argomento poco approfondito dalla storiografia e che in questa sede viene indagato soprattutto attraverso lo spoglio dei documenti prodotti dai tribunali militari ordinari e straordinari.
Si interroga, infine, sul destino dei giudici militari, nel momento in cui il loro operato e le loro responsabilità, soprattutto nei confronti dei condannati alla pena capitale, furono passati al vaglio delle Corti d'Assise Straordinarie, nate dopo la guerra per giudicare i collaborazionisti col fascismo.

DAL TESTO – "Corti straordinarie furono messe in atto con il principale scopo di reprimere il movimento resistenziale attraverso processi sommari e spesso istruiti senza rispetto della legalità. La storia di questi processi denota notevoli incongruenze rispetto alla normale prassi prevista dalla legge, nelle modalità di formazione e convocazione dei collegi giudicanti. È ravvisabile, infatti, la volontà politica di indirizzare il giudizio finale verso sentenze particolarmente pesanti ed esemplari. Per evitare sentenze troppo miti, il numero dei giudici che prese parte ai processi contro i partigiani fu circoscritto a un gruppo ristretto di persone di provata fede fascista che avrebbe garantito la linea "dura", ampiamente sostenuta dai vertici non solo militari della RSI, a partire dal segretario del Partito Fascista Repubblicano, Alessandro Pavolini. Furono questi i rari casi in cui i giudici militari applicarono la legge con particolare severità, comminando le sentenze capitali."


L'AUTORE – Samuele Tieghi nasce a Pesaro il 28 aprile 1970. Consegue la Laurea in Lettere moderne nel 1996 con una tesi in Storia della pedagogia. Collabora da anni con l'Università degli Studi di Milano in veste di cultore di materia presso la cattedra di Storia contemporanea. Nel 2014 consegue il Dottorato di ricerca (ph.d.) in Studi storici e documentari con una tesi sulle Corti marziali della Repubblica Sociale Italiana. Attualmente ricopre incarichi organizzativi e sindacali nella segreteria della FLC – CGIL di Monza e Brianza; svolge, inoltre, attività di formatore per Proteo Fare Sapere, agenzia di formazione accreditata presso il MIUR.

INDICE DELL'OPERA – Introduzione - 1. La giustizia militare di Salò (1.1. Giustizia militare: pregiudizi e questioni storiografiche - 1.2. La giustizia militare italiana tra il 1940 e la caduta del fascismo - 1.2.1. Le competenze dei tribunali militari sui civili. La mobilitazione e la precettazione dei civili in Italia durante il conflitto (1940-1943) - 1.3. L'8 settembre della giustizia militare - 1.3.1. La situazione della magistratura militare nella primavera-estate del 1943 - 1.3.2. La giustizia militare nei "45 giorni". Il caso del Tribunale militare di guerra di Milano – 1.4. La giustizia militare tra l'8 settembre e la nascita della Repubblica sociale italiana - 1.5. Le ingerenze tedesche nella giustizia militare italiana - 1.6. I tribunali militari regionali di guerra - 1.7. Rinaldo Vassia e il senso della giustizia militare - 1.8. Le preoccupazioni di Buffarini Guidi) - 2. Giudici e imputati (2.1. L'organizzazione della giustizia militare nella RSI - 2.1.1. La giustizia militare repubblicana e la situazione bellica - 2.1.2. Ulteriori modifiche delle competenze territoriali e giuridiche dei tribunali militari (marzo 1944-aprile 1945) - 2.2. Il Tribunale militare regionale di guerra di Milano - 2.2.1. I difficili inizi dell'attività del Tribunale militare di Milano - 2.3. L'attività istruttoria e l'organizzazione della Procura militare di Milano - 2.3.1. L'attività investigativa e istruttoria nelle procure militari - 2.3.2. L'attività investigativa e istruttoria nei fascicoli processuali del Tribunale militare regionale di guerra di Milano - 2.3.3. L'Ufficio mobilitati civili della Procura militare di Milano e le questioni di ordine pubblico - 2.3.4. I rapporti con San Vittore - 2.3.5. Stress da corte marziale. Nevrosi e malattie da causa di servizio dei magistrati militari) - 3. Giudici e imputati - 3.1. Lo svolgimento del processo penale militare - 3.2. I collegi giudicanti milanesi - 3.2.1. La composizione dei collegi giudicanti milanesi - 3.2.2. Le prime sentenze del Tribunale militare di Milano - 3.3. Le sentenze - 3.3.1. L'attività giudicante del Tribunale militare di Milano da gennaio 1944 a aprile 1945 - 3.3.2. I giudizi per decreto - 3.3.3. Le sentenze da gennaio a maggio 1944 - 3.3.4. Le sentenze da maggio a settembre 1944 - 3.3.5. Le sentenze da settembre a dicembre 1944 - 3.3.6. Le sentenze da gennaio a aprile 1945 - 3.3.7. Sofo Borghese: l'equilibrismo di un ufficiale togato) - 4. Giudici e disertori - 4.1. Il fenomeno delle diserzioni nella RSI - 4.1.1. Un esercito inaffidabile - 4.1.2. Lo scontro tra Stato maggiore e Procura militare. Le dimissioni di Ovidio Ciancarini - 4.1.3. La giustizia militare repubblicana tra repressione e tolleranza. Il "pungolo di Togliatti" - 4.1.4. I provvedimenti legislativi sulle diserzioni dopo il 18 febbraio - 4.1.5. Casistica della diserzione nella RSI attraverso i documenti dell'Ufficio diserzioni del Tribunale militare di Milano - 4.2. Le indagini sui disertori - 4.2.1. L'Ufficio diserzioni del Tribunale militare di guerra di Milano - 4.2.2. Renitenti e disertori in Lombardia) - 5. Giudici e partigiani (5.1. I processi contro i partigiani - 5.1.1. La giustizia militare straordinaria nella repressione dei primi fenomeni resistenziali. Alcuni casi lombardi - 5.1.2. I processi dell'11 gennaio 1945 - 5.1.3. I processi del 12 gennaio 1945 – 5.1.4. Il processo del 13 gennaio 1945 – 5.1.5. Il processo del 26 gennaio 1945 - 5.1.6. Gappisti alla sbarra – 5.1.7. Il processo per l'attacco al campo di aviazione di Arcore - 5.2. L'ultima sentenza - 5.3. Storia di un'epurazione mancata – 5.4. Le sentenze della Corte di assise straordinaria. Il caso "Spoleti, Libois e Centonze" – Conclusioni) – Bibliografia – Monografie – Estratti - Fonti archivistiche - Ringraziamenti


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Le corti marziali di Sal - I Tribunali militari della RSI tra repressione e controllo dellordine pubblico (1943-1945)» di Samuele Tieghi

IL LIBRO – Chi erano i giudici militari della Repubblica Sociale Italiana? Convinti fascisti, oppositori al regime o piuttosto rigidi burocrati indifferenti ai cambiamenti politici? Quale fu il loro destino dopo la Liberazione? Basandosi sulle sentenze e i fascicoli processuali rinvenuti presso i fondi dei Tribunali militari della RSI, il libro ricostruisce l'opera delle corti marziali, evidenziando il funzionamento della giustizia militare dopo l'8 settembre del 1943, quando tali tribunali giudicarono, spesso in modo sommario, soldati, civili accusati di reati comuni e militari, oppositori politici e partigiani.
Il volume analizza, inoltre, il dilagante fenomeno delle diserzioni nella RSI, argomento poco approfondito dalla storiografia e che in questa sede viene indagato soprattutto attraverso lo spoglio dei documenti prodotti dai tribunali militari ordinari e straordinari.
Si interroga, infine, sul destino dei giudici militari, nel momento in cui il loro operato e le loro responsabilità, soprattutto nei confronti dei condannati alla pena capitale, furono passati al vaglio delle Corti d'Assise Straordinarie, nate dopo la guerra per giudicare i collaborazionisti col fascismo.

DAL TESTO – "Corti straordinarie furono messe in atto con il principale scopo di reprimere il movimento resistenziale attraverso processi sommari e spesso istruiti senza rispetto della legalità. La storia di questi processi denota notevoli incongruenze rispetto alla normale prassi prevista dalla legge, nelle modalità di formazione e convocazione dei collegi giudicanti. È ravvisabile, infatti, la volontà politica di indirizzare il giudizio finale verso sentenze particolarmente pesanti ed esemplari. Per evitare sentenze troppo miti, il numero dei giudici che prese parte ai processi contro i partigiani fu circoscritto a un gruppo ristretto di persone di provata fede fascista che avrebbe garantito la linea "dura", ampiamente sostenuta dai vertici non solo militari della RSI, a partire dal segretario del Partito Fascista Repubblicano, Alessandro Pavolini. Furono questi i rari casi in cui i giudici militari applicarono la legge con particolare severità, comminando le sentenze capitali."


L'AUTORE – Samuele Tieghi nasce a Pesaro il 28 aprile 1970. Consegue la Laurea in Lettere moderne nel 1996 con una tesi in Storia della pedagogia. Collabora da anni con l'Università degli Studi di Milano in veste di cultore di materia presso la cattedra di Storia contemporanea. Nel 2014 consegue il Dottorato di ricerca (ph.d.) in Studi storici e documentari con una tesi sulle Corti marziali della Repubblica Sociale Italiana. Attualmente ricopre incarichi organizzativi e sindacali nella segreteria della FLC – CGIL di Monza e Brianza; svolge, inoltre, attività di formatore per Proteo Fare Sapere, agenzia di formazione accreditata presso il MIUR.

INDICE DELL'OPERA – Introduzione - 1. La giustizia militare di Salò (1.1. Giustizia militare: pregiudizi e questioni storiografiche - 1.2. La giustizia militare italiana tra il 1940 e la caduta del fascismo - 1.2.1. Le competenze dei tribunali militari sui civili. La mobilitazione e la precettazione dei civili in Italia durante il conflitto (1940-1943) - 1.3. L'8 settembre della giustizia militare - 1.3.1. La situazione della magistratura militare nella primavera-estate del 1943 - 1.3.2. La giustizia militare nei "45 giorni". Il caso del Tribunale militare di guerra di Milano – 1.4. La giustizia militare tra l'8 settembre e la nascita della Repubblica sociale italiana - 1.5. Le ingerenze tedesche nella giustizia militare italiana - 1.6. I tribunali militari regionali di guerra - 1.7. Rinaldo Vassia e il senso della giustizia militare - 1.8. Le preoccupazioni di Buffarini Guidi) - 2. Giudici e imputati (2.1. L'organizzazione della giustizia militare nella RSI - 2.1.1. La giustizia militare repubblicana e la situazione bellica - 2.1.2. Ulteriori modifiche delle competenze territoriali e giuridiche dei tribunali militari (marzo 1944-aprile 1945) - 2.2. Il Tribunale militare regionale di guerra di Milano - 2.2.1. I difficili inizi dell'attività del Tribunale militare di Milano - 2.3. L'attività istruttoria e l'organizzazione della Procura militare di Milano - 2.3.1. L'attività investigativa e istruttoria nelle procure militari - 2.3.2. L'attività investigativa e istruttoria nei fascicoli processuali del Tribunale militare regionale di guerra di Milano - 2.3.3. L'Ufficio mobilitati civili della Procura militare di Milano e le questioni di ordine pubblico - 2.3.4. I rapporti con San Vittore - 2.3.5. Stress da corte marziale. Nevrosi e malattie da causa di servizio dei magistrati militari) - 3. Giudici e imputati - 3.1. Lo svolgimento del processo penale militare - 3.2. I collegi giudicanti milanesi - 3.2.1. La composizione dei collegi giudicanti milanesi - 3.2.2. Le prime sentenze del Tribunale militare di Milano - 3.3. Le sentenze - 3.3.1. L'attività giudicante del Tribunale militare di Milano da gennaio 1944 a aprile 1945 - 3.3.2. I giudizi per decreto - 3.3.3. Le sentenze da gennaio a maggio 1944 - 3.3.4. Le sentenze da maggio a settembre 1944 - 3.3.5. Le sentenze da settembre a dicembre 1944 - 3.3.6. Le sentenze da gennaio a aprile 1945 - 3.3.7. Sofo Borghese: l'equilibrismo di un ufficiale togato) - 4. Giudici e disertori - 4.1. Il fenomeno delle diserzioni nella RSI - 4.1.1. Un esercito inaffidabile - 4.1.2. Lo scontro tra Stato maggiore e Procura militare. Le dimissioni di Ovidio Ciancarini - 4.1.3. La giustizia militare repubblicana tra repressione e tolleranza. Il "pungolo di Togliatti" - 4.1.4. I provvedimenti legislativi sulle diserzioni dopo il 18 febbraio - 4.1.5. Casistica della diserzione nella RSI attraverso i documenti dell'Ufficio diserzioni del Tribunale militare di Milano - 4.2. Le indagini sui disertori - 4.2.1. L'Ufficio diserzioni del Tribunale militare di guerra di Milano - 4.2.2. Renitenti e disertori in Lombardia) - 5. Giudici e partigiani (5.1. I processi contro i partigiani - 5.1.1. La giustizia militare straordinaria nella repressione dei primi fenomeni resistenziali. Alcuni casi lombardi - 5.1.2. I processi dell'11 gennaio 1945 - 5.1.3. I processi del 12 gennaio 1945 – 5.1.4. Il processo del 13 gennaio 1945 – 5.1.5. Il processo del 26 gennaio 1945 - 5.1.6. Gappisti alla sbarra – 5.1.7. Il processo per l'attacco al campo di aviazione di Arcore - 5.2. L'ultima sentenza - 5.3. Storia di un'epurazione mancata – 5.4. Le sentenze della Corte di assise straordinaria. Il caso "Spoleti, Libois e Centonze" – Conclusioni) – Bibliografia – Monografie – Estratti - Fonti archivistiche - Ringraziamenti


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02/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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