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Le "Uova Fatali" di Bulgakov adattate a fumetto da D'Aponte
Fumettismi di luned 27 novembre 2023
uscito in questi giorni in libreria questo interessante graphic novel realizzato dall'autore torinese Marco D'Aponte, fumettista dal ricco curriculum che ha realizzato diverse cose interessanti, relativamente meno note ma pregevoli. Mi ha fatto molto piacere scrivere la prefazione di quest'opera, un adattamento delle "Uova Fatali" di Bulgakov, opera di fantascienza russa particolarmente brillante. Riprendo qui di seguito quanto ho scritto nella prefazione, e invito davvero a dare un'occhiata a questo volume, che ritengo particolarmente pregevole

di Redazione

Questo adattamento fumettistico de “Le uova fatali” (1925) di Bulgakov da parte di Marco D’Aponte come autore completo è un lavoro molto interessante, che traspone finalmente a fumetto una delle opere più significative dell’autore de “Il maestro e Margherita”. D’Aponte non è nuovo agli adattamenti letterari: notevoli quelli di “Sostiene Pereira” e de “La luna e i falò” realizzati su sceneggiatura dello scrittore Marino Magliani. “Le uova fatali” appare perfetto per una trasposizione fumettistica: l’opera è infatti una raffinata satira dello stalinismo, ma tramite una storia di fantascienza che ha una sua spettacolarità perfetta per la trasposizione visuale. 




 


Due elementi perfettamente intersecati che D’Aponte riesce a cogliere bene col suo segno specifico. Il testo di partenza scelto per l’adattamento è la versione degli anni ‘70 per Bompiani, tradotta da Maria Olsufieva; il lavoro di D’Aponte affonda infatti in un primo progetto degli anni ‘80, e il segno rimanda quindi, almeno in parte, a quello del D’Aponte delle origini, più marcato in certe sintesi umoristiche. Si tratta di un segno vicino a quello da lui portato sulla ammiraglia del fumetto d’autore di quegli anni, “Orient Express” di Luigi Bernardi. Per quanto nell’invenzione dei personaggi il segno sia totalmente autonomo, ritorna qualcosa anche del gusto della riuscita versione televisiva RAI anni ‘70, di Ugo Gregoretti, che aveva scelto giustamente un analogo registro grottesco. Il punto di forza sta nel combinare questa efficace caricaturalità, che è in fondo la radice della potenza dei “comics”, con l’elegante acquerellato che è un marchio di fabbrica autoriale di D’Aponte, e riflette anche la sua provenienza da un percorso rigoroso anche in pittura, a partire dall’Accademia Albertina torinese dove si è laureato. 


 



 


Sulle tavole, in un elegante contrasto di colori, sembrano battagliare il grigio della burocrazia, il rosso velleitario dell’utopismo comunista, e il verde, colore della natura, della vegetazione e degli anfibi sottoposti agli arditi esperimenti del faustiano protagonista (a p. 18, con l’ombra, D’Aponte sottolinea ironicamente questa dimensione) e in seguito del regime. D’Aponte, come suo solito, punta a un adattamento interpretativo ma fedele, ed è abile a cogliere con cura, tramite lo studio d’espressione e la recitazione enfatica e teatrale dei corpi, la ridicolaggine degli zelanti funzionari di partito. Tuttavia, D’Aponte è abile anche ad evidenziare, mantenendo la scorrevolezza del testo, numerose raffinatezze dell’opera come una Mosca lievemente futuribile - l’opera è proiettata tre anni nel futuro – contrapposta all’arretratezza delle campagne. Spicca ad esempio più volte l’utilizzo, in città, di maxischermi per proiettare cinegiornali di propaganda, una immagine che associamo tipicamente a una distopia futuribile ma che, probabilmente, ha nelle “Uova Fatali” una prima codificazione illustre (precede anche di un anno il fondamentale “Metropolis” di Fritz Lang e Thea Von Harbou, del 1926). Inoltre appare ironico, con un accenno quasi meta-fumettistico, come il fastidioso spione della Gepheu che dà il via con la sua insistenza al disastroso corso degli eventi scriva come copertura su un giornale satirico illustrato, “Corvo Rosso”, di fatti un antesignano del fumetto (p.20), e il suo aspetto sia particolarmente caricaturale e cartoonistico, quasi una figurina di Rubino o di altri grandi dell’età delle origini. 




 


Il linguaggio fumettistico di D’Aponte mantiene sempre un’ottima leggibilità, ma al tempo stesso ricorre a una griglia particolarmente variata, che scardina quasi sempre il modulo base del fumetto italiano, tre strip di due vignette, nel creare una tavola mossa che, a volte, pare quasi evocare soluzioni visive del futurismo e suprematismo russo, passate anche nella propaganda del periodo. Si vedano ad esempio due tavole eleganti come 38 e 39: nella prima, la vignettatura assume la forma zigzagata della trasmissione via etere per rimandare al rimbalzarsi di allarmate notizie sugli eventi in corso; nella seconda, è evidente il richiamo a moduli dell’astrazione russa ben amalgamati nella tavola. Ma è soprattutto nell’ultimo terzo del volume, quando si scatena l’apocalisse rettiliana, che D’Aponte può dar sfogo a veri e propri pezzi di bravura visiva, con grandi splash page e quadruple in cui si scatena la rivolta della natura, prima, e del popolo poi. Qui l’autore può dare pieno sfoggio della sua maestria nell’acquerellato, creando potenti immagini (non gratuite, ma funzionali alla trama e alla drammaticità della storia) che ci conducono in un terribile crescendo visivo all’inevitabile finale. Insomma, un fumetto che può farsi apprezzare dagli estimatori di Bulgakov, ma può anche costituire un primo approccio per il lettore giovane, magari in un contesto scolastico. 




 


Giustamente, si è ormai imposta a livello di scuole superiori la trattazione di George Orwell, che è indispensabile per comprendere le follie staliniane, e di cui sono disponibili svariati notevoli adattamenti fumettistici di qualità. Per certi versi, “Le uova fatali” hanno spunti di riflessione ancora più attuali: abbiamo il totalitarismo, la Russia, ma anche l’uso sconsiderato della tecnologia che induce la catastrofe ecologica, la contrapposizione tra una scienza burbera e l’ignoranza delle masse popolari che si scatena in violenza… Insomma, qui il lettore potrà ritrovare una satira affilata e gustosissima, uova fatali del passato che non hanno smesso di schiudersi nell’oggi: e ora, grazie a D’Aponte, anche nel fumetto.



leggi l'articolo integrale su Fumettismi
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Fumettismi - luned 27 novembre 2023
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di Redazione

Questo adattamento fumettistico de “Le uova fatali” (1925) di Bulgakov da parte di Marco D’Aponte come autore completo è un lavoro molto interessante, che traspone finalmente a fumetto una delle opere più significative dell’autore de “Il maestro e Margherita”. D’Aponte non è nuovo agli adattamenti letterari: notevoli quelli di “Sostiene Pereira” e de “La luna e i falò” realizzati su sceneggiatura dello scrittore Marino Magliani. “Le uova fatali” appare perfetto per una trasposizione fumettistica: l’opera è infatti una raffinata satira dello stalinismo, ma tramite una storia di fantascienza che ha una sua spettacolarità perfetta per la trasposizione visuale. 




 


Due elementi perfettamente intersecati che D’Aponte riesce a cogliere bene col suo segno specifico. Il testo di partenza scelto per l’adattamento è la versione degli anni ‘70 per Bompiani, tradotta da Maria Olsufieva; il lavoro di D’Aponte affonda infatti in un primo progetto degli anni ‘80, e il segno rimanda quindi, almeno in parte, a quello del D’Aponte delle origini, più marcato in certe sintesi umoristiche. Si tratta di un segno vicino a quello da lui portato sulla ammiraglia del fumetto d’autore di quegli anni, “Orient Express” di Luigi Bernardi. Per quanto nell’invenzione dei personaggi il segno sia totalmente autonomo, ritorna qualcosa anche del gusto della riuscita versione televisiva RAI anni ‘70, di Ugo Gregoretti, che aveva scelto giustamente un analogo registro grottesco. Il punto di forza sta nel combinare questa efficace caricaturalità, che è in fondo la radice della potenza dei “comics”, con l’elegante acquerellato che è un marchio di fabbrica autoriale di D’Aponte, e riflette anche la sua provenienza da un percorso rigoroso anche in pittura, a partire dall’Accademia Albertina torinese dove si è laureato. 


 



 


Sulle tavole, in un elegante contrasto di colori, sembrano battagliare il grigio della burocrazia, il rosso velleitario dell’utopismo comunista, e il verde, colore della natura, della vegetazione e degli anfibi sottoposti agli arditi esperimenti del faustiano protagonista (a p. 18, con l’ombra, D’Aponte sottolinea ironicamente questa dimensione) e in seguito del regime. D’Aponte, come suo solito, punta a un adattamento interpretativo ma fedele, ed è abile a cogliere con cura, tramite lo studio d’espressione e la recitazione enfatica e teatrale dei corpi, la ridicolaggine degli zelanti funzionari di partito. Tuttavia, D’Aponte è abile anche ad evidenziare, mantenendo la scorrevolezza del testo, numerose raffinatezze dell’opera come una Mosca lievemente futuribile - l’opera è proiettata tre anni nel futuro – contrapposta all’arretratezza delle campagne. Spicca ad esempio più volte l’utilizzo, in città, di maxischermi per proiettare cinegiornali di propaganda, una immagine che associamo tipicamente a una distopia futuribile ma che, probabilmente, ha nelle “Uova Fatali” una prima codificazione illustre (precede anche di un anno il fondamentale “Metropolis” di Fritz Lang e Thea Von Harbou, del 1926). Inoltre appare ironico, con un accenno quasi meta-fumettistico, come il fastidioso spione della Gepheu che dà il via con la sua insistenza al disastroso corso degli eventi scriva come copertura su un giornale satirico illustrato, “Corvo Rosso”, di fatti un antesignano del fumetto (p.20), e il suo aspetto sia particolarmente caricaturale e cartoonistico, quasi una figurina di Rubino o di altri grandi dell’età delle origini. 




 


Il linguaggio fumettistico di D’Aponte mantiene sempre un’ottima leggibilità, ma al tempo stesso ricorre a una griglia particolarmente variata, che scardina quasi sempre il modulo base del fumetto italiano, tre strip di due vignette, nel creare una tavola mossa che, a volte, pare quasi evocare soluzioni visive del futurismo e suprematismo russo, passate anche nella propaganda del periodo. Si vedano ad esempio due tavole eleganti come 38 e 39: nella prima, la vignettatura assume la forma zigzagata della trasmissione via etere per rimandare al rimbalzarsi di allarmate notizie sugli eventi in corso; nella seconda, è evidente il richiamo a moduli dell’astrazione russa ben amalgamati nella tavola. Ma è soprattutto nell’ultimo terzo del volume, quando si scatena l’apocalisse rettiliana, che D’Aponte può dar sfogo a veri e propri pezzi di bravura visiva, con grandi splash page e quadruple in cui si scatena la rivolta della natura, prima, e del popolo poi. Qui l’autore può dare pieno sfoggio della sua maestria nell’acquerellato, creando potenti immagini (non gratuite, ma funzionali alla trama e alla drammaticità della storia) che ci conducono in un terribile crescendo visivo all’inevitabile finale. Insomma, un fumetto che può farsi apprezzare dagli estimatori di Bulgakov, ma può anche costituire un primo approccio per il lettore giovane, magari in un contesto scolastico. 




 


Giustamente, si è ormai imposta a livello di scuole superiori la trattazione di George Orwell, che è indispensabile per comprendere le follie staliniane, e di cui sono disponibili svariati notevoli adattamenti fumettistici di qualità. Per certi versi, “Le uova fatali” hanno spunti di riflessione ancora più attuali: abbiamo il totalitarismo, la Russia, ma anche l’uso sconsiderato della tecnologia che induce la catastrofe ecologica, la contrapposizione tra una scienza burbera e l’ignoranza delle masse popolari che si scatena in violenza… Insomma, qui il lettore potrà ritrovare una satira affilata e gustosissima, uova fatali del passato che non hanno smesso di schiudersi nell’oggi: e ora, grazie a D’Aponte, anche nel fumetto.



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