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mercoledì 3 aprile 2024
È sorprendente constatare quanto sia sottovalutato il ruolo della politica nel condizionare la salute della popolazione. È la politica, infatti, che crea le condizioni per cui diventa più facile o difficile ammalarsi...

È sorprendente constatare quanto sia sottovalutato il ruolo della politica nel condizionare la salute della popolazione. È la politica, infatti, che crea le condizioni per cui diventa più facile o difficile ammalarsi. E, nonostante ciò, stentiamo a credere che la salute sia maggiormente influenzata dal rischio di ammalarsi più o meno frequentemente piuttosto che dal fatto di essere curati dopo che ci ammaliamo. Occorre, perciò, fare chiarezza sulle potenzialità della politica e puntare su una maggiore solidità delle sue basi scientifiche e filosofiche. Quali sono le politiche che conducono a società sane? Quali scopi e quali metodi dobbiamo condividere in un mondo interdipendente e sempre più complesso? Qual è l’impatto delle disuguaglianze sociali? Quali attenzioni devono essere riservate, in particolare, ai poveri che appartengono alle nostre società? L’obbiettivo di questo libro è offrire un contributo affinché ognuno di noi, ragionando su salute, benessere e giustizia sociale, avverta il peso della sua responsabilità in ambito politico e diventi più consapevole del ruolo che dovrebbe assumere.

Dall’introduzione. La salute ha molto a che fare con la politica. Dipende, infatti, soprattutto dalle condizioni socio-economiche e culturali in cui versa la nostra vita. Dipende dal modo in cui si nasce, si cresce, si studia, si lavora e si invecchia. Sono queste condizioni a influenzare, in larga parte, sia la longevità di una popolazione che la frequenza delle sue malattie e disabilità. I servizi sanitari contano meno. Contano nella gestione più o meno appropriata delle malattie, una volta che si sono manifestate. Contano nella riduzione della letalità, della gravità e della durata delle malattie e delle disabilità che ne conseguono. I servizi sanitari hanno, però, un impatto quasi nullo per quanto riguarda, ad esempio, la comparsa di una malattia tumorale, cardiovascolare, muscolo- scheletrica, respiratoria o neuro-degenerativa. Contano ancor meno nei riguardi del disagio sociale. Eppure, il disagio sociale ha ingenti ripercussioni sulla salute. Condizioni socio-economiche insoddisfacenti influenzano, infatti, la frequenza di molte malattie acute e croniche, dei disturbi mentali, degli infortuni, delle dipendenze patologiche (alcol, droghe, gioco d’ azzardo, anoressia, bulimia, obesità…), della violenza e criminalità, dell’abbandono scolastico, delle gravidanze adolescenziali. Ciò che conta veramente, quindi, sono le politiche che adottiamo. Valgono quelle di largo respiro e di lungo termine, capaci di influenzare positivamente gli ambiti più diversi della vita: dalla famiglia alla scuola, all’alloggio, all’ambito fiscale, lavorativo, economico, urbanistico, energetico, ecologico, agro alimentare, dei trasporti e via dicendo. Nonostante ciò, la percezione dell’importanza della politica, per quanto riguarda la salute, è sempre difettosa. Della salute, infatti, ci accorgiamo solo nel momento in cui la perdiamo. […]

Indice

Introduzione 7

Cap. I – Politica e vita buona 21

Cap. II – L’edificazione della coscienza 38

Cap. III – La crisi dei sistemi sanitari e le difficoltà di una riforma 57

Cap. IV – Ridurre le disuguaglianze è una prioritÀ? 78

Cap. V – Quali politiche per il benessere? 107

Cap. VI – Prevenzione: difficoltà ed equivoci 128

Cap. VII – Squilibri globali e modelli di sviluppo 150

Cap. VIII – Politiche agro-alimentari: quale cibo e quale salute? 171

Cap. IX – Salute globale tra disuguaglianze, sostenibilità e allarmi 200

Cap. X – Un libro importante per un futuro non facile 220

Roberto Alfieri è un medico di sanità pubblica, specialista in Igiene e medicina preventiva e in Statistica medica, che ha diretto vari servizi nella città e nella provincia di Bergamo. E’ stato professore a contratto presso l’istituto di Igiene e l’istituto di Statistica e biometria dell’università statale di Milano e presso l’istituto di Igiene dell’università La Sapienza di Roma. Con la stessa qualifica ha insegnato, negli ultimi venti anni, Politiche dei servizi sanitari e sociali presso il dipartimento di scienze umane dell’università di Bergamo. Ha pubblicato, tramite l’editore Franco Angeli, i libri Dirigere i servizio socio-sanitari: teoria e prassi per dirigere un sistema complesso e Le idee che nuocciono alla sanità e alla salute.

pagine 252, prezzo 19, 90 euro in libreria dal 2 aprile

SCHEDA LIBRO   |   Segnala  |  Ufficio Stampa


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mercoledì 3 aprile 2024
Curare la sanità. Per una nuova politica della salute
È sorprendente constatare quanto sia sottovalutato il ruolo della politica nel condizionare la salute della popolazione. È la politica, infatti, che crea le condizioni per cui diventa più facile o difficile ammalarsi...

È sorprendente constatare quanto sia sottovalutato il ruolo della politica nel condizionare la salute della popolazione. È la politica, infatti, che crea le condizioni per cui diventa più facile o difficile ammalarsi. E, nonostante ciò, stentiamo a credere che la salute sia maggiormente influenzata dal rischio di ammalarsi più o meno frequentemente piuttosto che dal fatto di essere curati dopo che ci ammaliamo. Occorre, perciò, fare chiarezza sulle potenzialità della politica e puntare su una maggiore solidità delle sue basi scientifiche e filosofiche. Quali sono le politiche che conducono a società sane? Quali scopi e quali metodi dobbiamo condividere in un mondo interdipendente e sempre più complesso? Qual è l’impatto delle disuguaglianze sociali? Quali attenzioni devono essere riservate, in particolare, ai poveri che appartengono alle nostre società? L’obbiettivo di questo libro è offrire un contributo affinché ognuno di noi, ragionando su salute, benessere e giustizia sociale, avverta il peso della sua responsabilità in ambito politico e diventi più consapevole del ruolo che dovrebbe assumere.

Dall’introduzione. La salute ha molto a che fare con la politica. Dipende, infatti, soprattutto dalle condizioni socio-economiche e culturali in cui versa la nostra vita. Dipende dal modo in cui si nasce, si cresce, si studia, si lavora e si invecchia. Sono queste condizioni a influenzare, in larga parte, sia la longevità di una popolazione che la frequenza delle sue malattie e disabilità. I servizi sanitari contano meno. Contano nella gestione più o meno appropriata delle malattie, una volta che si sono manifestate. Contano nella riduzione della letalità, della gravità e della durata delle malattie e delle disabilità che ne conseguono. I servizi sanitari hanno, però, un impatto quasi nullo per quanto riguarda, ad esempio, la comparsa di una malattia tumorale, cardiovascolare, muscolo- scheletrica, respiratoria o neuro-degenerativa. Contano ancor meno nei riguardi del disagio sociale. Eppure, il disagio sociale ha ingenti ripercussioni sulla salute. Condizioni socio-economiche insoddisfacenti influenzano, infatti, la frequenza di molte malattie acute e croniche, dei disturbi mentali, degli infortuni, delle dipendenze patologiche (alcol, droghe, gioco d’ azzardo, anoressia, bulimia, obesità…), della violenza e criminalità, dell’abbandono scolastico, delle gravidanze adolescenziali. Ciò che conta veramente, quindi, sono le politiche che adottiamo. Valgono quelle di largo respiro e di lungo termine, capaci di influenzare positivamente gli ambiti più diversi della vita: dalla famiglia alla scuola, all’alloggio, all’ambito fiscale, lavorativo, economico, urbanistico, energetico, ecologico, agro alimentare, dei trasporti e via dicendo. Nonostante ciò, la percezione dell’importanza della politica, per quanto riguarda la salute, è sempre difettosa. Della salute, infatti, ci accorgiamo solo nel momento in cui la perdiamo. […]

Indice

Introduzione 7

Cap. I – Politica e vita buona 21

Cap. II – L’edificazione della coscienza 38

Cap. III – La crisi dei sistemi sanitari e le difficoltà di una riforma 57

Cap. IV – Ridurre le disuguaglianze è una prioritÀ? 78

Cap. V – Quali politiche per il benessere? 107

Cap. VI – Prevenzione: difficoltà ed equivoci 128

Cap. VII – Squilibri globali e modelli di sviluppo 150

Cap. VIII – Politiche agro-alimentari: quale cibo e quale salute? 171

Cap. IX – Salute globale tra disuguaglianze, sostenibilità e allarmi 200

Cap. X – Un libro importante per un futuro non facile 220

Roberto Alfieri è un medico di sanità pubblica, specialista in Igiene e medicina preventiva e in Statistica medica, che ha diretto vari servizi nella città e nella provincia di Bergamo. E’ stato professore a contratto presso l’istituto di Igiene e l’istituto di Statistica e biometria dell’università statale di Milano e presso l’istituto di Igiene dell’università La Sapienza di Roma. Con la stessa qualifica ha insegnato, negli ultimi venti anni, Politiche dei servizi sanitari e sociali presso il dipartimento di scienze umane dell’università di Bergamo. Ha pubblicato, tramite l’editore Franco Angeli, i libri Dirigere i servizio socio-sanitari: teoria e prassi per dirigere un sistema complesso e Le idee che nuocciono alla sanità e alla salute.

pagine 252, prezzo 19, 90 euro in libreria dal 2 aprile

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OGT newspaper
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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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