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'Non ne sapevo niente' di Ernesto Berretti
Il giornale Diplomatico di mercoledģ 12 giugno 2019
Accademia di Romania: a “I Mercoledģ Letterari” il volume “Non ne sapevo niente” di Ernesto Berretti

di Redazione
GD - Roma, 10 giù. 19 - Mercoledì, 19 giugno 2019, ore 18:00, nella Sala conferenze dell’Accademia di Romania in Roma, in Piazza José de San Martin 1, avrà luogo un nuovo incontro nell’ambito de “I Mercoledì Letterari”, un progetto realizzato dall’Accademia di Romania in Roma, che si propone di promuovere scrittori romeni tradotti in italiano e pubblicati presso le case editrici italiane e opere letterarie che hanno un riferimento alla cultura romena.
E verrà presentato il volume “Non ne sapevo niente”, volume publicato nel 2018 da Oltre Edizioni di Sestri Levante. Alla presentazione del volume parteciperanno:Ernesto Berretti, autore del volume; Diego Zandel, scrittore e giornalista, direttore della collana “Oltre Edizioni” della Casa Editrice Oltre di Sestri Levante, e Alessandro Bisozzi, scrittore. L’incontro letterario sarà moderato da Octavian Haragoș, diplomatico dell’Ambasciata di Romania in Italia.
L’evento si svolge con il patrocinio dell’Ambasciata di Romania in Italia ed è promosso dalle Biblioteche di Roma. Ingresso libero fino esaurimento posti disponibili.
Il libro - Nel 1995, sul Danubio si tentava ancora di violare l’embargo contro l’ex Jugoslavia in guerra. Gli unici controlli erano fatti dai Baschi Blu dell’EDC e l’autore era uno di loro. E, come racconta, non sapeva niente della guerra nei Balcani, al pari di altri suoi commilitoni. La base della Missione era a Calafat, a sudovest della Romania appena uscita dalla dittatura comunista del regime Ceausescu. Dopo molti anni di interiorizzazione, l’esperienza vissuta da giovane viene rimemorata con onestà e passione, dalla prospettiva attuale dell’autore, da una parte con la volontà di riprendere quanto più accuratamente le forti esperienze che lo hanno segnato in quei mesi, e d’altra parte con la volontà di capire e di interpretare quelle esperienze e quei ricordi.
Nel primo piano dell’evocazione non è la guerra che si sta combattendo nei Balcani, ma la gente di Calafat, quel micro universo che inizialmente il personaggio assimila all’intera Romania.
Nella stessa misura, accanto a personaggi veri e fittizi che aggiungono drammaticità alla storia, viene portato in primo piano e smascherato lo spettro di Nicolae Ceauşescu, colpevole di aver distrutto l’economia nazionale rumena, portando la popolazione sulla soglia della disperazione. Il protagonista di questo romanzo viene messo a dura prova da questa esperienza vissuta con curiosità e compassione e dalla quale, a distanza d’anni, trae insegnamenti di vita, smascherando pregiudizi e stereotipi di chi accede in una terra di cui, appunto, non ne sapeva nulla. Ernesto Berretti ha cinquant’anni, vive a Civitavecchia, è sottufficiale finanziere nel Servizio Navale della Guardia di Finanza, tecnico di canottaggio, ora scrittore esordiente, con una non-fiction (“Non ne sapevo niente”, 2018, Oltre Edizioni, Torino, 288 pagine). Si autodefinisce “riflessionista e narratore errante”. Catanese, nel 1995 è stato uno dei sottufficiali italiani che hanno composto un terzo dei 270 militari del contingente multinazionale della Comunità Europea per la Difesa (CED), impegnato dal 1993 al 1995 a interdire il traffico commerciale da e per la Serbia, nota come la Danube Mission UE in Romania.

Articolo apparso il 10 giugno 2019 su "Il Giornale Diplomatico"


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Accademia di Romania: a “I Mercoledģ Letterari” il volume “Non ne sapevo niente” di Ernesto Berretti

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GD - Roma, 10 giù. 19 - Mercoledì, 19 giugno 2019, ore 18:00, nella Sala conferenze dell’Accademia di Romania in Roma, in Piazza José de San Martin 1, avrà luogo un nuovo incontro nell’ambito de “I Mercoledì Letterari”, un progetto realizzato dall’Accademia di Romania in Roma, che si propone di promuovere scrittori romeni tradotti in italiano e pubblicati presso le case editrici italiane e opere letterarie che hanno un riferimento alla cultura romena.
E verrà presentato il volume “Non ne sapevo niente”, volume publicato nel 2018 da Oltre Edizioni di Sestri Levante. Alla presentazione del volume parteciperanno:Ernesto Berretti, autore del volume; Diego Zandel, scrittore e giornalista, direttore della collana “Oltre Edizioni” della Casa Editrice Oltre di Sestri Levante, e Alessandro Bisozzi, scrittore. L’incontro letterario sarà moderato da Octavian Haragoș, diplomatico dell’Ambasciata di Romania in Italia.
L’evento si svolge con il patrocinio dell’Ambasciata di Romania in Italia ed è promosso dalle Biblioteche di Roma. Ingresso libero fino esaurimento posti disponibili.
Il libro - Nel 1995, sul Danubio si tentava ancora di violare l’embargo contro l’ex Jugoslavia in guerra. Gli unici controlli erano fatti dai Baschi Blu dell’EDC e l’autore era uno di loro. E, come racconta, non sapeva niente della guerra nei Balcani, al pari di altri suoi commilitoni. La base della Missione era a Calafat, a sudovest della Romania appena uscita dalla dittatura comunista del regime Ceausescu. Dopo molti anni di interiorizzazione, l’esperienza vissuta da giovane viene rimemorata con onestà e passione, dalla prospettiva attuale dell’autore, da una parte con la volontà di riprendere quanto più accuratamente le forti esperienze che lo hanno segnato in quei mesi, e d’altra parte con la volontà di capire e di interpretare quelle esperienze e quei ricordi.
Nel primo piano dell’evocazione non è la guerra che si sta combattendo nei Balcani, ma la gente di Calafat, quel micro universo che inizialmente il personaggio assimila all’intera Romania.
Nella stessa misura, accanto a personaggi veri e fittizi che aggiungono drammaticità alla storia, viene portato in primo piano e smascherato lo spettro di Nicolae Ceauşescu, colpevole di aver distrutto l’economia nazionale rumena, portando la popolazione sulla soglia della disperazione. Il protagonista di questo romanzo viene messo a dura prova da questa esperienza vissuta con curiosità e compassione e dalla quale, a distanza d’anni, trae insegnamenti di vita, smascherando pregiudizi e stereotipi di chi accede in una terra di cui, appunto, non ne sapeva nulla. Ernesto Berretti ha cinquant’anni, vive a Civitavecchia, è sottufficiale finanziere nel Servizio Navale della Guardia di Finanza, tecnico di canottaggio, ora scrittore esordiente, con una non-fiction (“Non ne sapevo niente”, 2018, Oltre Edizioni, Torino, 288 pagine). Si autodefinisce “riflessionista e narratore errante”. Catanese, nel 1995 è stato uno dei sottufficiali italiani che hanno composto un terzo dei 270 militari del contingente multinazionale della Comunità Europea per la Difesa (CED), impegnato dal 1993 al 1995 a interdire il traffico commerciale da e per la Serbia, nota come la Danube Mission UE in Romania.

Articolo apparso il 10 giugno 2019 su "Il Giornale Diplomatico"


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02/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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