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Turchia, a Gobekli Tepe si riscrive la storia dell’umanità e nuove scoperte sono attese dal sito di Karahan
ilmessaggero.it di lunedì 18 novembre 2019
È in parte ancora sconosciuta al grande pubblico. Ma si tratta di una delle più grandi scoperte di tutti i tempi che retrodata di centinaia di anni la storia dell’umanità

di Elena Panarella e Rossella Fabiani
È in parte ancora sconosciuta al grande pubblico. Ma si tratta di una delle più grandi scoperte di tutti i tempi che retrodata di centinaia di anni la storia dell’umanità. A Roma all’Istituto culturale turco “Yunus Emre”, diretto da Sevim Aktas, è stata presentata da un illustre parterre di ospiti la scoperta del sito archeologico di Gobekli Tepe nella Turchia orientale.
La prima a prendere la parola è stata la professoressa Zeynep Karahan Uslu, presidente della Fondazione Yildiz Sarayi che ha definito il sito un dono speciale: «La storia dell’umanità è segnata dai tentativi di dare un senso al mondo in cui viviamo e alla nostra esistenza. In tale tentativo, i percorsi misteriosi dell’arte e dell’archeologia spesso ci sorprendono con dei doni speciali. Uno di essi è l’ineguagliabile Gobekli Tepe, definito “il punto zero della Terra”, che ci catapulta in un viaggio indietro nella nostra storia di 12 mila anni e che si trova proprio nella mia città natale, Sanliurfa. Gobekli Tepe ci offre delle scoperte rivoluzionarie che contribuiscono a fare luce sul periodo di transizione dall’economia basata sulla raccolta e la caccia a un’economia basata sull’agricoltura e la vita sedentaria». E aggiunge: «Sanliurfa, che ospita questo gioiello, merita un’attenzione speciale anche per la sua ricchissima storia che abbraccia il periodo babilonese, l’età antica e le storie di vita di profeti come Abramo, Eliseo, Gesù e infine, la civiltà islamica. Come Fondazione Yildiz Sarayi, siamo impegnati nel rafforzare ancora di più le fondamenta dei ponti culturali tra l’Italia e la Turchia, e crediamo che come due Paesi uniti dal Mare Nostrum, ciò che ci accomuna sia molto più forte di ciò che ci separa. Speriamo con questo progetto di contribuire a conquistare i cuori, ad ascoltarci e a comprenderci meglio e a lasciarsi trasportare dalla forza vitale del dialogo interculturale».

Un evento culturale realizzato in occasione dell’anno di Gobekli Tepe 2019 nell’ambito del progetto “Gobekli Tepe: la storia dell’umanità si riscrive”, durante il quale è stato ricordato che gli scavi effettuati dall’archeologo tedesco, il professore Klaus Schmidt dal 1995 al 2014 hanno permesso di portare alla luce il più antico esempio di complesso templare in pietra del mondo, la cui costruzione iniziò 11.600 anni fa, ben 7.000 anni prima delle Piramidi e che getta una luce nuova sulle antiche tradizioni che hanno originato il racconto biblico della Genesi. Inserito nella lista Unesco lo scorso anno, il sito archeologico di Göbekli Tepe si trova a circa 18 chilometri dalla città di Sanliurfa, nel sud est della Turchia. 
Per Ozgul Ozkan Yavuz, vice-ministro della Cultura e del turismo di Turchia, «il nostro ministero attribuisce molta importanza al riconoscimento dell’enorme patrimonio custodito nel nostro Paese ed è determinato a valorizzare e a rendere usufruibile anche i nostri beni archeologici. Con l’iscrizione di Gobekli Tepe nella lista Unesco, la Turchia attualmente ha 18 beni iscritti e numerosi nella lista propositiva, in attesa di conferma. La tutela della zona è una priorità per chi lavora al sito archeologico, ma il nostro obiettivo è anche quello di promozione del sito per renderlo fruibile alle persone perché possano comprenderne l’estrema bellezza e la forza rivoluzionaria della scoperta proiettando questa scoperta verso il futuro con le tante informazioni che potrà ancora rivelare sulla nostra storia. Gobekli Tepe è un bene prezioso per l’umanità. Inaugurato e aperto al pubblico a marzo di quest’anno dal presidente Erdogan, nei primi 6 mesi del 2019 quasi 180 mila sono stati i visitatori. Oltre a Gobekli Tepe, meritano una visita anche la città di Sanli Urfa e il suo museo archeologico, che oggi custodisce i tesori rinvenuto durante gli scavi, per una nuova e più ricca interpretazione della storia dell’umanità».
Ma la zona sembra destinata a rivelare nuove scoperte e lo anticipa un emozionato Zeynel Abidin Beyazgul, sindaco di Sanliurfa che ha annunciato che sono attesi risultati ancora più antichi nei nuovi scavi in corso vicino a Gobekli, presso il sito Karahan Tepe scavato da Necmi Karul. «Roma è una città in cui si respira la storia, dove i visitatori possono vedere quello che leggono nelle pagine dei libri di storia. Sanliurfa offre la possibilità di capire ciò che non è ancora scritto, ma che una volta capito e interpretato correttamente, potrà rivoluzionare le conoscenze precedenti e portarci a nuove e affascinanti narrazioni sulla storia dell’intera umanità. Ovviamente Sanliurfa, l’antica Edessa, città dell’acqua, non è solo Gobekli Tepe, ma è anche la città del luogo sacro Balikli Gol, del Castello di Urfa e di Harran. Quanto al suo patrimonio archeologico, ripeto le parole di Klaus Schmidt, che diceva che non avremmo finito di portare tutto alla luce neanche se scavassimo instancabilmente per molti secoli ancora».
Ad illustrare il sito e l’importanza di questi scavi che stanno cambiando la prospettiva dell’archeologia e delle origini della civiltà stanziale e non più nomade, il professore Giulio Magli, archeoastronomo del politecnico di Milano; Lee Clare, coordinatore degli scavi dell’istituto archeologico tedesco e il professore Bahattin Çelik, archeologo dell’università di Iğdir. Dopo la presentazione, è stata inaugurata la mostra fotografica “L’eredità del tempo”, con foto inedite del sito di Gobleki Tepe. L’evento è stato organizzato dalla Fondazione Palazzo Yıldız, sostenuto dal Ministero del turismo e della cultura turco e sponsorizzato da Turkish Airlines e dall’azienda Iga, proprietaria del nuovo aeroporto di Istanbul, in collaborazione con l’ufficio Cultura e informazioni dell’ambasciata Turca a Roma


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È in parte ancora sconosciuta al grande pubblico. Ma si tratta di una delle più grandi scoperte di tutti i tempi che retrodata di centinaia di anni la storia dell’umanità

di Elena Panarella e Rossella Fabiani
È in parte ancora sconosciuta al grande pubblico. Ma si tratta di una delle più grandi scoperte di tutti i tempi che retrodata di centinaia di anni la storia dell’umanità. A Roma all’Istituto culturale turco “Yunus Emre”, diretto da Sevim Aktas, è stata presentata da un illustre parterre di ospiti la scoperta del sito archeologico di Gobekli Tepe nella Turchia orientale.
La prima a prendere la parola è stata la professoressa Zeynep Karahan Uslu, presidente della Fondazione Yildiz Sarayi che ha definito il sito un dono speciale: «La storia dell’umanità è segnata dai tentativi di dare un senso al mondo in cui viviamo e alla nostra esistenza. In tale tentativo, i percorsi misteriosi dell’arte e dell’archeologia spesso ci sorprendono con dei doni speciali. Uno di essi è l’ineguagliabile Gobekli Tepe, definito “il punto zero della Terra”, che ci catapulta in un viaggio indietro nella nostra storia di 12 mila anni e che si trova proprio nella mia città natale, Sanliurfa. Gobekli Tepe ci offre delle scoperte rivoluzionarie che contribuiscono a fare luce sul periodo di transizione dall’economia basata sulla raccolta e la caccia a un’economia basata sull’agricoltura e la vita sedentaria». E aggiunge: «Sanliurfa, che ospita questo gioiello, merita un’attenzione speciale anche per la sua ricchissima storia che abbraccia il periodo babilonese, l’età antica e le storie di vita di profeti come Abramo, Eliseo, Gesù e infine, la civiltà islamica. Come Fondazione Yildiz Sarayi, siamo impegnati nel rafforzare ancora di più le fondamenta dei ponti culturali tra l’Italia e la Turchia, e crediamo che come due Paesi uniti dal Mare Nostrum, ciò che ci accomuna sia molto più forte di ciò che ci separa. Speriamo con questo progetto di contribuire a conquistare i cuori, ad ascoltarci e a comprenderci meglio e a lasciarsi trasportare dalla forza vitale del dialogo interculturale».

Un evento culturale realizzato in occasione dell’anno di Gobekli Tepe 2019 nell’ambito del progetto “Gobekli Tepe: la storia dell’umanità si riscrive”, durante il quale è stato ricordato che gli scavi effettuati dall’archeologo tedesco, il professore Klaus Schmidt dal 1995 al 2014 hanno permesso di portare alla luce il più antico esempio di complesso templare in pietra del mondo, la cui costruzione iniziò 11.600 anni fa, ben 7.000 anni prima delle Piramidi e che getta una luce nuova sulle antiche tradizioni che hanno originato il racconto biblico della Genesi. Inserito nella lista Unesco lo scorso anno, il sito archeologico di Göbekli Tepe si trova a circa 18 chilometri dalla città di Sanliurfa, nel sud est della Turchia. 
Per Ozgul Ozkan Yavuz, vice-ministro della Cultura e del turismo di Turchia, «il nostro ministero attribuisce molta importanza al riconoscimento dell’enorme patrimonio custodito nel nostro Paese ed è determinato a valorizzare e a rendere usufruibile anche i nostri beni archeologici. Con l’iscrizione di Gobekli Tepe nella lista Unesco, la Turchia attualmente ha 18 beni iscritti e numerosi nella lista propositiva, in attesa di conferma. La tutela della zona è una priorità per chi lavora al sito archeologico, ma il nostro obiettivo è anche quello di promozione del sito per renderlo fruibile alle persone perché possano comprenderne l’estrema bellezza e la forza rivoluzionaria della scoperta proiettando questa scoperta verso il futuro con le tante informazioni che potrà ancora rivelare sulla nostra storia. Gobekli Tepe è un bene prezioso per l’umanità. Inaugurato e aperto al pubblico a marzo di quest’anno dal presidente Erdogan, nei primi 6 mesi del 2019 quasi 180 mila sono stati i visitatori. Oltre a Gobekli Tepe, meritano una visita anche la città di Sanli Urfa e il suo museo archeologico, che oggi custodisce i tesori rinvenuto durante gli scavi, per una nuova e più ricca interpretazione della storia dell’umanità».
Ma la zona sembra destinata a rivelare nuove scoperte e lo anticipa un emozionato Zeynel Abidin Beyazgul, sindaco di Sanliurfa che ha annunciato che sono attesi risultati ancora più antichi nei nuovi scavi in corso vicino a Gobekli, presso il sito Karahan Tepe scavato da Necmi Karul. «Roma è una città in cui si respira la storia, dove i visitatori possono vedere quello che leggono nelle pagine dei libri di storia. Sanliurfa offre la possibilità di capire ciò che non è ancora scritto, ma che una volta capito e interpretato correttamente, potrà rivoluzionare le conoscenze precedenti e portarci a nuove e affascinanti narrazioni sulla storia dell’intera umanità. Ovviamente Sanliurfa, l’antica Edessa, città dell’acqua, non è solo Gobekli Tepe, ma è anche la città del luogo sacro Balikli Gol, del Castello di Urfa e di Harran. Quanto al suo patrimonio archeologico, ripeto le parole di Klaus Schmidt, che diceva che non avremmo finito di portare tutto alla luce neanche se scavassimo instancabilmente per molti secoli ancora».
Ad illustrare il sito e l’importanza di questi scavi che stanno cambiando la prospettiva dell’archeologia e delle origini della civiltà stanziale e non più nomade, il professore Giulio Magli, archeoastronomo del politecnico di Milano; Lee Clare, coordinatore degli scavi dell’istituto archeologico tedesco e il professore Bahattin Çelik, archeologo dell’università di Iğdir. Dopo la presentazione, è stata inaugurata la mostra fotografica “L’eredità del tempo”, con foto inedite del sito di Gobleki Tepe. L’evento è stato organizzato dalla Fondazione Palazzo Yıldız, sostenuto dal Ministero del turismo e della cultura turco e sponsorizzato da Turkish Airlines e dall’azienda Iga, proprietaria del nuovo aeroporto di Istanbul, in collaborazione con l’ufficio Cultura e informazioni dell’ambasciata Turca a Roma


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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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