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Jean Sénac, il Pasolini algerino
Il Dubbio di martedģ 7 gennaio 2020
Figura scomoda, cristiano anarchico, ribelle, omosessuale morģ assassinato in un caso giudiziario irrisolto come l’intellettuale italiano

di Francesca Pica
Albert Camus, non posso chiamarla “Signore”, è troppo convenzionale, né “caro amico”, troppo familiare. Non la conosco. O meglio, la conosco senza averla vista… si apre così la lettera che Jean Sénac scrisse a Camus, la prima di un lungo carteggio con colui che diventò il suo maestro per la filosofia. Il maestro per la poesia sarebbe stato René Char, e il maestro nell’arte di vivere, il pittore francese Sauveur Galliéro. Maestri e amici illustri che amarono l’opera di Jean Sénac, ( 1926 – 1973) scrittore e poeta algerino di lingua francese dalla vita tormentata, definito il Pasolini algerino. Come l’intellettuale italiano anche Sénac morì assassinato in un caso giudiziario irrisolto, anzi dimenticato: in Algeria come in Francia. Un poeta di altissimo spessore universalmente riconosciuto, ha lasciato un’opera letteraria considerevole, una parte della quale è rimasta inedita. Per colmare questa mancanza è uscito da poco in libreria “Per una terra possibile” di Jean Sénac, con traduzione e cura della giornalista e scrittrice Ilaria Guidantoni. Seconda tappa del progetto di Oltre edizioni dopo la traduzione del suo unico romanzo “Ritratto incompiuto del padre”, anti- romanzo autobiografico, sempre a cura di Ilaria Guidantoni Nel volume sono presenti tutti i testi, anche note e commenti in doppia lingua, italiano e francese; corredato di foto e disegni del pittore Dénis Martinez.
Jean Sénac, passato in sordina sia in patria, oggi ci appare in tutta la sua attualità, si considerava “fratello di sangue” dei berberi, algerino, arabo, ebreo e cristiano ad un tempo, con il senso acuto del peccato e l’irresistibile pulsione alla trasgressione. Francese solo nel nome di un padre odiato e nella sola lingua che usò. Soprattutto poeta, ma anche romanziere incompiuto e critico d’arte, sognava una società aperta.
Sénac è stato un uomo senza mediazione, ferocemente dalla parte della rivoluzione, sposò la causa algerina senza condizioni. La sua scrittura folgorante dove sacro e profano si mescolano negli stessi versi, anzi si trasfigurano, la sua poesia “rivoluzione allo stato puro” per definizione dello stesso poeta, racconta la guerra di liberazione dell’Algeria e la sua delusione per quello che chiamava il “popolo di bellezza”, sullo sfondo il Mediterraneo, passionale, un eros che lo rende diverso ed emarginato, dove la ricerca del padre ignoto si sposa con quello del Padre celeste e della patria, e la ricerca del sé con il destino comune.
L’opera di Jean Sénac è stata volutamente dimenticata in Algeria e Francia, perché figura scomoda, cristiano anarchico, ribelle, omosessuale; non è stata valorizzata pertanto adeguatamente, tanto che la sua poesia fu etichettata come anticolonialista, militante socialista e identificata con un erotismo libertino e libertario, in modo piuttosto semplificato. In effetti il personaggio di Sénac come la sua vita sono pieni di contraddizioni e appaiono più complessi di quanto possa venire alla luce ad una prima lettura. D’altronde raramente opera e vita furono così intimamente intrecciate, una fede cattolica in crisi perenne, un odio viscerale per l’oppressione coloniale, il sogno dell’Indipendenza algerina che libera anche il poeta nella sua intimità di uomo e diversità sessuale.
Una volta cittadino del paese indipendente nel 1962 Sénac sentirà infatti un’altra emarginazione, non come algerino rispetto ai francesi, quanto come omosessuale. Se certamente Jean Sénac è principalmente un poeta, non si può prescindere dal suo incontro con Albert Camus e René Char che lo nutriranno e lo introdurranno nel mondo della filosofia e letteratura. Con il primo ebbe un’amicizia simbiotica – in lui vide il padre che non aveva mai avuto – e poi una rottura violenta legata soprattutto alle posizioni diverse sulla guerra d’indipendenza algerina mentre a René Char deve molto della propria poetica, intrattenendo una fitta corrispondenza. Insieme a questi intellettuali e ad altri compagni vive un periodo di sperimentazione e gioia perpetua in un clima da bohème.
Con lo scoppio della Guerra d’Indipendenza algerina, il 1° novembre del 1954, questa vita è interrotta bruscamente e il poeta militante prende il sopravvento. Durante tutta la guerra d’Algeria, fino al 1962, la scrittura di Sénac resterà binaria in un intreccio sorprendente e spiazzante: realizza una sintesi tra l’Amore e la Rivoluzione. Un’alternanza tra prosa poetica e poesia in versi spezzati, che finiscono talora in tono colloquiale, per passare, all’uso della rima, alla filastrocca, al non- sense, al flusso della coscienza; un viaggio dai confini fluidi tra natura umana e marina sempre presente, ma anche il canto di un combattente con suggestioni linguistiche che riflettono quel mosaico di popoli nel quale è vissuto.




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Il Dubbio - martedģ 7 gennaio 2020
Figura scomoda, cristiano anarchico, ribelle, omosessuale morģ assassinato in un caso giudiziario irrisolto come l’intellettuale italiano

di Francesca Pica
Albert Camus, non posso chiamarla “Signore”, è troppo convenzionale, né “caro amico”, troppo familiare. Non la conosco. O meglio, la conosco senza averla vista… si apre così la lettera che Jean Sénac scrisse a Camus, la prima di un lungo carteggio con colui che diventò il suo maestro per la filosofia. Il maestro per la poesia sarebbe stato René Char, e il maestro nell’arte di vivere, il pittore francese Sauveur Galliéro. Maestri e amici illustri che amarono l’opera di Jean Sénac, ( 1926 – 1973) scrittore e poeta algerino di lingua francese dalla vita tormentata, definito il Pasolini algerino. Come l’intellettuale italiano anche Sénac morì assassinato in un caso giudiziario irrisolto, anzi dimenticato: in Algeria come in Francia. Un poeta di altissimo spessore universalmente riconosciuto, ha lasciato un’opera letteraria considerevole, una parte della quale è rimasta inedita. Per colmare questa mancanza è uscito da poco in libreria “Per una terra possibile” di Jean Sénac, con traduzione e cura della giornalista e scrittrice Ilaria Guidantoni. Seconda tappa del progetto di Oltre edizioni dopo la traduzione del suo unico romanzo “Ritratto incompiuto del padre”, anti- romanzo autobiografico, sempre a cura di Ilaria Guidantoni Nel volume sono presenti tutti i testi, anche note e commenti in doppia lingua, italiano e francese; corredato di foto e disegni del pittore Dénis Martinez.
Jean Sénac, passato in sordina sia in patria, oggi ci appare in tutta la sua attualità, si considerava “fratello di sangue” dei berberi, algerino, arabo, ebreo e cristiano ad un tempo, con il senso acuto del peccato e l’irresistibile pulsione alla trasgressione. Francese solo nel nome di un padre odiato e nella sola lingua che usò. Soprattutto poeta, ma anche romanziere incompiuto e critico d’arte, sognava una società aperta.
Sénac è stato un uomo senza mediazione, ferocemente dalla parte della rivoluzione, sposò la causa algerina senza condizioni. La sua scrittura folgorante dove sacro e profano si mescolano negli stessi versi, anzi si trasfigurano, la sua poesia “rivoluzione allo stato puro” per definizione dello stesso poeta, racconta la guerra di liberazione dell’Algeria e la sua delusione per quello che chiamava il “popolo di bellezza”, sullo sfondo il Mediterraneo, passionale, un eros che lo rende diverso ed emarginato, dove la ricerca del padre ignoto si sposa con quello del Padre celeste e della patria, e la ricerca del sé con il destino comune.
L’opera di Jean Sénac è stata volutamente dimenticata in Algeria e Francia, perché figura scomoda, cristiano anarchico, ribelle, omosessuale; non è stata valorizzata pertanto adeguatamente, tanto che la sua poesia fu etichettata come anticolonialista, militante socialista e identificata con un erotismo libertino e libertario, in modo piuttosto semplificato. In effetti il personaggio di Sénac come la sua vita sono pieni di contraddizioni e appaiono più complessi di quanto possa venire alla luce ad una prima lettura. D’altronde raramente opera e vita furono così intimamente intrecciate, una fede cattolica in crisi perenne, un odio viscerale per l’oppressione coloniale, il sogno dell’Indipendenza algerina che libera anche il poeta nella sua intimità di uomo e diversità sessuale.
Una volta cittadino del paese indipendente nel 1962 Sénac sentirà infatti un’altra emarginazione, non come algerino rispetto ai francesi, quanto come omosessuale. Se certamente Jean Sénac è principalmente un poeta, non si può prescindere dal suo incontro con Albert Camus e René Char che lo nutriranno e lo introdurranno nel mondo della filosofia e letteratura. Con il primo ebbe un’amicizia simbiotica – in lui vide il padre che non aveva mai avuto – e poi una rottura violenta legata soprattutto alle posizioni diverse sulla guerra d’indipendenza algerina mentre a René Char deve molto della propria poetica, intrattenendo una fitta corrispondenza. Insieme a questi intellettuali e ad altri compagni vive un periodo di sperimentazione e gioia perpetua in un clima da bohème.
Con lo scoppio della Guerra d’Indipendenza algerina, il 1° novembre del 1954, questa vita è interrotta bruscamente e il poeta militante prende il sopravvento. Durante tutta la guerra d’Algeria, fino al 1962, la scrittura di Sénac resterà binaria in un intreccio sorprendente e spiazzante: realizza una sintesi tra l’Amore e la Rivoluzione. Un’alternanza tra prosa poetica e poesia in versi spezzati, che finiscono talora in tono colloquiale, per passare, all’uso della rima, alla filastrocca, al non- sense, al flusso della coscienza; un viaggio dai confini fluidi tra natura umana e marina sempre presente, ma anche il canto di un combattente con suggestioni linguistiche che riflettono quel mosaico di popoli nel quale è vissuto.




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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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